Traiano stava allestendo una nuova spedizione in Mesopotamia, ma poiché fu colto dalla malattia, intraprese la navigazione di ritorno per l’Italia, e lasciò in Siria Publio Elio Adriano con l’esercito… Traiano s’ammalò, com’egli stesso sospettava, a causa dell’assunzione di un veleno, oppure, come altri invece affermano, per il blocco del flusso sanguigno che annualmente defluisce verso il basso; infatti, non solo era stato colto da apoplessia, tanto da rimanere paralizzato in una parte del corpo, ma era anche malato di idropisia. Appena giunto a Selinunte in Cilicia, che chiamiamo anche Traianopoli, spirò, dopo aver regnato diciannove anni, sei mesi e quindici giorni.
Cassio Dione, Storia Romana, libro LXVIII, 33
Al momento della propria morte, l’imperatore Marco Ulpio Traiano non aveva figli né aveva indicato in modo chiaro un erede. La situazione era ben diversa da quella verificatasi quasi vent’anni prima con Nerva, che aveva esplicitamente adottato Traiano nel gennaio del 98 e lo aveva elevato al consolato. Inoltre, la guerra contro i Parti, dopo i successi iniziali e complice anche la rivolta delle comunità ebraiche di molte città orientali, era addivenuta ad una situazione di stallo pericolo. Durante il fallito assedio di Hatra (primavera del 117), lo stesso imperatore era stato in pericolo di vita. Si legge ancora in Cassio Dione:
Traiano, benché avesse mandato avanti i cavalieri ad attaccare il muro, fallì, tanto che essi furono ricacciati indietro ali’ accampamento, e mancò pochissimo che egli stesso, mentre cavalcava, venisse ferito, sebbene si fosse tolto l’abito imperiale per non essere riconosciuto. Ma [i nemici], vedendo la maestosità della
sua canizie e la fierezza del suo portamento, sospettarono della sua identità, mirarono contro di lui con le frecce ed uccisero uno dei cavalieri che lo scortavano.

Nonostante gli insuccessi e la situazione precaria, l’imperatore avrebbe voluto continuare a guerreggiare anche nell’anno 117 d.C. e forse nei seguenti. Un improvviso malore, probabilmente un vero e proprio ictus che ne paralizzò un lato del corpo, indusse Traiano a tornare a Roma; forse, per organizzare l’invio di nuove truppe; forse, per celebrare il suo ultimo trionfo. In sostanza, si può ritenere che che l’imperatore, sempre attivo e in prima linea durante tutta la sua carriera, abbia sofferto di un improvviso declino fisico negli ultimi mesi della sua vita.
Una possibile testimonianza archeologica di quegli ultimi tragici giorni è rappresentata dal busto di Ankara, il cui soggetto raffigurato, secondo molti studiosi, è proprio Traiano.
È un sovrano molto diverso dall’uomo serio e nobile che siamo stati abituati a vedere: la schiena sembra ingobbita, le guance cascanti e lo sguardo pesante. E’ un imperatore in evidente declino fisico e segnato dall’idropisia. Non è difficile immaginare che, negli ultimi giorni di vita, non abbia più avuto il pieno controllo della situazione.
Ricapitoliamo: nell’estate del 117 Traiano, già debilitato, lascia il fronte orientale assegnando a Publio Elio Adriano, marito della nipote Sabina, il comando generale delle operazioni (da esercitare ad Antiochia). S’imbarca nella città di Seleucia di Pieria. Il viaggio è lento. D’improvviso, le condizioni peggiorano e il corteo è costretto a fermarsi nel porto più vicino: Selinunte in Cilicia.
L’imperatore spirò poco dopo (ma non sapremo esattamente quanto dopo). La sequenza degli eventi è incalzante. Una lettera indirizzata al Senato e datata 9 agosto annuncia l’adozione di Adriano da parte di Traiano. La firma, però, è quella di Plotina. I sospetti nacquero soprattutto per quest’ultima circostanza. L’imperatrice redasse di suo pugno il documento, oppure si limitò a firmarlo a causa della disabilità fisica dell’imperatore ormai morente?
Probabilmente, non lo sapremo mai.
Così aggiunge Cassio Dione, che porta come fonte il padre, eminente senatore originario della Bitinia.
“Adriano non era stato adottato da Traiano: era, infatti, un suo concittadino, era sotto la sua tutela, era a lui legato da vincoli di parentela e aveva sposato sua nipote; insomma, era suo intimo e condivideva le sue giornate, ed era stato preposto in Siria, alla guerra partica, sebbene non avesse ottenuto da lui alcuna carica ragguardevole né fosse divenuto console tra gli ordinari. Ma poiché era morto senza figli, Attiano, che era concittadino di Adriano ed era stato anch’egli suo tutore, e Plotina, spinta da sentimento amoroso, lo designarono Cesare e imperatore, essendo al comando di un esercito. Mio padre Aproniano, infatti, quando era governatore della Cilicia, aveva appreso accuratamente tutta la sua storia, ed era solito narrare nei particolari anche le altre vicende, tra le quali il fatto che la morte di Traiano venne tenuta nascosta per alcuni giorni affinché si diffondesse prima la notizia dell’adozione di Adriano. Questo risultò evidente anche dalle lettere di Traiano al senato: difatti non era stato lui a firmare le missive ma Plotina, cosa che ella non aveva fatto in altre circostanze.”
Per quel che vale, ritengo questa testimonianza credibile. Non ritengo, in questo, caso, che le parole di Dione siano dovute all’ostilità della classe senatoriale verso Adriano. Non è assurdo che Traiano, vero princeps e non certo dominus, non avesse ancora scelto il successore perché volesse rimettere la decisione al Senato; oppure, semplicemente, che si sentisse ancora in grado di governare per qualche anno.
L’esercito, già comandato da Adriano, lo acclamò imperatore (11 agosto 117 d.C.), quando questi annunziò la morte di Traiano. Il corpo del precedente sovrano, riportato a Seleucia Pieria, fu visto dal nuovo Cesare, che ne ordinò la cremazione. Le ceneri furono collocate in un’urna alla base della Colonna Traiana.

La successione era così avvenuta.
Che la posizione di Adriano fosse tutt’altro che sicura lo conferma uno dei primi evente del suo regno: l’eliminazione di quattro eminenti senatori ed ex-consolari, sicuri sostenitori della politica espansionista di Traiano. Parlo di Gaio Avidio Nigrino, Lusio Quieto (il comandante della cavalleria dei Mauri), Aulo Cornelio Palma e Lucio Publilio Celso. Inoltre, giunto a Roma, Adriano cercò di ingraziarsi la plebe con sgravi fiscali e condoni dei debiti: i registri fiscali furono pubblicamente dati alle fiamme nel nuovo foro di Traiano.
Detto questo, seppur Adriano segnò un cambio di rotta nella politica imperiale, mai nessuno quanto lui viaggiò in lungo e largo per l’impero, spinto non solo da interessi culturali, ma anche dal desiderio di visitare le guarnigioni di frontiera e verificarne l’addestramento e la fedeltà. Di questa sua attività, ci rimane la famosa iscrizione di Lambaesis (città africana sede della legione III Augusta).
Discorso chiuso per quanto riguarda la successione? In realtà no. Uno straordinario reperto archeologico, conservato ai Musei Vaticani ci viene in soccorso: è l’epigrafe funeraria di un liberto dell’imperatore Traiano, tale Marco Ulpio Phaedimus, morto proprio a Selinunte in Cilicia il 12 agosto del 117 d.C. Per quanto nelle fonti non si faccia riferimento ad una malattia, si è supposto che la morte di un liberto così giovane, avvenuta contemporaneamente a quella dell’imperatore, sia stata dovuto all’avvelenamento (di cui parla Dione) di entrambi. Certo, 28 anni rientra nella media dell’epoca; va però considerato che la media era abbassata dai numerosi morti in età infantile; in generale, chi raggiungeva i vent’anni aveva buone probabilità di arrivare a 35-40.

In definitiva, quando morì esattamente l’imperatore Traiano? La citazione di Dione con cui si è aperto l’articolo sembrerebbe darci la risposta: un rapido calcolo ci porta alla data dell’11 agosto considerando l’ascesa di Traiano il 27 gennaio 98. D’altra parte, se pendiamo per il complotto da parte della moglie Plotina, allora dobbiamo retrodatare tale morte ad una data più bassa intorno all’8 agosto: l’imperatrice avrebbe quindi nascosto la notizia per alcuni giorni in modo da poter organizzare la successione del suo prediletto Adriano. Se invece siamo per la sincerità di Plotina ed una successione di Adriano genuina, possiamo anche spostare la morte dell’imperatore all’11 o al 12.
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