Del matematico norvegese Niels Henrik Abel (1802-1829) è stato detto che, nonostante la morte prematura a soli 27 anni, abbia “lasciato ai matematici da lavorare per almeno cinquecento anni.” Nell’anniversario della nascita (5 agosto 1802), ripercorriamo le tappe della vita, segnata dalla povertà e anche dalla malasorte, di questo grandissimo matematico.

La vita
Abel nasce nella famiglia di un pastore norvegese in un periodo estremamente travagliato per il paese, indebolito dalle guerre contro la Svezia e l’Inghilterra e da una carestia che ne decima la popolazione. La mancanza di denaro è una costante della vita di Abel che, inoltre, è il secondo di sette figli. A sedici anni, ha la fortuna di incontrare, dopo alcune sfortunate esperienze, un validissimo insegnante, Bernt Michael Holmboe, che s’accorge dell’intuito del ragazzo e lo introduce alla matematica, in particolare prestandogli le famose Disquisitiones Arithmeticae di Carl Friedich Gauss, il più eminente matematico dell’epoca.
A diciotto anni, alla morte del padre, Abel è costretto a farsi economicamente carico della famiglia. La Norvegia versa però in condizioni ristrette. Abel, grazie all’aiuto di Holmboe e ad una colletta di amici, riesce a frequentare nel biennio 1821-22 la Royal Frederick University di Oslo (allora Christiania). E’ in questo periodo che Abel lavora sulla soluzione dell’equazione di quinto grado (si veda sotto per i dettagli sulle scoperte matematiche di Abel).
Ottenuta la laurea, il nostro è a un bivio. Le pochissime cattedre universitarie di matematica sono già occupate; il paese non può permettersi un ulteriore esborso; Abel, che deve mantenere la famiglia, decide di recarsi all’estero per avere un incarico universitario nelle prestigiose università del continente e incontrare i grandi matematici dell’epoca. Così commenta Eric T. Bell ne I grandi matematici:
Veramente era superiore a parecchi di loro, pur senza saperlo.
Presenta quindi una richiesta al governo norvegese affinché finanzi il suo viaggio; alla fine, il governo decide per un “assegno di ricerca” (diremmo oggi) di un anno e mezzo da passare nella stessa Norvegia nello studio del francese e del tedesco.
Abel, per preparare il suo arrivo, stampa a proprie spese il lavoro sull’impossibilità di risolvere l’equazione generale di quinto grado. Qui, accade uno dei grandi “drammi” della storia della matematica. Abel invia il suo lavoro a vari matematici, tra cui il grande Gauss. Il “principe dei matematici”, dopo aver letto il titolo dell’opera, però, forse irritato, forse poco fiducioso verso quello che per lui è soltanto uno sconosciuto che ciancia di aver risolto un problema vecchio di due secoli, la getta nel cestino.
La collaborazione tra Gauss e Abel, che avrebbe aiutato quest’ultimo ad esprimere il proprio genio, oltre che ad allungare la propria vita, si interruppe così.
Nell’estate del 1825, finalmente, Abel ottiene i sospirati fondi e parte per Berlino, dove è decisamente più fortunato. Qui incontra August Leopold Crelle (1780-1855), modesto matematico ma un grande organizzatore e scopritore di talenti, il cui obiettivo è riportare la matematica tedesca in auge dopo il netto predominio della scuola francese. Crelle fonda così nel 1826 il Journal für die reine und angewandte Mathematik, tuttora la più antica rivista tedesca dedicata esclusivamente alla matematica. Nel primo numero compaiono proprio i lavori di Abel, il cui genio è stato riconosciuto da Crelle. I due hanno stretto immediatamente una profonda amicizia.
In seguito, Abel si trasferisce a Friburgo, dove enuncia il famoso teorema di Abel (si veda sotto). Finalmente, è il momento di recarsi in Francia, la patria dei più grandi matematici dell’epoca. Parigi non accoglie bene il giovane Abel, che vive in condizioni precarie, per lo più ignorato dai circoli universitari. Eppure, è proprio qui che egli scrive il suo lavoro immortale, cioè Una proprietà generale di una classe estesissima di funzioni trascendenti (si veda sotto), la famosa opera che avrebbe dato da fare ai matematici per secoli.

Qui, il secondo dramma della sfortunata vita di Abel. Il lavoro, che deve essere analizzato e letto prima di essere presentato ufficialmente, viene però smarrito o semplicemente ignorato dai matematici cui era stato affidato (non parliamo di persone qualsiasi, ma scienziati di valore pari a quello di Abel come Cauchy o appena inferiore come Legendre). Così commenta Eric Bell:
É come se un egittologo avesse perso la stele di Rosetta.”
Scoraggiato dall’indifferenza dei colleghi e senza più un soldo, Abel torna nel 1827 in Norvegia, dove vivacchia tra prestiti e lezioni private. Già a Parigi si erano manifestati i primi sintomi di una tubercolosi polmonare. Muore il 6 aprile del 1829. Due giorni dopo giunge la notizia che l’amico Crelles aveva ottenuto per lui la cattedra di matematica alla prestigiosa università di Berlino, cosa che gli avrebbe risolto ogni problema economico.
Il suo ultimo lavoro verrà riscoperto qualche anno dopo e darà luogo ad un crisi diplomatica tra Norvegia e Francia, oltre che al generale shock dei matematici francesi per aver ignorato un simile capolavoro.
La matematica
In cosa è consistito il genio di Abel? Nel corso della sua breve e travagliata vita ha dato alla conoscenza almeno tre grandissimi contributi, che qui cerco di sintetizzare.
Il primo è la dimostrazione dell’impossibilità di una soluzione algebrica della equazione di quinto grado. I matematica ne cercavano una soluzione da oltre due secoli. Cosa significa? Questa, è una equazione di secondo grado nell’incognita x con le relativi soluzioni (formula che si studia ai primi anni di liceo):

Tali formule erano note, seppur in forma diversa, sin dall’antichità. In seguito, nel XVII secolo i matematici avevano scoperto le soluzioni algebriche alle equazioni del terzo grado e del quarto grado (1545, Girolamo Cardano e altri nella Artis Magnae), dando avvio ad una feconda epoca per l’algebra. Per due secoli e mezzo s’era tentato, invano di trovare una soluzione algebrica alle equazioni di quinto grado.
Il matematica Paolo Ruffini nel 1799 (però presto dimenticato) e poi il nostro Abel dimostrarono l’impossibilità di trovare una simile soluzione per quasi tutti i casi. Pochissimi anni dopo, un altro matematico geniale, giovane e sfortunatissimo, Évariste Galois (1811-1832) avrebbe ampliato tali risultati, partendo proprio dalle scoperte di Abel.
Il secondo contributo è ancor più importante. Matematica e astronomi, nei loro studi, erano giunti di fronte ai cosiddetti integrali ellittici, che presentano numerose soluzioni molto molto difficili. Adrien-Marie Legendre (1752-1833) aveva dedicato decenni della propria vita allo studio di questi integrali e aveva compilato delle complicate tabelle che dovevano “schematizzare” le soluzioni approssimate di questi integrali.
Abel cambiò tutto. Egli “invertì l’integrale”, definì delle particoli funzioni ellittiche e scoprì ch’erano dotate di una doppia periodicità. Il problema, che prima era di difficile risoluzione, si semplificò di colpo e aprì a nuovi importantissimi studi. Detta in termini non matematici, in sostanza, Abel ebbe il genio di affrontare un problema noto, su cui si erano scornati in molti, da una nuova prospettiva.
Infine, last but not the least, ci sarebbe il teorema di Abel, su cui vi risparmio ulteriori spiegazioni (la bibliografia indicata sotto dovrebbe accontentare anche il più esigente).
Non c’è alcun dubbio che, senza la ritrosia o l’indifferenza di alcuni colleghi e in presenza di condizioni economiche più favorevoli, Abel sarebbe vissuto più a lungo e avrebbe dato un contributo ancora più grande alla scienza.
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