Nella guerra civile che nel 49 a.C infiamma Roma, la città di Massilia, con il porto più importante del Mediterraneo settentrionale, assume un ruolo chiave. Per portarla dalla propria parte il Senato, schierato a favore di Pompeo, usa le armi della diplomazia e della corruzione. Cesare invece ricorre alle legioni e la cinge d’assedio. I centurioni Verre e Cinna, fedeli alla sua causa, dovranno affrontare temibili nemici, druidi assetati di sangue, ma anche spie astute e subdole insidie, di fronte alle quali si sentono disarmati: quelle dell’amore. Dopo il successo de “L’inviato di Cesare” l’autore torna a proporci l’affresco di un’epoca storica affascinante, con una galleria di personaggi al limite della leggenda e un susseguirsi di vicende mozzafiato.
Buonissima seconda prova per Andrea Oliverio. Dopo aver letto e recensito il suo primo romanzo L’inviato di Cesare ero davvero curioso di scoprire come l’autore avesse affrontato la prova di un romanzo di lunghezza decisamente maggiore (siamo passati da 250 a quasi 400 pagine!). Il passaggio da breve a lungo non è affatto scontato, perché tempi e ritmi sono diversi; inoltre, un romanzo lungo permette di inserire personaggi e sotto trame parallele a quella principale.
Sono lieto di dire che l’operazione è riuscita. L’inviato di Cesare aveva un ritmo veloce (forse anche troppo in alcuni aspetti). Nel nome di Cesare, la trama e le pagine scorrono piacevolmente senza mai cali di tensione né tempi morti. Le vicende raccontate non si limitano ai quelle dei due protagonisti, i centurioni Lucio Servilio Verre e Decimo Rutilio Cinna, che sono impegnati entrambi nell’assedio di Marsiglia, città fedele a Pompeo e al Senato, condotto dalle truppe cesariane. L’autore infatti fa comparire una serie di personaggi e vicende “secondarie” che però ben si amalgamano nella vicenda principale. E’ proprio questo a costituire il buon ritmo dell’opera: il passaggio fluido da una vicenda all’altra, nonché il loro intersecarsi in diversi momenti della trama.

Oltre a Letizia, giovane romana di buona famiglia molto attiva politicamente e non solo, che è protagonista nel finale di romanzo di un azzeccatissimo colpo di scena (non dico altro ovviamente), l’autore segue le vicende di alcuni legionari appena arruolati e del loro impatto con la dura realtà militare. Mi hanno particolarmente appassionato le vicende del giovane Valente alla prese con un centurione istruttore che si rivelerà fin troppo “attento” verso di lui… scene di realismo crudo, senza censure ma anche senza scadere nel sensazionalistico a buon mercato.
Storicamente, il romanzo è ben ricercato. Il panorama del sud della Gallia dell’epoca era molto variegato: Marsiglia era una città di fondazione greca, ma l’entroterra era abitato da tribù galliche; la regione, infine, era però stata conquistata dai romani parecchi anni prima. Un plauso va all’autore per aver ben rappresentato alcuni personaggi storici, fra tutti il grande oratore e statista Cicerone che, pur comparendo per poche pagine, ha una sua dignità, che serve ad illuminare il particolarissimo e tragico momento della storia romana: quello delle guerre civili.

Ovviamente, ho alcuni appunti da muovere. Non mi ha pienamente convinto la distribuzione delle parti. Le vicende non annoiano mai e anche nella prima parte sono davvero ben intrecciate, però mi sarei aspettato un po’ di più spazio dedicato a quello che è il cuore del romanzo, cioè l’assedio di Marsiglia, che ha effettivo inizio dopo la metà del romanzo. L’assedio, comunque, è ben raccontato nel suo svolgimento fatto di battaglie navali, problemi rifornimenti, tattiche d’assedio (mine, contromine, torri eccetera).
Per quanto riguarda lo stile, l’autore deve ancora fare alcuni passi in avanti, soprattutto in termini di raffinamento del periodare che, in qualche occasione, potrebbe suonare un po’ grezzo. Le scene d’azioni sono ben presenti e ben descritte, ma a volte, considerando il genere del romanzo, storico-militare, ne avrei volute di più lunghe.

Comunque, per concludere: è un romanzo che consiglio fortemente agli appassionati del genere, perché ci sono tutti gli elementi cardini di un romanzo storico militare. Vicende belliche, personaggi calati nella realtà del loro tempo e, soprattutto, un gran ritmo narrativo. Se avete apprezzato i romanzi di Simon Scarrow (e magari dopo decine di sue opere vi è legittimamente venuto a noia, perdonate la cattiveria), allora Andrea Oliverio è assolutamente da leggere.
La recensione de L’inviato di Cesare
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