[IL VETERANO] La rivolta di Boudicca: l’imboscata alla Nona Legione e la devastazione della provincia

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Negli episodi precedenti (che ti consiglio di recuperare) abbiamo esaminato cause e prodromi della rivolta di Boudicca, la spedizione del governatore Svetonio Paolino nel santuario druidico di Mona e la bibliografia che usato per le mie ricerche. Ecco gli articoli:

  1. Boudicca, le cause della rivolta
  2. Britannia, 61 d.C.: La fine dei druidi
  3. Roma in Britannia: Bibliografia della rivolta di Boudicca

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Negli episodi precedenti abbiamo riportato le cause della rabbia dei Britanni e abbiamo assistito allo scoppio della rivolta. La distruzione di Camulodunum, la più grande città romana sull’isola nonché la prima colonia militare fondata, comportò il massacro rapido e brutale della sua intera popolazione.

Oggi racconteremmo cosa accadde dopo questo primo grande successo ottenuto dai rivoltosi. Esamineremo inoltre quale fu la reazione romana a questa grande minaccia.

La situazione strategica

Ricapitoliamo. Siamo nella tarda primavera dell’anno 61 d.C. e Boudicca ha sollevato il suo popolo, gli Iceni, dopo che i Romani hanno dato inizio all’annessione della sua tribù nella provincia. Con l’aiuto dei Trinovanti, ha distrutto Camulodunum. Non abbiamo stime sull’entità delle forze della regina, ma è ragionevole supporre che, in questo frangente, ella potesse contare su un esercito di almeno qualche decina di migliaia di uomini, di cui però soltanto una piccola frazione armata al completo.

Le forze romane nell’isola sono ancora sparse. Una legione (la XIV Gemina), distaccamenti di un’altra (la XX Valeria) e numerosi reparti ausiliari sono con Svetonio Paolino nel nord del Galles, impegnati nella conquista e nel presidio dell’isola di Mona, principale santuario della religione druidica. C’è poi la legione II Augusta, di stanza ad Isca Dumnorum, nell’attuale Cornovaglia: lontano dall’epicentro della rivolta. Infine, la IX Hispana di stanza nei pressi di Lindon.

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La rivolta di Boudicca: le mosse degli eserciti in campo.

In sostanza, le forze romane erano sparse perché impegnate a presidiare i confini della provincia. L’errore dei Romani, come già discusso nei precedenti articoli, fu quello di procedere all’annessione del regno degli Iceni senza adeguate forze di supporto; oltre ovviamente ai soprusi e alle angherie di cui si macchiarono i funzionari, primo fra tutti il procuratore Cato Deciano. Cosa accadde dopo?

L’imboscata alla Nona Legione

In uno dei precedenti articoli abbiamo ricordato la richiesta d’aiuto portata dai coloni romani di Camulodunum, che avevano subodorato il pericolo imminente. A rispondere a questo appello, seppur tardivamente a cause delle distanze, fu il legato Quinto Petilio Ceriale, che comandava la Legio IX Hispana, la più vicina alla colonia e al cuore della provincia, costituito dalla regione che corrisponde all’attuale Inghilterra sud-orientale.

Petilio Ceriale era un uomo irruento e di valore, che avrebbe poi avuto un’importante carriera sotto la dinastia Flavia. Consapevole del pericolo che minacciavano la colonia e la provincia non perse tempo e si diresse verso sud. Con sé portò la cavalleria (forse forze ausiliarie) e almeno quattro coorti di fanteria legionaria.

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L’imboscata alla IX Legione, illustrazione di Peter Dennis. Da notare la presenza dei carri, che permettevano ai Britanni di sganciarsi dal combattimento per tornare al momento opportuno.

Così Tacito ricorda l’esito di questo tentativo di soccorso:

I Britanni vittoriosi mossero incontro a Petilio Ceriale, legato della nona legione, che accorreva per portare aiuto, sconfissero la legione e sterminarono tutto quel che c’era di fanteria. Ceriale con la cavalleria si rifugiò nell’accampamento e fu difeso dalle fortificazioni.

La vexillatio di Ceriale cadde dunque in un’imboscata. L’eccessiva rapidità imposta dal legato alla marcia delle truppe fu probabilmente responsabile della scarsa ricognizione, cosa che ebbe esiti fatali. Possiamo stimare la perdita subita dai Romani in almeno 2000 legionari. poche pagine dopo, infatti, terminata la rivolta, è lo stesso Tacito ad informarci dell’arrivo di rinforzi dal continente e a riportare anche il numero di reclute che dovevano riempire i ranghi della legione sconfitta.

La Nona Legione non fu distrutta, ma fu “annullata” come forza combattente attiva. Se l’esercito di Boudicca avesse trionfato anche sull’esercito del governatore, l’accampamento sarebbe stato probabilmente assediato e ciò che rimaneva della legione costretto alla resa per fame.

La decisione del governatore

Nel frattempo, la notizia della distruzione di Camulodunum (e forse anche quella dell’imboscata subita da Ceriale) raggiunsero Svetonio Paolino. Il governatore reagì con grandissima prontezza. Con una piccola scorta volò letteralmente dal nord del Galles fino a Londra, lasciandosi indietro l’esercito, più lento.

Raggiunse Londra prima che lo facessero le forze di Boudicca. La sua intenzione era verificare la situazione con i propri occhi e stabilire la linea d’azione.

Svetonio, passando con fermezza ammirevole in mezzo ai nemici, giunse a Londinium, città non distinta dal titolo di colonia, ma molto conosciuta per il gran numero di mercanti e di carovane. Qui stette, incerto se sceglierla come base delle operazioni; ma, tenuto conto del numero esiguo dei combattenti e del fatto che la temerità di Petilio era stata punita con gravi prove, stabilì di salvare la provincia con il danno d’una sola città.

Paolino prende l’unica decisione realisticamente possibile (cosa che non diminuisce affatto il coraggio di averla presa). Londinium, infatti, non era una colonia come Camulodunum. Non era sorta a partire da un nucleo di veterani, ma piuttosto come centro amministrativo, commerciale e logistico. La sua favorevole posizione sul Tamigi, al tempo navigabile per un lungo tratto, ne faceva un perfetto centro di smistamento di rifornimenti e vettovaglie per l’esercito.  A causa di questo, la popolazione era però composta da mercanti, funzionari, artigiani e numerosi schiavi Inoltre, come visto nel precedente articolo, la scarsa guarnigione della città era stata manda dal procuratore Cato Deciano in soccorso di Camulodunum, dove era stata annientata. Non solo: lo stesso procuratore imperiale era fuggito. Da qui in poi, di lui si perde ogni traccia.

Il procuratore Cato, spaventato per la sconfitta e per l’odio dei provinciali, che con la sua avidità aveva spinti alla guerra, si trasferì nella Gallia.

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Londra in epoca romana. L’illustrazione è successiva al periodo della rivolta. Nel 60 d.C. Londinium era più piccola e, soprattutto, totalmente priva di difese.

Infine, Londinium non aveva le mura. Paolino fece dunque la sua scelta e, arrivato all’improvviso, se ne andò altrettanto rapidamente.

Né si piegò per le lacrime e il pianto di coloro che invocavano il suo aiuto, ma dette il segnale della partenza e accolse nelle sue file quanti volevano essergli compagni; tutti quelli che la debolezza del sesso o degli anni o l’attaccamento al luogo aveva trattenuti furono sterminati dal nemico.

Londinium e Verulamium: la distruzione continua

Presa la decisione, la conseguenza fu inevitabile. Abbandonate perché indifendibili, le altre due città romane in Britannia andarono incontro alla distruzione più totale. Se Camulodunum fu presa di sorpresa, lo stesso non accadde a Londinium e Verulamium. Alcuni ritrovamenti archeologici ci fanno credere che, almeno nel secondo caso, la popolazione ebbe tempo di lasciare la città e fuggire da qualche altra parte (dove non è certo siano stati al sicuro e abbiano avuto modo di mettersi in salvo, anzi).

Così Tacito commenta la fine delle due città:

Lo stesso massacro avvenne nel municipio di Verulamium, poiché i barbari, trascurando le fortezze e le guarnigioni militari, depredavano il magazzino militare, ricco di prede e privo di difensori, felici del bottino e alieni dagli sforzi.
È provato che nei luoghi da me citati perirono settantamila tra cittadini e alleati. I barbari infatti non si davano a catturare prigionieri per poi venderli, né a far mercato delle prede, ma si avventavano sugli uomini per impiccarli, bruciarli, crocifiggerli, come se, consapevoli di dover scontare un giorno ciò che avevano fatto, volessero vendicarsi fino a che erano in tempo.

Dalle parole dello storico si ha l’impressione che il controllo di Boudicca sul suo esercito sia venuto meno. Nella prima parte della campagna, infatti, la regina degli Iceni aveva colto importanti successi (la distruzione di Camulodunum e l’imboscata alla Nona Legione), in cui aveva mostrato un certo acume strategico nell’organizzare degli attacchi a sorpresa e, soprattutto, un controllo saldo sui propri sottoposti.

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Boudicca arringa i suoi guerrieri, illustrazione di Peter Dennis.

Con la distruzione di Londinium e Verulamium sembra che la rabbia e il risentimento, prima causa della rivolta britanna contro i Romani, abbiano preso il sopravvento. E’ ragionevole supporre che, dopo i primi successi, numerose tribù si unirono alla rivolta. Boudicca non fu forse in grado di gestire l’afflusso di volontari e ribelli e, forse, perse il controllo diretto dell’esercito dei rivoltosi.

Non abbiamo informazioni provenienti dal campo di Boudicca, perciò queste sono tutte speculazioni. Possiamo però procedere per analogia con un episodio simile: la rivolta di Vercingetorige, raccontata da Cesare nel De Bello Gallico. Il re degli Arverni, infatti, ebbe seri problemi di leadership nel corso dell’intera rivolta. 

Qualcosa di simile, è lecito supporre, deve essere accaduto nel 61 d.C., nella Britannia scossa e devastata dalla grande rivolta. La mancanza dell’unità del comando, come vedremo, porterà fatalmente i Britanni ad affrontare i Romani in campo aperto, dove le legioni, ancora una volta, si dimostreranno imbattibili.

Appuntamento al prossimo articolo con la ricostruzione e la narrazione della battaglia di Watling Street!


 

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