[RECENSIONE] La figlia di Cesare – Andrea Oliverio

Tra Cesare e Pompeo è giunto il momento della resa dei conti. In Illiria ci si prepara per la battaglia che deciderà le sorti della guerra civile. Lucio Servilio Verre, da poco rientrato nell’Urbe, è costretto a ripartire al seguito di Marco Antonio e a lasciare a Roma la sua Letizia. La giovane, che a fatica sta cercando di gettarsi alle spalle un torbido passato, è l’obiettivo della vendetta di spietati sicari e per proteggerla Lucio dovrà ricorrere all’aiuto dell’amico ed ex commilitone, Decimo Cinna. Sull’altra sponda dell’Adriatico, Verre rischia di dover affrontare un altro ex compagno d’armi, Tito Pullo, padre di Letizia, passato dalla parte dei Pompeiani: anche per i due valorosi centurioni sta dunque per scoccare l’ora del destino.

Pagine: 330
Formato: Cartaceo
Editore: Aporema

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La guerra civile tra Cesare e Pompeo fu uno degli eventi culminanti della caduta del regime repubblicano di Roma. Fu un secolo di conflitti sanguinosissimi, odi fratricidi e rivolgimenti senza precedenti, che mutarono per sempre la società, la politica e la cultura romani.

È in questo mondo che Andrea Oliverio ha ambientato la sua trilogia dedicata alle avventure di due centurioni, Lucio Servilio Verre e Decimio Rutilio Cinna, negli anni a cavallo tra la guerra di Gallia e la battaglia di Farsalo; trilogia che, dopo averci portato in Africa, a Leptis Magna, e a Massilia, nell’allora denominata Provincia, con questo “La figlia di Cesare” giunge a conclusione.

Guerra civile, abbiamo detto; dunque, guerra tra Romani, divisi dall’appartenenza ad una fazione e da una diverse fede politica o dalla semplice opportunità del momento. L’autore rappresenta narrativamente tale conflitto e tale epoca raccontando storie di personaggi “divisi” dal contrapposto fronte di appartenenza (cesariano e pompeiano, populares e optimates).

Di tendenza “ottimata” è Letizia, compagna di Verre, che però viene richiamato in servizio da Cesare, che dopo le vicende del secondo libro ha occupato Roma e l’Italia e s’appresta a portare la guerra in Illiria e in Grecia; qui il nostro veterano si troverà a combattere contro il padre di Letizia, Tito Pullo, che di Verre era stato commilitone e amico in Gallia. Questo intreccio non è semplicemente il motore dell’azione, ma è anche ciò che ci tiene incollati fino all’ultima pagina. Come sapete bene, sono abbastanza parco di frasi fatte come questa. Senza falsa modestia, aggiungo anche che, nel corso della mia vita, ho letto, con occhio spesso critico, centinaia di romanzi. In sostanza, il punto forte del romanzo è quello di avere una trama coerente sino alla fine e, soprattutto, soddisfacente per quello che è il destino dei personaggi e per ciò che rimane al lettore.

L’intreccio del romanzo si apre con Pullo, alcolizzato e sofferente, che sembra essere il perfetto antagonista; difatti, potremmo pensare, milita non a caso nelle file pompeiane, che sappiamo già essere destinate alla sconfitta. A Pullo si contrappongono, all’apparenza anche ideologicamente, Letizia e Verre, che a lui, come detto, sono legati. Senza dire altro, mi limito a fare un grande plauso all’autore per aver descritto questo “triello” con realismo di vicende e interesse per il lettore sino alla fine.

Direttamente intrecciate a queste vicende, ne abbiamo altre secondarie che, con la stessa efficacia della trama principale (anche se inevitabilmente con minor pathos drammatico), si intrecciano a questa: tra infidi cavalieri galli, soldati divisi dagli opposti schieramenti, politicanti intriganti a Roma, l’autore ha aggiunto una buona variabilità allo sviluppo narrativo.

Accanto ad una trama coinvolgente, abbiamo una ricostruzione storica accurata. Il difficile sbarco della flotta cesariana in Illiria, l’assedio (se così si può definire) di Durazzo e, infine, la battaglia di Farsalo. Ho apprezzato che l’autore abbia raccontato, accanto a questi episodi maggiori, un episodio all’apparenza “minore” (minore nella ricostruzione cesariana, senza dubbio, ma non per chi lo visse!) come il tremendo sacco della città di Gomfi, che ai fini della trama avrà dei risvolti molto importanti.

L’ultimo giorno di Corinto di Tony Robert-Fleury.

Stilisticamente, l’autore padroneggia ormai pienamente uno stilo evocativo che, quasi mai, si dilunga troppo in preziosismi. Alcuni capitoli, come la fuga di Letizia da Roma e il già citato sacco della città di Gomfi, sono davvero notevoli.

In definitiva, il romanzo è assolutamente consigliato se cercate una storia verosimile calata in un contesto realistico e storico ben descritto. L’unica avvertenza è che, ritengo, per gustare appieno la storia è sicuramente consigliabile aver letto i due precedenti romanzi della saga; cosa che consiglio davvero di fare, in modo da godere dell’ottimo finale escogitato da Andrea Oliverio.


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