1942. Gli Stati Uniti sono appena entrati in guerra.
Il Comandante Krause ha ricevuto l’incarico di portare a termine una missione ad altissimo rischio: guidare il convoglio Greyhound, formato da trentasette navi, lungo la rotta che passa tra i mari ghiacciati del Nord Atlantico, infestato dai micidiali U-boot, i sottomarini della flotta nazista. L’obiettivo è quello di portare agli alleati inglesi preziosi rifornimenti, indispensabili per resistere agli attacchi tedeschi. Ma il Comandante sa che raggiungere l’obiettivo è quasi impossibile: i sommergibili tedeschi sono superiori in potenza e in numero: Krause ha solo 48 ore di tempo per completare quella che sembra una missione destinata a fallire. A meno che…
Romanzo in uscita il 9 luglio 2020.
Confesso che, preso dall’uscita del mio nuovo romanzo e da molte altre faccende, non aveva fatto caso all’uscita né del romanzo né del film che vedete nella copertina sopra. Tuttavia, non appena ne ho avuto la possibilità (grazie alla mia collaborazione con la Newton Compton Editori), mi sono fiondato ad occhi chiusi sul romanzo. Considero Cecil Scott Forester, autore della per me mitologica saga di Hornoblower (qui trovate la recensione de Le avventure del capitano Hornoblower), una garanzia.
Preannuncio subito che la mia fiducia è stata ampiamente ripagata. Questo Greyhound si è rivelato uno dei migliori romanzi che abbia letto negli ultimi tempi. Non mi capitava da parecchio di leggere un romanzo quasi tutto d’un fiato (meno di due giorni). Solitamente dedico alla lettura una o due ore al giorno. In questo caso non ho esitato a raddoppiare tale quantità di tempo!

Partiamo da uno dei pochi punti negativi. Il titolo originale, ovvero The good sheperd è molto più efficace ed evocativo di questo Greyhound, che però è collegato al film in uscita tra qualche giorno. Preferisco decisamente l’originale – che si traduce in Il buon pastore – perché costituisce un’azzeccata metafora nonché un’utile chiave di lettura per interpretare la storia, coglierne il significato e capire il protagonista. La metafora di pastore calzava anche storicamente perché la tattica principale dei sommergibili tedeschi, i temibili Uboot, era quella del “branco di lupi”.

Protagonista del romanzo è Ernest Krauser, comandante del cacciatorpediniere americano Keeling, che si è ritrovato per questioni di anzianità ed emergenza (siamo pochi mesi dopo l’ingresso degli USA in guerra e il nostro protagonista non ha praticamente esperienza di servizio) a comandare un convoglio di 37 navi mercantili lungo la rotta del Nord Atlantico. Aiutato da sole altre tre navi, Krauser deve difendere se stesso e il convoglio dagli attacchi degli Uboot tedeschi. Il romanzo, dunque, è la narrazione, serrata e senza sosta, dei due giorni finali di questo viaggio.

Ci sono due livelli di lettura: il primo è il racconto degli attacchi tedeschi e della paziente e instancabile opera di difesa del nostro comandante. Forester descrive almeno tre grandi azioni, cioè attacchi di uno o più sommergibili al convoglio, e diverse incidenti minori. L’autore dimostra una grande “autorità” nel discutere questioni tattiche (il segnale sonar che stiamo ricevendo è falso, vero o è distorto dalla temperatura dell’acqua? Qual è lo schema migliore per sganciare le bombe di profondità?) e strategiche (Bisogna inviare una nave per indagare quel contatto sonar? Se poi lo faccio un fianco della formazione rimane scoperto ecc.), in cui emergono sempre le implicazioni sulla psicologia dei personaggi.
Doveva tenere la rotta ancora un momento, affinché la Viktor [altra nave del convoglio] potesse ottenere un rilevamento incrociato. Poi avrebbe virato, per evitare la collisione. Da che parte? Da che parte sarebbe andato il sommergibile per sfuggire all’attacco della Viktor? Da che parte doveva spostarsi lui per intercettarlo se fosse rimasto illeso? La Viktor stava virando leggermente a tribordo. Quando la Keeling aveva lanciato il suo attacco, l’U-Boot – da quel che sapeva lui – aveva girato a destra proprio sotto la sua nave, invertendo la rotta. Era la cosa migliore da fare; e sarebbe stata anche adesso la manovra giusta. «Viriamo a destra di quindici gradi, signor Watson».

Il secondo livello di lettura, invece, è tutto interno al comandante. Krauser, infatti, è guidato da un fortissimo senso del dovere che affonda le sue radici nell’educazione religiosa e militare ricevuta (in questo condivide alcuni aspetti con Hornblower). Nelle 48 ore della narrazione, infatti, il nostro Krauser si concede in totale due ore di sonno, un paio di sonnellini di dieci minuti, un solo pasto completo, una decina di caffè e nient’altro. Le restanti ore sono trascorse in continua tensione per i possibili attacchi nemici, nonché nella gestione della nave e della flotta – ricordo fatta sia di navi civili che di militari. Ci sono anche accenni alla vita privata di Krauser, ovviamente.
Mi ha convinto pienamente anche lo stile. La narrazione è solidamente ancorata al punto di vista di Krauser, ma l’autore muove abilmente la telecamera dall’esterno all’interno del personaggio, di cui ci riferisce numerosi pensieri. Non solo. La ossessiva monotonia della guerra dei convogli, fatta di lunghi inseguimenti, ricerca dell’invisibile nemico subacqueo (e tanto altro) è resa attraversa frasi brevi e secche. Ad esempio, quando il comandante da un ordine, esso viene ripetuto dall’ufficiale che lo recepisce e dagli uomini che lo eseguono. Insomma, non tagliando nulla del protocollo militare, Forester ci mostra in modo nudo e crudo la logorante “routine” guerresca.
Ecco un esempio (il romanzo ne è pieno):
«Timone venti gradi a destra. Rotta 207°».
«Venti gradi a destra. Rotta 207°».
«Capitano a controllo artiglieria. Prepararsi ad aprire il fuoco su indicazione dei radar».
L’addetto alle comunicazioni ripeté l’ordine.
«Controllo artiglieria risponde: Signorsì, signore ».
«Teniamo la rotta di 207°».
«Ricevuto».
«Rilevamento 208°. Distanza approssimativa diecimilacinquecento iarde».

Il libro, scritto negli anni ’50, è ovviamente un omaggio all’abnegazione dei marinai e degli ufficiali che, impegnati nella logorante e pericolosa scorta dei convogli alleati (essenziali per garantire la resistenza di Gran Bretagna e anche Urss contro la Germania), resero possibile il trionfo della libertà sull’orrenda dittatura di Hitler. Da questo punto di vista, non c’è spazio per revisionismi o dubbi.
Un difetto, forse ineliminabile, è la presenza di alcuni tecnicismi (rotta navale, sonar, bombe di profondità e qualche termine tedesco). Se queste cose sono totalmente ignote, allora sarà difficile poter seguire le vicende narrate e quindi godere del romanzo. Se a malapena sapete cosa sia un Uboot o un cacciatorpediniere, né avete alcuna idea delle loro caratteristiche (autonomia, manovrabilità, armamento ecc.) la lettura si arenerà dopo poche pagine. Il che sarebbe un peccato, perché alla fine non bisogna sapere chissà quante cose. Un’introduzione storica di qualche pagina potrebbe aiutare chi come me non è già esperto dell’ambientazione.
Per tutti gli altri, il romanzo è assolutamente consigliato. Forester non si limita a dirci quanto la guerra dei convogli fosse pericolosa, ma ce lo mostra concretamente sia nella narrazione sia nello stile – prerogativa questa che è di pochissimi autori – creando un personaggio con cui è impossibile non empatizzare e fondendo due battaglie: quella del convoglio (navi in fiamme, sommergibili sfuggenti, scie di siluri) e quella interiore di un uomo come il comandante Krauser.
Il libro sul sito della Newton Compton
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