Vita e atteggiamenti, aspirazioni e sofferenze dei principali protagonisti dell’affascinante società dell’Antico Egitto: il faraone, il contadino, l’artigiano, lo scriba, il funzionario, i morti, il soldato, llo schiavo, lo straniero, il sacerdote.
Questo libro raccoglie una serie di saggi brevi ad opera di alcuni dei maggiori studiosi dell’antico Egitto, coordinati da Sergio Donadoni. Ogni capitolo ha per protagonista un diverso “tipo” di uomo egiziano: il faraone, il contadino, l’artigiano eccetera.
Quale l’intento del libro? Quello di cercare di restituire, nonostante la frammentarietà delle fonti e la loro asimmetria (di certe cose sappiamo pochissimo se rapportate ad altre) la vita e le aspirazioni di certi classi sociali (o “tipi d’uomo” potremmo dire) comuni nell’antico Egitto.
Da un lato, infatti, come dice Donadoni nell’introduzione, il nostro approccio all’antico Egitto, è potuto divenire scientifico solo di recente, con l’opera di traduzione di Champollion:
La nostra civiltà si è trovata così davanti l’Egitto, più che come salda realtà, come luogo ideale per appoggiarvi immaginazioni volta a volta celebrative o deprecative, e dunque per concezioni che non erano nate dal suo grembo. Volta a volta saggio o crudele; opulento o tirannico; empio, superstizioso e sapiente; infantile, politicamente esemplare; pio e cinico. L’Egitto degli Antichi (fino all’Illuminismo) è tema frequente di meditazioni varie, ma è fondamentalmente negato alla comprensione.
Dall’altro lato, le peculiarità della civiltà egiziana rendono difficile comprenderne molti aspetti. Poche civiltà sono state caratterizzate da una così forte centralità dello Stato. Cosa significa questo? Che le espressioni private, individuali sono sempre state in qualche modo soffocate dalla ideologia “corale”. Molti faraoni ci hanno lasciato resoconti delle loro campagna militari: quanto sono veritieri? Essi non hanno l’obiettivo di riportare i fatti così come si svolsero, ma quello di fornire l’immagine del faraone così come era stata consolidata da secoli di tradizione.
Il libro presenta una voce unitaria da questo punto di vista, nonostante sia stato scritto da più autori. Di ogni “tipo” d’egiziano viene presentato un profilo basato sui documenti e sui resti archeologici; da ciò si parte per tentare di capire il ruolo all’interno della società, spesso attraverso una ricostruzione cronologia.
A volte, in alcuni saggi, si da troppo spazio ai singoli casi o ritrovamenti. Questo può essere un pregio se amate l’aneddotica storica, ma può diventare pesante per l’enorme mole di nomi e situazioni, a prima vista ripetitivi, che compaiono.
Un grande pregio, però, è la riscoperta di un fatto basilare spesso non considerato: la civiltà egizia non fu stabile e immutabile per tremila anni, come spesso si ritiene. L’istituzione faraonica andò incontro ad alti e bassi. Altrettanto lo fu la religione, con l’emergere prepotente del culto di Amon nel Nuovo Regno. Interessanti le considerazioni riguardante la “democratizzazione” dei riti funerari. Se in origine solo il faraone poteva assimilarsi ad Osiride e godere della vita eterna, già con il Medio Regno si assiste all’estensione di questo privilegio a strati più ampi della popolazione. Non a caso, la fine della costruzione delle piramidi reali coincise con l’inizio delle piramidi private.
Alcune vicende mi hanno colpito. Il capitolo sul “funzionario” è molto interessante, perchè ricostruisce le vicende delle elitè egiziane nel corso della storia. La frattura tra Antico e Medio Regno fu tra le più forti. Gli uomini dell’Antico Regno, infatti, credevano di essere i discendenti dei primi uomini, di essere quindi superiori rispetto agli altri. Il Primo Periodo Intermedio, definito “quasi feudale”, rappresentò un’epoca totalmente oscura (dinastie come la Settima o la Nona probabilmente non sono neanche mai esistite, tale il caos di quell’epoca). Il Medio Regno, con la XII dinastia, richiese la “rifondazione” della società su nuove basi.
Ancor più interessante è la cosiddetta rivoluzione dell’anno 19 di Ramses XI, che coincise con la fine del Nuovo Regno. Cosa accadde? Il clero di Amon, divenuto potentissimo, poté separarsi de facto dal controllo reale. Per farlo, proclamò la “Ripetizione delle Nascite”, cioè il calendario sarebbe ripartito dall’anno zero. Sovrano non era più il faraone ma il dio Amon; il faraone un suo sottoposto in terra. Un colpo mortale alla divinità della figura faraonica.
A chi si rivolge il libro? Non è un testo divulgativo di base. Non è nemmeno un testo accademico, però. E’ una via di mezzo. Dovete avere già buone conoscenze sulla civiltà egizia, sulla società e sulle credenze dell’epoca. In tal caso, L’uomo egiziano sarà una piacevole scoperta che permetterà di scoprire gli egiziani da un punto di vista nuovo.
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