[STORIA] Serafino Piludu, una vita dedicata al prossimo

Articolo di Giovanni di Girolamo


La storia di Serafino Piludu è la storia di un uomo che, scampato alle sofferenze e agli orrori della guerra, decise di dedicare interamente la sua vita al servizio del prossimo.

Nato il 4 febbraio 1917 a Donigala Fenughedu (OR) da Salvatore e Stori Tomasa, come molti giovani italiani, fu chiamato alle armi nel regio esercito nel corso del Secondo Conflitto mondiale. Il 17 luglio 1941 era il giorno dell’addio alla casa e alla famiglia, in cui Serafino salutava gli affetti più cari e partiva alla volta del fronte russo, aggregato alla 57a compagnia artieri del genio.

In Russia Serafino visse in prima persona le angustie e le sofferenze della guerra. Secondo una storia raccontata dai nonni materni, in un momento di riflessione e tristezza fece una promessa a Dio:

“se riesco a uscire vivo, sano e salvo, torno in Sardegna e dedico tutta la mia vita al servizio del prossimo, ai poveri e ai malati”.

Nella seconda metà del dicembre 1942 si trovò coinvolto negli eventi bellici che investirono la divisione Torino, costretta a ripiegare dalla linea avanzata sul fiume Don, sopravvivendo ad una lunga ritirata, costellata da molteplici battaglie ed assedi, e che produsse migliaia di vittime sia fra gli italiani che fra i russi.

Marciando nella neve con i pochi compagni superstiti, riuscì ad evitare la cattura e poi a rientrare in Italia il 24 febbraio 1943. Colpito da congelamento ai piedi, fu ricoverato presso l’ospedale militare di Milano, trasferito a Varenna e infine riuscì a tornare nella sua Sardegna.

Da quel momento la sua esistenza cambiò radicalmente grazie ad un fortunato incontro nel corso del quale Serafino fece conoscenza con il fondatore dell’Istituto dei Salesiani di Donigala Fenughedu. Con diversi confratelli e con il supporto di alcune suore del Sacro Cuore di Gesù pian piano costruirono un enorme centro di accoglienza, con dormitori, classi scolastiche, oratori, sale mense, una grande cucina, stanze per la ricreazione e lo svago. All’interno del complesso furono costruiti campetti di calcio e di tennis. Sul retro venivano allevati animali domestici: galline, caprette, anatre. C’erano vigneti, coltivazioni di fragole ed alveari dove si produceva un ottimo miele.

Il centro era un piccolo paradiso, dove tutto era ben mantenuto e curato. Gli ospiti della struttura erano i bisognosi. Per un certo periodo vi soggiornarono tanti orfani. Una volta cresciuti, alcuni scelsero di continuare a vivere lì, facendo le veci di maestri. Altri andarono via per studiare, per lavorare o per sposarsi. Con le loro famiglie solevano tornare in occasione dei consueti raduni annuali.

Intorno alla metà degli anni ‘80 il fondatore dell’Istituto morì e fu sepolto nella cappella centrale insieme alla moglie. Prima di morire, donò le sue proprietà a Serafino, affinché portasse avanti l’opera.

Serafino non si sposò e mai ebbe figli.

Tonina Congiu ricorda che lo zio, fratello del nonno Giovanni, gestiva un ulteriore istituto adibito a colonia estiva, presso la località di Puzzuidu:

“Ci andavo spesso da piccola. Le suore erano molto dolci con me. Mi recai lì per l’ultima volta quando lo zio fu nominato direttore ufficiale e in occasione della pubblicazione del libro sulla sua vita. Ci tengo a sottolineare che la vita dello zio e dei suoi collaboratori fu interamente votata al prossimo, donata alle necessità di poveri, orfani e malati. Nell’estate del 2001 tornai a visitare lo zio Serafino con zio Salvatore, mio marito e mio figlio. Fu l’ultima volta che ebbi modo di vederlo. Trascorsi una bellissima giornata con lui e le suore, ormai anziane. Serafino venne a mancare ai suoi affetti più cari nel maggio 2004, lasciando un ricordo indelebile nella sua famiglia ed un esempio di umiltà ed impegno per il sociale. Posso testimoniare che lo zio era un uomo dal cuore d’oro”.

Il piastrino di riconoscimento di Serafino è stato ritrovato recentemente in Russia da Aleksander e Ivan Perminov, quindi riportato in Italia grazie all’interessamento del gruppo Armir, Il Ritorno dall’Oblio coordinato da Enia Accettura. Grazie all’interessamento di Roberto Venturini che ha contattato la redazione di NotizieSarde.it, il giornale ha potuto lanciare un appello alla ricerca dei discendenti. La nipote Tonina e le pronipoti Martina e Agnese hanno accolto la notizia con immensa gioia.

Per la famiglia e la comunità locale il ricordo di Serafino è quello di “un angelo sulla terra. Di Serafino rimane anche un piccolo articolo pubblicato sul giornale di trincea “Dovunque”, che veniva stampato al fronte per i soldati dell’ARMIR. Cristiano Maggi ha sorprendentemente e recentemente recuperato una dozzina di numeri originali, catalogati con grande precisione da Loredana Latronico. Nella pagine si trovano molte cronache, poesie e giochi di enigmistica con cui i soldati al fronte cercavano di allietare le lunghe ore di tensione, nella speranza di allontanare i pensieri tristi dovuti alla guerra e alla lontananza dagli affetti più cari.


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