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Negli episodi precedenti (che ti consiglio di recuperare) abbiamo esaminato cause e prodromi della rivolta di Boudicca, la spedizione del governatore Svetonio Paolino nel santuario druidico di Mona, la bibliografia che usato per le mie ricerche e, infine, lo scoppio della rivolta con i tragici episodi del sacco delle tre città romane più grandi: Camulodunum, Londinium e Verulamium. Ecco gli articoli:
- Boudicca, le cause della rivolta
- Britannia, 61 d.C.: La fine dei druidi
- Roma in Britannia: Bibliografia della rivolta di Boudicca
- Camulodunum: nascita e distruzione della prima colonia romana in Britannia
- L’imboscata alla Nona Legione e la devastazione della provincia
- Discorsi – Le parole di Boudicca e di Svetonio Paolino
La situazione strategica
Nel quinto articolo di questa serie abbiamo narrato l’estendersi della rivolta all’intera provincia. Dopo aver distrutto Camulodunum, prima colonia fondata dai Romani in Britannia, Boudicca ha guidato i Britanni nella devastazione di Londinium e Verulamium, gli altri due grandi centri urbani dell’isola, e ha neutralizzato metà delle forze romane sull’isola: la IX legione di Petilio Ceriale è caduta in un’imboscata, mentre la II Augusta – priva per motivi a noi sconosciuti del comandante – non ha osato uscire dal proprio accampamento.
L’unica forza che può opporsi a Boudicca e alla fine del dominio romano in Britannia è l’esercito del governatore Svetonio Paolino che, appena avvertito della rivolta, è corso a Londinium per studiare da vicino e, come abbiamo visto, ha preso una decisione drammatica ma ineluttabile: abbandonare le città per ritirarsi e affrontare Boudicca, se possibile, in campo aperto.
Il governatore fa proprio questo: sceglie un terreno di battaglia, che ritiene conveniente ai Romani, e qui attende che il nemico si schieri.
[Svetonio] scelse una località angusta, chiusa a tergo da una foresta, per esser sicuro di non aver nemici se non di fronte e che fosse una pianura aperta, senza timore di insidie.

Il sito della battaglia
Lo confesso: le discussioni di questo genere non mi hanno mai appassionato più di tanto. Tuttavia riconosco l’importanza di simili ricerche e simili indagini che, in alcuni casi, hanno illuminato gli eventi del passato con nuova luce (si pensi alle fortificazioni costruite dai Germani nell’imboscata di Teutoburgo, qualcosa che non si riteneva i Germani fossero capaci di fare). Tacito Cassio Dione non danno un nome alla battaglia, né forniscono dati inequivocabili per identificarne il sito.
Una buona discussione dell’argomento c’è nel libro Boudicca – The Warrior Queen di M. J. Trow (a cui rimando per approfondimenti) che esamina i vari siti proposti e propende, infine, per la moderna Mancetter, il cui nome celtico era Manduessudum (letteralmente “Il luogo dei carri”), nell’attuale North Warwickshire.
Per quel che concerne la nostra narrazione, ci basta sapere che Svetonio Paolino scelse di combattere lungo la strada militare, costruita dagli stessi Romani, che andava da Rutupiae a Viroconium e il cui nome antico ci è sconosciuto: Watling Street è infatti di origine medievale.
I due schieramenti
Facciamo un elenco delle forze dei due contendenti. Per i Romani abbiamo due legioni, di cui una, la XIV Gemina al completo, mentre dell’altra, la XX Valeria, era presente un distaccamento (una cosiddetta vexillatio); poi c’erano le forze ausiliarie e di cavalleria che il governatore aveva:
…prelevato dagli accampamenti vicini…
Non è irrealistico dunque stimare circa 7mila legionari e 4-5mila ausiliari e mille cavalieri, cioè sei coorti di fanteria ausiliaria e due alae di cavalleria.
Se è quindi possibile stimare le forze romane in circa 10-12mila soldati, nulla possiamo dire con certezza delle forze britanne. Possiamo soltanto fare delle deduzioni. All’inizio della rivolta Boudicca, con i soli Iceni e i Trinovanti, era stata in grado di tendere un’imboscata alla IX legione, dunque doveva disporre di diverse migliaia di uomini. I successi e, soprattutto, l’incredibile bottino fatto dopo i saccheggi delle città romane dovevano sicuramente aver attirato numerose tribù al suo fianco (anche se, a onor del vero, Tacito non menziona esplicitamente altri popoli oltre i già citati Iceni e Trinovanti). Nelle fonti antiche non è raro leggere cifre iperboliche di decine di migliaia o anche centinaia di migliaia di contendenti. Nel nostro caso, Cassio Dione parla prima di 120mila guerrieri e poi di 230mila presenti a Watling Street. Ritengo che semplici motivazioni logistiche ci obblighino a ridurre tali cifre. Anche così, però, non è irragionevole stimare in almeno 50mila o anche più gli uomini al seguito di Boudicca: nella scelta del campo di battaglia, Svetonio Paolino fu guidato proprio dalla paura di essere accerchiato.
Ho scritto uomini e non guerrieri perché voglio sottolineare il seguente punto: la maggior parte dei Britanni non poteva permettersi un armamento completo. La cotta di maglia e l’elmo, in particolare, erano riservati solo ai capi e ai guerrieri più rinomati. L’armamento standard era costituito dallo scudo, dalla spada e dalla lancia. Dunque, mentre i Romani avevano sì pochi uomini, ma tutti soldati professionisti e pesantemente corazzati (rispetto gli standard del nemico), i Britanni erano una grande massa non altrettanto bene organizzata e, soprattutto, composta per lo più da armati alla leggera.
Passiamo agli schieramenti.
I legionari si dispongono compatti, con attorno uomini dalle armi leggere, ai fianchi la cavalleria in massa serrata. Le orde dei Britanni si muovevano in turbe esultanti, numerosi come mai s’era visto e tracotanti al punto che s’erano portati appresso le mogli affinché assistessero alla loro vittoria, collocate su carri, disposti al limitare estremo del campo.

Svetonio Paolino adotta uno schieramento classico: la fanteria legionaria al centro, gli ausiliari ai lati di questa e la cavalleria sui fianchi. In assenza di ulteriori precisazioni, dobbiamo supporre che le legioni si siano schierate nella consueta formazione detta dagli studiosi moderni a triplex acies, cioè con le coorti distribuite su tre linee.
I Britanni si dispongono come di consueto divisi per tribù, ognuno al seguito del proprio capo clan. Tacito ci informa della presenza delle famiglie dei guerrieri, che stavano nelle retrovie su dei carri. Un elemento interessante, che dimostra come, negli ultimi giorni, una torma numerosa (ma di dubbie qualità marziali) si fosse unita a Boudicca. Cassio Dione, nel confuso resoconto della battaglia, parla anche della presenza di numerosi carri da guerra di fronte allo schieramento dei Britanni.
La battaglia
Prima della battaglia, è il momento dei discorsi dei contendenti. Per un’analisi delle parole riportateci dagli storici, ti rimando al mio precedente articolo.
Fiondiamoci sullo scontro armato. Il resoconto della battaglia è molto rapido in Tacito e convenzionale (o troppo generico) in Cassio Dione. Tuttavia, da alcuni elementi è possibile ricostruire in modo coerente la battaglia. I piani dei due contendenti sono chiari. I Britanni vogliono sfondare e spezzare i Romani contando sulla propria superiorità numerica oltre che sull’entusiasmo accumulato dopo le recenti vittorie. I Romani, invece, fanno affidamento sulla propria disciplina e saldezza in campo aperto. Cassio Dione ci dice che Svetonio Paolino
….fece serrare a tal punto i ranghi di ciascun reparto da renderli difficili da sfondare.
Il governatore, con la sapiente scelta del campo di battaglia, ha neutralizzato il rischio di essere accerchiato. Dobbiamo anche considerare il fattore morale: i Romani combattono senza una via di ritirata. E’ davvero una questione di vittoria o di morte. Il comandante romano lo sa e non lo nasconde ai propri uomini. Svetonio Paolino, però, non si limita a questo. Decide di attaccare.

Cerchiamo di illustrare le poche ma decisive fasi della battaglia. Così dice Tacito:
All’inizio la legione si mantenne immota, protetta dall’angustia del luogo, ma una volta che ebbero esaurito i giavellotti, scagliati a colpo sicuro su i nemici che si avvicinavano, si precipitarono all’assalto disposti a cuneo.
Svetonio Paolino ha quindi ordinato ai suoi, in un primo istante, di lasciar sfogare il nemico in urla e gesti inconcludenti e solo quando arrivato a portata di giavellotto controbattere. Il resoconto di Cassio Dione concorda su questo punto:
Dopo aver rivolto tali e simile parole a costoro, alzò il segno di battaglia. Subito gli eserciti marciarono l’uno in direzione dell’altro, i barbari facendo un gran chiasso e intonando canti minacciosi, i Romani in silenzio e in ordine, finché poi non giunsero ad uno scontro che vide impegnati i reparti dei lanciatori di giavellotti.
Tacito ha parlato di “cuneo”. Se colleghiamo questo ai ranghi serrati di cui ha parlato Cassio Dione otteniamo il seguente quadro: i Britanni si sono lanciati alla carica; i Romani, dopo averli attesi in silenzio, li bersagliano con i giavellotti non appena giunti a tiro; immediatamente dopo, sguainano i gladi e si lanciano alla carica.
Lanciarsi alla carica non vuol dire correre e gridare all’impazzata. La distanza a quel punto era davvero minima: il lancio di giavellotti si svolgeva con il nemico distante tra i trenta e i venti passi, quindi lontano tra i 20 e 14 metri. In uno spazio così ristretto, i legionari mantengono lo schieramento serrato e rivolgono un muro di scudi, da cui fanno capolino le punte dei gladi. Il primo impatto deve essere stato micidiale: i legionari caricano il nemico con lo scudo, lo sbilanciano e lo colpiscono di punta al fianco o al ventre.

Da questo punto di vista, Watling Street rappresenta una sorta di “battaglia da manuale” delle legioni. Sulle ali, intanto, gli ausiliari e la cavalleria si comportano non meno valorosamente:
Fu pari lo slancio degli ausiliari, mentre la cavalleria, con le aste distese, infrangeva tutto ciò che si opponeva validamente ad essa.
In Tacito la battaglia sembra durare molto poco. In Cassio Dione, invece, la battaglia dura quasi tutto il giorno:
Combatterono a lungo, ambedue le parti animate dallo stesso coraggio e dalla medesima audacia. Ma alla fine, a tarda ora, risultarono vittoriosi i Romani.
Le legioni si dimostrano invincibili in campo aperto. Di fronte al muro di scudi avanzante, i Britanni cedono e iniziano a fuggire. Qui accade il disastro: i carri nelle retrovie, colmi di civili, impediscono la fuga.
Gli altri volsero le spalle, ma la fuga non era facile, perché i carri disposti tutt’attorno impedivano l’uscita.
Il massacro è totale. I Romani si avventano su guerrieri e sui civili facendone strage.
I soldati non si astenevano neppure dal massacrare le donne e anche i corpi dei cavalli, trafitti dai dardi, aumentavano il cumulo dei morti. La gloria di quella giornata fu luminosa e paragonabile alle vittorie antiche: poiché c’è chi racconta che furono uccisi poco meno di ottantamila Britanni mentre i nostri caduti furono quattrocento e poco meno i feriti.
I Romani rimangono padroni assoluti del campo di battaglia.
La fine di Boudicca
Secondo Cassio Dione, la vittoria non fu così definitiva da spezzare la resistenza:
Tuttavia ne fuggirono diversi e si prepararono a dare nuovamente battaglia. Nel frattempo, però, Boudicca si ammalò e morì. I Britanni ne furono terribilmente addolorati, le diedero sepoltura celebrando un funerale sontuoso e alla fine, come se fossero stati definitivamente sconfitti, si dispersero qua e là.
Le nostre due fonti non concordano su quale sia stata la fine della regina. Tacito parla di suicidio con il veleno. A prescindere da come andarono le cose, l’esito fu ineluttabile: l’ultimo serio tentativo britanno di cacciare i Romani dall’isola era fallito.
Tacito ci da qualche cenno sulla Britannia post-rivolta.
Le coorti e le ali furono alloggiate nei nuovi quartieri d’inverno, e quelle tra le popolazioni che erano state infide o apertamente nemiche, furono messe a ferro e fuoco. Ma nulla affliggeva quella gente quanto la fame, poiché non s’erano curati di seminare e gli uomini di ogni età s’erano dedicati alla guerra, certi com’erano di potersi servire dei nostri viveri.
La Britannia non fu un’altra Germania e Boudicca non dimostrò di avere le doti per essere una “Arminio” al femminile. Fino al IV secolo d.C. più nessuno avrebbe messo in dubbio il dominio romano sull’Inghilterra, che sarebbe durato fino all’inizio del V secolo.
IL VETERANO
Una storia della rivolta di Boudicca
Britannia, 61 d.C. Dopo più di vent’anni di servizio nelle legioni è giunto il tempo del congedo per Gneo Giunio Rustico e per il suo amico Marco Triario. I due centurioni ricevono un diploma, un premio in denaro e un pezzo di terra a Camulodunum, la prima colonia fondata nell’isola, dove sperano di stabilirsi con le proprie famiglie, finalmente riconosciute dalla legge.
La città è però governata con pugno di ferro dal duumviro Publio Marcio Macriano e i Britanni, pur sconfitti, non si sono rassegnati. Il nobile Vindiorix, coinvolto forzatamente nel governo della città, odia Macriano e gli invasori per un grave torto subito al momento della conquista.
Intanto la regina degli Iceni, Boudicca, dopo molte umiliazioni e di fronte al pericolo che il proprio regno sia annesso dai Romani, si appresta a sollevare tutta l’isola contro l’oppressore…
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