Benvenuti amici e amiche di Narrare di Storia! Eccoci con il primo approfondimento storico sul mio nuovo romanzo Il veterano. Una storia della rivolta di Boudicca, disponibile su Amazon in ebook e cartaceo.
Come è giusto che sia, iniziamo dal principio. Quali furono le cause che, nel 61 d.C., portarono alla rivolta dei Britanni contro il dominio romano?
Gli Iceni
Prasutago, re degli Iceni, famoso da molto tempo per le ricchezze, aveva nominato come eredi Cesare e le proprie figlie, sicuro che con questo ossequio il suo regno e la sua casa sarebbero stati al sicuro da ogni ingiustizia.
Publio Cornelio Tacito, Annales (XIV, 29)
L’episodio scatenante la rivolta di Boudicca fu l’annessione forzata del regno degli Iceni, già stato-cliente di Roma, nella provincia di Britannia. Gli Iceni erano una tribù che abitava l’attuale territorio dell’Anglia Orientale: è quella penisola dalla forma tozza che caratterizza la costa est dell’Inghilterra. La geografia, qui, è molto diverso dal resto dell’isola. Il territorio è pianeggiante e a tratti persino paludoso. Non ci sono le colline dell’Inghilterra centrale o le montagne del Galles. Gli insediamenti non si sono quindi concentrati in luoghi precisi, ma sono sparsi su vaste superfici. Proprio per questo motivo la localizzazione di Venta Icenorum, cioè la residenza dei re degli Iceni è a tutt’oggi incerta.

Poco si sa degli Iceni dalle fonti storiche ed è incerto se essi siano da identificarsi con i Cenimagni di cui parla Cesare nel De Bello Gallico. Gli Iceni rivestono invece un ruolo importante dopo l’invasione romana, voluta dall’imperatore Claudio, del 43 d.C. Essi, infatti, contrapponendosi ai Trinovanti e ai Catuvellauni, loro tradizionali rivali, si allearono con i Romani. Tale collaborazione finì però assai presto. Nel 47 d.C., approfittando del cambio di governatore, gli Iceni tentarono di sollevarsi ed incitarono le tribù vicine a fare lo stesso. Furono però sconfitti con un’azione rapida dal neo arrivato governatore Publio Ostorio Scapula. Gli Iceni, dunque, perdettero l’indipendenza ma non l’autonomia. Furono lasciati liberi di autoamministrarsi dietro il pagamento di un tributo e, probabilmente, l’invio di uomini per rinfoltire i ranghi degli ausiliari (quest’ultimo punto è meno certo e comunque non unità ausiliarie dislocate in Britannia).
Dal 47 d.C. al 60 d.C., presumibile data della morte di Prasutago, le cose si evolvono rapidamente nel resto della Britannia. I Romani avanzano verso ovest e sono impegnati in una lunga guerriglia contro le irriducibili tribù del Galles. Alle loro spalle inizia la “civilizzazione” (le virgolette contengono un po’ di tacitiana ironia). Viene fondata Colonia Claudia, la prima colonia nel sito di Camulodunum, dove vengono stanziati 3000 veterani dalle diverse legioni dell’isola. In un punto adatto del rive del Tamigi nasce la città commerciale di Londinium, snodo di traffici e di comunicazioni, che è anche sede del procurator Augusti, un funzionario di estrazione equestre, incaricato di riscuotere i tributi di una provincia.
Abbiamo aperto l’articolo con Tacito. Cosa accade poi? I Romani, semplicemente ignorano il testamento del re Prasutago e decidono per l’annessione pura e semplice del regno iceno nella provincia di Britannia. Tale direttiva era probabilmente provenuta dallo stesso Nerone. Qualcosa però va storto (perdonato il luogo comune, ma è così che andò). Il governatore Svetonio Paolino non supervisiona l’annessione del regno degli Iceni; è impegnato in una importante spedizione punitiva contro il santuario druidico dell’isola di Mona, nel Galles settentrionale. Il procuratore imperiale Cato Deciano, che se ne occupa, si rivela essere un uomo avido, crudele e spietato.

Tacito è lapidario:
Invece avvenne il contrario [delle speranze di Prasutago]: il regno fu depredato dai centurioni, la sua casa dagli schiavi, quasi fosse preda di guerra. Per prima cosa, sua moglie Budicca fu colpita con le verghe, le figlie stuprate; i notabili Iceni furono spogliati dei beni aviti, come se i Romani avessero ricevuto in dono l’intera regione e i parenti del re furono trattati come servi.
Gli storici si sono chiesti il perché del diverso trattamento riservato a Boudicca, “soltanto” fustigata, e alle figlie, violentate. Si è detto di una sorta di rispetto nei confronti di una donna di status regale e probabilmente sacerdotale quale Boudicca. Personalmente, ritengo che contro Boudicca si sia proceduto con la “sola” punizione ufficiale. La domanda giusta è il perché di una maggiore violenza contro le figlie. Probabilmente, l’intento dei Romani era “sporcare” le figlie e renderle meno appetibili agli occhi di possibili nobili pretendenti che, sposandole, avrebbero potuto avere una rivendicazione nel guidare gli Iceni. Anche se non sappiamo in che grado i Celti attribuissero importanza alla verginità femminile, ritengo questo la spiegazione più probabile.
Gli storici hanno anche dibattuto se tutto ciò sia avvenuto con l’avvallo del governatore Gaio Svetonio Paolino o se tali ingiustizie siano state dovute all’avidità del solo Deciano (e dei numerosi uomini che ruotavano attorno ad un funzionario così importante). Si possono fare solo ipotesi. Credo che l’annessione forzata del regno degli Iceni, ordinata da Nerone, sia stata decisa in tali termini violenti anche dallo stesso Svetonio Paolino, che voleva controbattere ai successi in Oriente di un altro famoso personaggio attivo all’epoca, Gneo Domizio Corbulone. Gli eccessi furono invece colpa del procuratore.
Cato Deciano, allo scoppio della rivolta, invia i propri uomini (circa 200 soldati, non di più) in soccorso di Camulodunum. Dopo averlo fatto, fugge a Rutupiae, il porto dell’isola più vicino alla Gallia, e qui scompare dalla storia. Non sapremo mai in che misura sia stato punito per gli errori commessi. Il procuratore inviato a sostituirlo dopo la fine della rivolta, un certo Giulio Classiciano, accuserà Paolino di eccessiva severità, ritenendo il governatore inadatto a gestire la conciliazione con gli sconfitti Britanni. Tacito, tuttavia, aggiunge:
Quelle genti ferocissime [i Britanni sconfitti] erano poco disposte alla pace, perché Giulio Classiciano, inviato come successore di Cato, era in disaccordo con Svetonio e, anteponendo inimicizie private al bene comune, aveva diffuso la voce che era opportuno aspettare un nuovo legato, affinché un altro, immune da odio verso il nemico e dall’orgoglio del vincitore, avrebbe trattato con clemenza gli arresi. Al tempo stesso, mandava a dire a Roma che non s’aspettassero la conclusione delle ostilità se non mandavano un successore a Svetonio, i cui insuccessi attribuiva a colpa di lui, i risultati favorevoli alla fortuna.
Come siano andate le cose, comunque, poco importa. Gli Iceni vissero tutta la faccenda con profonda rabbia ed umiliazione e, appena poterono, scesero apertamente in rivolta e… Ritorneremo a breve con altri articoli sui tragici fatti di quell’anno 61 d.C.
La rivolta di Boudicca, la distruzione di Camulodunum, la rabbia dei Britanni e la resistenza dei Romani sono le tematiche del mio nuovo romanzo Il veterano, disponibile su Amazon in ebook, cartaceo e gratis su Kindle Unlimited.
Buona lettura!
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