Articolo di Stefano Basilico
Prima guerra mondiale – Affondamento del transatlantico RMS «Lusitania» in Oceano Atlantico, silurato dal sommergibile tedesco U-20 comandato dal Kapitänleutenant Walther Schwieger: un episodio che, a più di un secolo di distanza, continua ad essere molto “opaco” storicamente parlando, e non cessa di alimentare sospetti circa un atteggiamento di spietato cinismo da parte delle Nazioni Alleate nell’Intesa.


Concretamente, è necessario sottolineare che:
- 1) il RMS «Lusitania», malgrado fosse un transatlantico carico di passeggeri, non poteva essere considerato una nave neutrale: tecnicamente classificato come “incrociatore ausiliario”, portava nella stiva armi e altro materiale bellico diretto in Inghilterra;
- 2) la Royal Navy britannica, ad un certo punto della traversata dell’Atlantico, ritirò le unità di scorta, lasciando così il transatlantico esposto all’azione dei sommergibili della Kaiserliche Marine;
- 3) l’atteggiamento del presidente Woodrow Wilson (USA) dopo l’affondamento fu piuttosto “erratico” e contraddittorio.
Pertanto, rimane molto forte l’impressione che l’Inghilterra (unitamente a una fetta dell’opinione pubblica negli Stati Uniti d’America) fosse alla ricerca di un «casus belli», per poi sancire la partecipazione nordamericana al conflitto al fianco dell’Intesa. In realtà, gli Stati Uniti nella loro storia hanno tradizionalmente necessitato di un «casus belli»: così come accadde nel caso dell’esplosione della corazzata USS «Maine», nel porto de La Habana (15 febbraio 1898) o dell’incursione giapponese a Pearl Harbor (7 dicembre 1941), in epoche diverse.
Tuttavia, a contraddire una facile – e totalmente erronea – interpretazione, va sottolineato con grande decisione che in questo caso gli Stati Uniti d’America decisero di dichiarare guerra agli Imperi Centrali non conseguentemente all’affondamento del RMS «Lusitania», ma solo 2 anni dopo, cioè facendo seguito alla scelta (adottata da parte della Germania alla fine del mese di gennaio 1917) di attuare la cosiddetta “guerra sottomarina senza restrizioni”.



Questa fu una decisione molto grave, difficile anche, che può essere interpretata come una «extrema ratio»: la ricerca di una via d’uscita, alla luce dell’estenuante stallo che si stava verificando sul fronte occidentale ed in contemporanea all’impossibilità di pervenire ad una vittoria risolutiva sul fronte orientale (malgrado le pesanti sconfitte subite dai Russi già nella fase iniziale del conflitto, nella zona dei Laghi Masuri), con l’obbiettivo di tagliare le arterie che assicuravano il vitale nutrimento dell’Inghilterra, vale a dire i collegamenti marittimi tra l’Impero Britannico e la Madre Patria, non meno che il flusso di rifornimenti che arrivava dal continente americano (Stati Uniti e America Latina).
Decisione grave, e controversa: invano, il Cancelliere tedesco Theobald von Bethmann Hollweg tentò di opporvisi nel corso del dibattito svoltosi alla presenza dello stesso «Kaiser» Guglielmo II; infine, dopo che l’Imperatore ebbe firmato il decreto, il Cancelliere – intuendo che questa decisione avrebbe spinto gli Stati Uniti alla belligeranza – nell’uscire dalla riunione formulò un commento perentorio: «finis Germaniae».
Questa decisione da parte tedesca di praticare la “guerra sottomarina senza restrizioni” rappresentò quindi l’elemento chiave in vista della partecipazione nordamericana al conflitto. Inoltre, impossibile non menzionare il famoso episodio del “Telegramma Zimmermann”: la goccia che fece tracimare il vaso, letteralmente; una miscela di spionaggio e intrighi, ma con una componente di dilettantismo politico talmente incredibile da suscitare più di un sospetto di tradimento da parte di qualche figura di spicco dell’élite militare e/o politica della allora Germania Imperiale.
Nel famoso telegramma, inviato al Governo del Messico dal Ministero Tedesco degli Affari Esteri, veniva proposta una sorta di “alleanza organica” dal punto di vista militare: in virtù della quale il Paese centroamericano dopo il conflitto “avrebbe recuperato” i territori perduti in precedenza del Texas, Arizona e Nuovo Messico.


Come risulta evidente, non vi è dubbio che l’apertura di un fronte di guerra nello stesso continente americano (con contrasto diretto degli Stati Uniti con il Messico) avrebbe rappresentato un elemento di grave complicazione per i Nordamericani nella prospettiva di dover fornire assistenza politica, militare e logistica alle Nazioni dell’Intesa. D’altro canto, che il Secondo Impero Tedesco (che in quella fase era impegnato allo stremo con tutte le sue forze nei due fronti europei, est e ovest) avesse la concreta possibilità di appoggiare – e continuare ad assistere – il Messico nella sua veste di “alleato”, tutto questo continua lasciare ben più di qualche perplessità.
Per ciò che attiene al “Telegramma Zimmermann”, un centrale riferimento bibliografico continua ad essere rappresentato dall’omonimo libro di Barbara Tuchman (pubblicato nel 1958): un’opera dove una volta di più la grande storiografa e giornalista americana evidenziò tutta la sua abilità e classe di scrittrice.







