[STORIA] Pii uomini, questi Lanzichenecchi!

di Carlo Cavazzuti


Introduzione

Il fenomeno del mercenariato nell’ultimo periodo del medioevo era un fatto comune, ma spesso, almeno nell’immaginario collettivo, si tende a romanticizzare la figura del guerriero al soldo. Altrettanto comunemente la grande massa tende a identificare nel Lanzichenecco lo stereotipo del mercenario rozzo, ignorante e violento che vaga senza controllo saccheggiando e violentando.

La realtà dei fatti è un poco diversa. Erano sì violenti, ma lo erano per mestiere. Non possiamo credere che un mercenario possa non esserlo. Lo erano i loro colleghi svizzeri, italiani, francesi e inglesi, ma perché proprio i Lanzichenecchi dovevano esserlo di più?

Proviamo a dare un’idea di chi erano questi soldati che in tanti uomini del loro tempo definirono Pii Omeni. Iniziamo tentando di dare un significato al loro nome. Non si ha un’etimologia precisa, ma scomponendo il termine in Lands, terra o patria e Knecth, servitore o cavaliere, possiamo dire che la parola Lanzichenecco si può tradurre in Servo della Patria, o comunque qualcosa di analogo.

Già l’etimologia del nome può farci presupporre che forse non fossero così bruti e incivili. Erano per lo più arruolati nella borghesia della bassa Germania e del Tirolo: il Lanzichenecco medio era un giovane di famiglia non troppo ricca, ma nemmeno povera; poteva permettersi di acquistare vestiti alla moda e armi, merci non a buon mercato. Erano figli di possessori terrieri, mercanti cittadini e cadetti della piccola nobiltà di campagna. Persone decisamente più agiate del mercenario comune.

Erano per lo più armati di picche, alabarde, ronche e ronconi inastati, ma non mancavano affatto schioppettieri e archibugieri molto apprezzati nonostante le armi da fuoco vedessero i loro primi passi proprio in quegli anni.

La nascita dei lanzichenecchi

Siamo nel 1471 quando il grande imperatore Massimiliano I, impressionato dall’efficienza dei mercenari svizzeri, riconosciuti come i signori del campo quando v’era da combattere a terra con le picche, decise di formare un corpo il più simile possibile. Almeno questo è quello che si legge sfogliando le pagine digitali di una nota pagina divulgativa che, proprio per sua natura popolare, non riesco a chiamare enciclopedia.

Nella realtà dei fatti possiamo spostare un poco indietro la data. Possiamo fissare la data, se non di nascita, almeno di concepimento del copro dei Lanzichenecchi al 1465 quando il duca di Borgogna Carlo il Temerario si impegnò in una campagna bellica per la creazione del futuro regno di Borgogna. Ecco allora che il piccolo, ma ricco, stato del nord non ha abbastanza soldati e deve ricorrere ai mercenari. Al governatore dei territori del Reno Peter von Hagenbach viene dato ordine di formare un contingente armato per la guerra. Vennero arruolati i famosissimi svizzeri, anche se in patria vigeva un editto che proibiva ai fanti elvetici di farsi ingaggiare dai borgognoni, e una gran massa di fanti non addestrati provenienti dall’Alsazia e dalla Germania meridionale.

A spese dei villaggi borgognoni Hagenbach armò le truppe tedesche e alsaziane come se fossero alla pari dei fanti svizzeri, senza però considerare che l’essere armati di lance e picche e saperle usare con sicurezza in battaglia fossero due cose ben diverse.

Dopo diverse batoste e un certo numero di battaglie perse per l’incompetenza dei propri fanti, che portarono alla cattura e alla morte del governatore Hagenbach, il duca Carlo, paventando una brutta sorte per la sua guerra, si fece più prudente e riorganizzò l’esercito alla maniera francese con compagnie di ordinanza e lance ben calibrate per numero di uomini e composizione. Una delle sue innovazioni, che possiamo dire portò più vicino il debutto ufficiale dei Lanzichenecchi, fu l’introduzione di almeno un moschettiere per ogni dieci uomini a sostituzione di un arciere o balestriere.

Tutto questo non fu sufficiente e alla battaglia di Nancy il povero duca Carlo pagò con la vita la scarsa preparazione delle sue truppe contro i quadrati delle fanterie svizzere.

Studiando queste sconfitte il giovane Massimiliano, non ancora imperatore, riorganizzò ancora una volta l’esercito degli Asburgo, questa volta concentrandosi sulla fanteria, dando una coscienza di sé e una miglior preparazione a quella branca di mercenari proveniente dalla Germania meridionale, tanto che alcuni cronisti parlano di Lanzichenecchi già nel 1467.

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Se prima i fanti germanici avevano combattuto a fianco di quelli svizzeri, anche mischiati nelle stesse formazioni e bandiere, avevano imparato da loro l’utilizzo della picca, la coordinazione tra picchieri, alabardieri e archibugieri, l’uso della formazione a quadrato, l’uso dei carriaggi come barricate nelle formazioni, gli ordini di marcia e di organizzazione interna al corpo, ora si distaccano da essi pretendendo una loro autonomia istituzionale. Ebbene sì, pretendendola grazie al loro potere e la loro unità di corpo nell’esercito.

Gli allievi si discostavano dai maestri. Non fatevi illusioni però, saranno appaiati per diversi anni, ma non riusciranno mai a superarli in bravura. Questo loro moto d’orgoglio possiamo osservarlo nascere nelle numerose battaglie che li videro come protagonisti della vittoria, ma molto possiamo anche attribuirlo ai loro comandanti che plasmarono le menti degli uomini verso un’unità di corpo che, a dire il vero, gli svizzeri non ebbero mai.

Due su tutti bisogna ricordare per questo: Giacomo conte di Romont e signore di Vaud e lo stesso Massimiliano che durante la battaglia di Murten comandarono l’esercito calcando i piedi nel fango e combattendo tra le file dei mercenari tedeschi: il primo armato di lancia e il secondo con schioppo e alabarda. Massimiliano, poi, diede onori non da poco ai suoi fanti permettendogli di sfilare per primi, lance in spalla, all’entrata delle città conquistate.

L’effetto che la cosa fece sui fanti mercenari non fu da poco data la grande distanza sociale tra i nobili combattenti, di solito lontani dal grosso della battaglia e sempre a cavallo, e il plebeo appiedato. Stesso effetto lo fece sulla piccola nobiltà in cerca di uno sbocco verso gli occhi di chi avrebbe potuto favorirli nella loro ascesa portando all’arruolamento tra le fila dei mercenari appiedati di giovani nobili alla ricerca di fortuna.

Ecco come nacquero i Lanzichenecchi.

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L’arruolamento

Va bene, non erano un gruppo di mercenari qualsiasi, allora era una masnada disorganizzata come ce la descrivono? No, nemmeno questo.

I Lanzichenecchi avevano un ordine interno estremamente preciso che è giunto fino a noi tramite i dettagliati resoconti di vari cronisti.

Iniziamo col dire come si formava un gruppo di Lanzichenecchi. Un colonnello, questo il grado riservato a chi comandava le fanterie, vedeva di inviare per villaggi e città un suo messo accompagnato da un segretario e un tamburino mandando notizia di arruolamento. Da sottolineare il fatto che la banda veniva arruolata con i fondi del loro comandante e solo dopo l’ingaggio questi riceveva dal signore la cifra che aveva speso per arruolare i fanti.

Il famigerato Georg Frundsberg vendette terre, castelli e persino i gioielli della moglie per poter mettere assieme i 20.000 fanti che scesero verso Roma nel 1526 prima di ricevere solo una parte dei fondi spesi dall’imperatore Carlo V.
Non appena un civile si faceva avanti gli veniva letta la lettera d’ingaggio in cui erano ben specificati il periodo di ferma, la paga settimanale e il premio di arruolamento, i diritti di sacco e bottino, il regolamento militare e in alcuni casi anche il diritto di assicurazione alla famiglia in caso di dipartita dell’arruolato. Mancano, da quelle che sono giunte a noi, tutte quelle regole di vita comune che dai resoconti appaiono spesso, ma che venivano date come regole di vita comune come per esempio chi dovesse essere il primo a lavarsi nella tinozza tra un alabardiere e un archibugiere o chi avesse diritto a essere servito per primo quando si spartiva un pollo appena cucinato.

Ebbene sì, c’erano regole per tutto tra i Lanzichenecchi, anche per chi dovesse prendersi il petto o la coscia di un pollo.
Torniamo però al nostro civile che vuole arruolarsi. Se accetta la lettera di incarico firmerà come riesce il contratto di ingaggio che lo inquadrerà tra i ranghi per nome, cognome, luogo di provenienza, armi in possesso, ruolo e paga pattuita; di seguito pubblicamente, davanti ai suoi camerati, giurerà di mantenere fede alla lettera stessa.

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Molti hanno sentito parlare di Doppiosoldo associando questi soldati a quelli che combattevano con le lunghe spade a due mani che non per nulla vennero da allora nominate Doppelsöldner, o quelli che stavano nelle prime file dello schieramento, ma non solo loro erano pagati il doppio. Inquadrati tra coloro che avevano diritto a una doppia paga erano tutti quelli che si presentavano con un armamento particolare, per l’appunto gli spadoni a due mani, ma anche chi arrivava con archibugi, schioppi, armatura o cavallo. Questi erano i Doppiosoldo per armamento. Poi c’erano quelli per ruolo. Se il civile sapeva leggere, scrivere e far di conto poteva essere assegnato al ruolo di segretario di un ufficiale o venir arruolato come furiere. Se poi aveva conoscenza del diritto, anche non universitaria, spesso veniva arruolato come giudice militare: lo sculdascio. Se poi si era di estrazione nobile o addirittura titolata si poteva essere messi tra i ranghi come ufficiale, portabandiera, alfiere o araldo. Tutte queste funzioni avevano paghe particolari perché richiedevano doti diverse da quelle del fante comune tanto che molti di questi ruoli arrivano anche al quadruplo soldo. Se durante la campagna un fante arruolato a rango semplice riusciva a guadagnarsi un ruolo particolare veniva congedato e arruolato nuovamente con il giusto rango, l’unica eccezione a questo erano i Doppiosoldo per armamento perché sarebbe stato davvero troppo facile riarmarsi saccheggiando i cadaveri.

Una volta assoldati e pagato subito il premio di arruolamento e la prima settimana di paga si ci univa alla propria compagnia.

Già così possiamo ben immaginare che non fossero un gruppo di sbandati qualsiasi che si danno al primo signore per un sacco d’oro.

Tralasciando le tattiche belliche che li videro alla pari dei loro maestri elvetici e tra le migliori fanterie del Mondo loro contemporaneo, possiamo addentrarci un poco sulla loro organizzazione interna, forse unica e all’avanguardia sui tempi.

L’organizzazione dei reparti

Dire che i lanzichenecchi fossero oltre che un corpo militare anche un a sorta di sindacato non è del tutto errato. Ogni compagnia, o se vogliamo dirla al modo loro ogni bandiera, eleggeva quattro rappresentanti: un archibugiere, un fante semplice, un sott’ufficiale e un addetto alle salmerie. Questi quattro rappresentanti, uno per ruolo, erano eletti per votazione ad acclamazione e avevano come ruolo principale quello della contrattazione contrattuale in caso mancato pagamento del soldo pattuito o dell’inadempienza alla lettera d’ingaggio in uno qualsiasi dei suoi articoli. Tante sono le cronache di lunghe contrattazioni tra questi rappresentanti e gli ufficiali di comando e non poche sono gli esempi riportati di veri e propri scioperi o manifestazioni violente guidate proprio da questi rappresentanti.

Un’altra peculiarità che porta a inquadrare i lanzichenecchi non come un semplice corpo d’armata è la presenza accettata di un’assemblea legislativa ed esecutiva.

I termini di contrattazione affidati ai rappresentanti erano decisi dalla Gemeine: la totalità dei fanti riuniti. La stessa assemblea aveva anche lo scopo di definire tutte quelle regole non scritte esplicitamente nella lettera d’ingaggio e di cui purtroppo non sappiamo molto.

Un altro tipo di assemblea era il Ring. Anche in questa era riunita la totalità dei fanti, ma a differenza della prima in questo caso si univano anche gli ufficiali superiori e quelli di stato maggiore per eleggere i rappresentanti che avrebbero dovuto rinegoziare non più con il colonnello, quanto con chi avesse ingaggiato la banda stessa. Per quanto tra questi rappresentanti ci fosse sempre il colonnello e solo in casi estremamente rari si potessero contare dei fanti semplici tra essi, questo ruolo era comunque aperto anche al più umile dei salmieri e tamburini a patto che fosse riuscito a farsi eleggere.

Il “tribunale” dei lanzichenecchi

Non ultima particolarità che vede il corpo dei Lanzichenecchi come un unicum della storia militare è la presenza di un tribunale interno al corpo organizzato in forma molto particolare.

In tutte le sue forme e varietà il diritto lanzichenecco è un’espressione di indipendenza, partecipazione e potere anche solo per il fatto di non essere esercitato da giuristi di professione, ma da laici: sculdascio, prevosto, ufficiali del tribunale e avvocati erano tutti parte del gruppo dei fanti, presieduti dal colonnello come capo supremo del tribunale, solo in casi estremi. Era un tribunale di camerati che non si vide mai prima né dopo i Lanzichenecchi nei tanti secoli di organizzazione militare.

Nel tribunale dello sculdascio quest’ultimo all’inizio del processo bandiva il diritto ossia lo rendeva pubblico e operante davanti all’assemblea completa dei fanti specificando se il processo avesse ordine civile o penale.

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Il tribunale dei Lanzichenecchi!

In ogni caso si faceva annuncio di pubblico processo riunendo le truppe davanti a un quadrato di panche nel punto di adunata d’allarme. Su tali seggi prendevano posto i giurati: dodici o ventiquattro in base al numero dei fanti della masnada, scelti tra i capitani, alfieri, sergenti, fanti e guide; sedeva da una parte lo scrivano, il segretario, l’ufficiale giudiziario, lo sculdascio come giudice e il prevosto come accusatore. Uno spazio a parte era riservato alle parti in causa e ai loro rappresentati.
A questo punto, circondati da tutti i fanti dell’esercito, si leggeva la lettera d’impegno, il regolamento e si ponevano le domande di banno e di garanzia per i giurati e tutti coloro che stavano intorno alle panche perché il processo fosse svolto in un ambiente di giustizia.

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Un processo del genere poteva durare giorni interi e teneva fermo l’esercito sino al suo compimento nonostante le proteste dei committenti della banda.

Un caso particolare erano i processi per Diritto dell’uomo comune in cui il colonnello delegava non uno sculdascio, quanto un sergente che a sua volta faceva giurare tre fanti per avere un verdetto sulla questione che dovrà essere poi votato dall’interezza dei fanti per alzata di mano.

Per quanto riguarda il più famigerato Giudizio per le lunghe lance si può dire che un termine analogo appare sin dal primo documento in nostro possesso che tratti dell’assemblea dei Lanzichenecchi, ma non c’è nessuna descrizione che ce lo illustri anche solo in minima parte; molti ritengono sia una sorta di giudizio ordalico di qualche tipo, ma non ci sono notizie certe in merito.

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Lanzichenecchi, campioni della Riforma?

Altra errata credenza è che fossero tutti di fede protestante. La realtà è ben diversa. Se volgiamo vedere gli anni 20 del 1500 come l’apice della storia dei Lanzichenecchi dobbiamo dire anche che negli stessi anni l’attività religiosa di Martin Luther era ancora fervente e non da tutti accettata. Il monaco aveva reso noto le sue tesi solo nel 1517 e solo il 3 gennaio 1521, con la bolla Decet Romanum Pontificem, papa Leone X lo scomunica come eretico hussita.

La sua dottrina si stava spargendo proprio in quel momento tra il popolo tedesco che solo nel 1522 diede vita alle prime rivolte che prendevano la religione come capro espiatorio per aggirare i divieti della Dieta di Worms, combattere per un tornaconto economico diverso o accaparrarsi nuovi diritti feudali. La Rivolta dei Cavalieri ne è un esempio, ma come dice appunto il nome stesso, non è una rivolta di borghesi, ma della nobiltà di spada, che è sì simile nel suo operato a quello dei nostri fanti, ma si pone in un contesto di guerre per i diritti feudali. Abbiamo già visto come i nobili fossero sì presenti tra i ranghi dei Lanzichenecchi, ma anche che la maggior parte di loro era di estrazione borghese.

Lo stesso Frundsberg, affiancato da due assistenti che conoscevano bene Martin Luther per averlo frequentato all’università, si dichiarava cattolico convinto nonostante dispregiasse fortemente l’operato del papa.

La dottrina protestante non era ancora stata definita nella sua interezza pertanto avremmo potuto trovare fanti che supportavano le tesi luterane e altri partigiani della Chiesa romana esattamente come ve n’erano tra nobili e cittadini comuni.

Solo nel 1530 con le Confessio augustana Luther lascia una precisa sistemazione della dottrina protestante per come ad oggi possiamo identificarla e solo da quella data possiamo iniziare a parlare di una differenza precisa tra reali protestanti luterani e cattolici.

Conclusione

Bene, allora se erano così organizzati e tra loro militavano anche piccoli nobili perché ne è rimasta la nomea di terribili guerrieri? Semplice: perché lo erano, ma come tutti gli altri mercenari del tempo.

Nel 1500 era tornata la moda per i condottieri di farsi seguire da un segretario che potesse mettere su carta le sue imprese. Adam Reusner e Jacob Ziegler entrambi teologi luterani, furono grandi amici del colonnello Frundsberg, il primo suo segretario e il secondo suo cartografo, e scrissero davvero tanto sulla calata verso Roma nel 1526. Tanto possiamo scoprire anche da altri nomi che hanno avuto la sfortuna di vivere in prima persona quell’anno o poco più che fece dell’Italia il campo di guerra d’Europa.

Semplicemente, si sa più su di loro e sui loro “Padri” svizzeri rispetto alle altre bande armate del tempo che forse, proprio perché meno organizzate e inquadrate in leggi precise, erano più pericolose e distruttive.

Proprio per la loro efficienza erano così conosciuti tra il popolo che li temeva giustamente.

Pensate forse che un villico a cui è appena stato dato fuoco alla fattoria, violentata la moglie e ucciso i figli si mettesse a chiedere al mercenario di turno, vestito alla moda lanzichenecca, se fosse un vero Lanzichenecco o solo uno dei tanti mercenari dei nobilotti di provincia? Era vestito come loro, si comportava come loro, era uno di loro. Visto che sono ancora vivo nonostante tutto me lo faccio bastare e prego per l’anima dei miei cari.

Perché sì, i Lanzichenecchi saccheggiavano, bruciavano, violentavano e uccidevano come tutti i soldati del 1500, ma lo facevano con un’organizzazione unica, con delle leggi, con un ordinamento e con dei vestimenti che li hanno fatti passare dalla storia alla leggenda.

Tanto si potrebbe scrivere e si è scritto sui Lanzichenecchi, dalle loro tattiche guerriere sino alle mode che lanciarono in tutta Europa, se vi siete interessati cercate in libreria e non rimarrete delusi.

Io vi lascio con una riflessione su una frase del famoso umanista tedesco Sebastian Franck:

…Ai suoi tempi è nato un ordine di gente senz’anima, i pii lanzichenecchi. Diffondere il Vangelo con le lunghe lance, augurare la pace con l’alabarda è, per loro, mestiere, regola e pane quotidiano.

Come sempre la paura crea leggende.

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