Pompei è nell’immaginario collettivo uno dei posti al mondo di gran lunga più carichi di potenza evocativa. Qui, come in pochissimi altri luoghi, milioni di persone hanno la possibilità di sentire ciò che una città rimasta sepolta per diciassette secoli ha da raccontare, attraverso le sue mura, gli oggetti, le iscrizioni, i corpi dei suoi abitanti.
Dal Settecento è stato possibile ricostruire la storia della città vesuviana a partire dal tempo in cui nel VII secolo a.C. un piccolo insediamento umano si formò vicino al vulcano, per poi crescere lentamente fino fiorire sotto l’influenza diretta di Roma. Fioritura interrotta dall’eruzione più famosa della storia, nel 79 d.C.
Poi, diciassette secoli di silenzio, fino alla riscoperta e al prestigio che esplode col Grand Tour, fenomeno che le ridarà luce. E ancora, il susseguirsi degli scavi, eseguiti con tecniche sempre più accurate, che rimossero lo spesso velo di cenere e lava da tutti quegli ettari di storia.
Oggi Pompei sta rifiorendo, ancora una volta, dopo decenni di degrado, crolli, urbanizzazione incontrollata. La riqualificazione dell’ultimo decennio, con i restauri, l’informatizzazione, gli scavi e le numerose, continue scoperte, è ciò che merita, finalmente, uno dei patrimoni storici più preziosi del nostro pianeta.

Pagine: 320.
Formato: Cartaceo.
Editore: Diarkos.
Data di uscita: 20 settembre 2022.
La tragedia che colpì Pompei nell’autunno (e non nell’estate, come creduto in precedenza) del 79 d.C. è da sempre stata feconda in ogni campo, sia esso strettamente storico ed archeologico, o più in generale divulgativo, o infine persino narrativo e cinematografico. Dall’uso politico e diplomatico che i Borbone di Napoli ne facevano tra Sette e Ottocento fino alle suggestioni più recenti di artisti e intellettuali che visitavano il sito archeologico, l’influenza di Pompei sull’immaginario collettivo moderno è stata fortissima.

L’importanza del contributo di Giuseppe Cusano, archeologo e guida turistica, nel libro offertomi oggi dall’editore Diarkos, consiste nell’aver adotatto un approccio cronologico, che offre così un’ampia panoramica sulla storia della città e della regione, dai tempi più antichi fino ai giorni nostri. Pompei visse vicende drammatiche già nei secoli precedente la nascita di Cristo: per ben due volta la città vide un completo stravolgimento del proprio tessuto sociale e culturale. All’iniziale influenza etrusca si sostituì quella osca e sannitica, che infine lasciò il passo alla dominazione romana, che fu prima politica e poi, dopo la Guerra Sociale e poi le vicissitudini delle guerre civile tra Mario e Silla, anche culturale. Tali eventi sono inscritti nel paesaggio dell’epoca (le mura di Pompei non furono costruite dai Romani, ad esempio).
Altrettanto interessante è la ricostruzione delle vicissitudini della città nel corso del primo secolo dopo Cristo, quindi nei decenni immediatamente precedenti la distruzione del 79 d.C. A tale approccio cronologico, che nell’ultimo capitolo si estende anche oltre la data fatidica attraverso il racconto del sito archeologico di Pompei, si accompagna il grande dettaglio con cui viene trattato ogni argomento attraverso un vasto numero di citazioni precise e riferimenti puntuali che permettono a tutti un approfondimento immediato. Io stesso mi sono segnato, sia per personale interesse sia per parlarne in altre occasioni sul blog, diversi passaggi. Tale approfondimento pervade ogni capitolo dell’opera e conferisce grande profondità ad ogni argomento. Facciamo alcuni esempi. A pagina 29 l’autore ci informa del ritrovamento di alcune iscrizioni, sulla facciata della “Casa del Moralista”, in lingua osca, risalenti all’assedio che la città subì durante le guerre civili. A pagina 220, in una delle ricche note del testo, apprendiamo del lastra funeraria di un pompeiano rifugiatosi poi a Napoli e, che nell’iscrizione, usa la forma osca del classico salute: have. Del famoso episodio della “battaglia” tra tifosi pompeiani e tifosi nocerini, durante l’anno 59 d.C., l’autore offre non solo il classico racconto di Tacito della vicenda (Annales, libro XIV, 17, 1-2) ma anche le testimonianze archeologiche ed epigrafiche, tutte discusse in dettaglio: l’imponente epigrafe funebre di (probabilmente) Nigidio Maio, eminente pompeiano, che racconta le conseguenze dell’episodio; il famoso affresco nel cosiddetto “Quarto Stile”, ritrovato nella casa di Aniceto; infine, ultima chicca, un graffitto nella Casa dei Dioscuri (si vedano anche le immagini):


Campani victoria una cum nucerinis peristis (CIL IV, 1293)
Campani, in quella vittoria siete morti insieme ai nocerini.
Il cuore del libro è occupato dalla descrizione della Pompei del 79 d.C. Il ritratto che emerge è quello di una città in profonda trasformazione e riadattamento dopo le recenti disgrazie del terremoto e altri avvenimenti. L’autore, come già detto, arrichische la narrazione con particolari di grandissimo interesse. Nella cultura antica, solitamente, la creatività artistica di pittori, scultore e architetti (spesso non liberi cittadini ma ex-schiavi, cioè liberti) non era riconosciuta e tutelata come è oggi; di molti grandi monumenti del passato non abbiamo alcuna notizia sugli uomini che li concepirono. Non così a Pompei, dove conosciamo il nome del restaurato del Teatro Grande, reso di marmo nel 3 a.C.: Marco Artorio Primo, liberto di origini forse osche. Ho anche apprezzato il capitolo Personaggi pompeiani, che racconta la vita di due donne emancipate (per gli standard romani dell’epoca, già evolutisi rispetto ai tempi più antichi): Giulia Felice, imprenditrice che con intraprendenza creò una sorta di “spa” in via dell’Abbondanza; o della medica Sperata, di cui ci è giunta la cassapanca contenente gli attrezzi del mestiere, a lungo attribuit al padrone di casa. Nelle pagine precedenti, inoltre, aveva già fatto capolino la figura di Eumachia, sacerdotessa di Venere ma anche “protettrice” della potente corporazione dei lavandai e costruttrice del mercato della lana cittadino, che realizzò tutto ciò in nome del figlio, di cui voleva avviare la carriera politica.
L’altro polo del libro è, ovviamente, il racconto della violenta distruzione del 79 d.C. L’autore analizza con grande acume il ruolo di Plinio il Vecchio, ammiraglio della flotta di stanza a Miseno, poi morto per i fumi respirati, e inserisce il suo intervento nella più ampia casistica del “diritto di soccorso”, già sviluppatosi in epoca romana.

A chiudere il libro c’è un preziosissimo capitolo sulla storia del sito archeologico di Pompei che, dopo secoli di oblio, riemerse alla metà del ‘700 grazie ai Borbone di Napoli che, seppur riportando per primi gli antichi resti alla luce, operarono una politica “diplomatica” di chiusura alle visite esterne e operarono interventi (anche per l’ancor primitivo sviluppo della disciplina archeologica) in alcuni casi troppo invasivi degli strati, dei resti e degli edifici antichi. Tale politica cambiò con la direzione del sito da parte da Giuseppe Fiorelli (1861-1875, ma già attivo negli precedenti) dopo l’Unità. Fu proprio Fiorelli a creare per primo la famosa pratica dei “calchi di gesso”, che tanto impressionarono in passato (e ancora oggi).
In definitiva, Pompei di Giuseppe Cusano è un libro completo dell’argomento, che ha come merito principale la ricchezza, derivante da accurate ricerche dell’autore, con cui ogni dettaglio è trattato. L’unico mancanza è quella di mappe, cartine e immagini, che sarebbero state assai utili, soprattutto per i novizi dell’argomento; nulla, tuttavia, che non si possa ritrovare con un paio di click.