Potenza e splendore di una casata
I Gonzaga, abili politici, condottieri ricercatissimi da tutte le potenze italiche e ferventi mecenati, dominarono la città di Mantova per secoli. Il racconto della storia della dinastia, dalla sua prima comparsa fino al raggiungimento del titolo ducale nel 1530, corrisponde a uno dei momenti più straordinari della storia politica e culturale d’Italia. Attraverso l’indagine sulle vite dei principali membri della famiglia questo libro illustra lo stupefacente contesto politico e culturale attraversato dalla città sul Mincio e dal suo territorio, senza dimenticare il ruolo delle donne del casato, le basi economiche del potere e l’eccezionale momento intellettuale e artistico della capitale del “piccolo Stato” gonzaghesco, dove artisti e intellettuali quali Vittorino da Feltre, Pisanello, Andrea Mantegna e Giulio Romano furono grandi protagonisti.

Editore: Diarkos.
Pagine: 320.
Formato: Cartaceo.
Data di uscita: 3 agosto 2022.
“In quel tempo, un piccolo Stato dell’Italia settentrionale, spesso minacciato dalla potenza militare dei suoi vicini, seppe giocare un ruolo fondamentale nel contesto peninsulare e proporsi persino come una delle più dinamiche e avanguardistiche capitali di tutte le arti.”
Questa frase riassume molto bene le caratteristiche precipue dello stato mantovano così come venne costruito, a cavallo tra ‘300 e ‘400, dalla famiglia dei Gonzaga. Mantova, pur limitata nelle dimensioni geografiche – e quindi nel potenziale demografico ed economico che poteva mettere in campo – seppe giocare per lungo tempo un prezioso il ruolo di ago della bilancia tra le “superpotenze” della penisola italica, ovvero Firenze, Milano e Venezia e, allargando di più il quadro, anche Napoli e Roma. Nonostante fosse posta proprio all’incrocio tra i primi tre stati sopra ricordati, una politica cinica e assolutamente realista permise ai Gonzaga non solo di sopravvivere, ma di prosperare e, in piena epoca rinascimentale, risplendere di luce propria tramite le opere di grandi artisti e letterati.
L’autore ripercorre la storia della casata dalle sue lontane origini, che risalgono al XII secolo e all’età di Matilde di Canossa, in piena “lotta per le investiture”, in cui appare Opizzo da Gonzaga, più antico antenato attestato della famiglia. Un esordio minore che non faceva presagire le successive fortune, che arrivarono a cavallo tra ‘200 e ‘300. In quest’epoca Mantova era attraversata dalla lotta tra la famiglia dei Casaloldi e dei Bonacolsi, dominatori della città per un cinquantennio, che terminò il 16 agosto del 1328 con il famoso e cruento episodio della loro “cacciata”, favorito dai Della Scala di Verona; episodio fondante del potere gonzaghesco, tale ritenuto dagli stessi Gonzaga, che centocinquant’anni dopo lo esaltarono commissionando a Domenico Morone un dipinto commemorativo, che l’autore analizza in dettaglio.

Il ‘300 vide i Gonzaga esercitare, all’interno delle istituzioni comunali ancora non intaccate, un potere inizialmente collegiale e, infine, puramente signorile a partire dal 1370 con l’ascesa del solo Ludovico II. La riforma degli ordinamenti comunali all’inizio del ‘400 e l’acquisizione del marchesato nel 1433 sancirono questa definitiva evoluzione.
Quasi ottant’anni dopo [il colpo di stato], le nuove geometrie litiche di una città saldamente in mano a Francesco Gonzaga richiedevano nuove risposte, in grado di sottolineare il ruolo “principesco” del signore istituzionalizzando alcuni aspetti del governo che erano andati, via via, prendendo forma durante la sua vita. Il principale risultato costituzionale fu la redazione di nuovi statuti compilati tra 1396 e 1404 dal giurista piacentino Raffaele Fulgosio, che provocarono la definitiva scomparsa di ogni residua autonomia degli organi del Comune e il conseguente potenziamento dei poteri del Gonzaga. Dalla lettura del nuovo statuto si percepisce una maggiore accuratezza nella redazione delle norme (per ogni libro ci sono più rubriche) e, soprattutto, una maggiore articolazione dell’azione del signore: la struttura dello Stato appare nei nuovi Statuti più intimamente subordinata al controllo del capitano e vicario imperiale.

Il libro prosegue raccontando il travagliatissimo ‘400, in cui Mantova e ancor di più i suoi signori, furono al centro delle continue lotte tra gli stati della Penisola, alternando il proprio supporto tra Milano e Venezia. La seconda parte del libro è poi dedicata all’approfondimento di alcuni aspetti dell’avventura dei Gonzaga come il ruolo delle donne e l’attività mecenatista. Inserti interessanti, ma che avrei preferito inseriti nel più vasto quadro storico della prima parte, anche per evitare ripetizioni e rimandi interni che interrompono la lettura. Ho letto tuttavia con grande interesse le vicende del quadro La Madonna della Vittoria, un vero e proprio capolavoro commissionato ad Andrea Mantegna per celebrare la vittoriosa partecipazione del marchese Francesco II contro le armate francesi del re Carlo VIII. Tale quadro venne poi letteralmente derubato da altre armate, sempre francesi, di epoca successiva; ovvero, nel 1798 durante la spedizione d’Italia di Napoleone Bonaparte; da allora, si trova al Louvre, invece che nell’originaria collocazione della chiesa di Santa Maria della Vittoria.

Il libro si “interrompe”, se così si può dire, sul più bello. L’autore è onesto nel chiarire subito, nella “Premessa”, che il libro ha un forte limite cronologico, cioè quello di non prolungare la narrazione oltre il 1530, data dell’ascesa al titolo ducale di Federico II, con la seguente motivazione:
Nella scelta della data in cui concludere queste pagine concorrono alcuni fattori. Da una parte, il raggiungimento del titolo ducale fu, per i Gonzaga, la conquista di una posizione di prestigio inimmaginabile all’inizio della loro avventura signorile; dall’altra, il contesto in cui quel traguardo venne a compiersi, vale a dire in pieno consolidamento dell’egemonia militare e politica ispano-imperiale sull’Italia e alla vigilia dell’estensione dell’autorità dei Gonzaga sul Monferrato (sempre con Federico II come protagonista). Su scale diverse, entrambi questi processi alterarono per sempre la cornice di relazioni e di interessi che aveva caratterizzato lo Stato mantovano nei duecento anni precedenti e si pongono, quindi, come un ottimo punto d’arrivo per questo libro, quasi un secolo prima della fine del ramo principale della dinastia (1627), della terribile guerra di successione (che propiziò l’arrivo dei Gonzaga-Nevers a Mantova) e fino al triste epilogo della loro storia con Ferdinando Carlo, ultimo duca della famiglia (1708).
Una scelta che confesso, pur comprendendo, non mi ha molto entusiasmato; dopo le vite dei grandi condottieri e mecenati delle arti che dominarono i primi due secoli della dinastia avrei desiderato leggere anche la decadenza della stessa, culminata tragicamente nel celebre sacco della città del 1630. Stilisticamente il libro è nella media: non abbiamo di fronte una penna eccezionale, ma sufficientemente chiara, nonostante le ripetizioni di cui sopra. Da apprezzare, senza dubbio, è la varietà e la vastità della documentazione, che in non pochi casi ricorre a fonti dirette dell’epoca, che gettano luce su secoli così lontani.
In definitiva, un libro che consiglio a chi, avendo già una certa infarinatura del periodo tardo-medievale e rinascimentale italiano, volesse approfondire le vicende, particolari ed uniche, dei signori di Mantova.