“I Cartaginesi fanno questo genere di sacrifici e per loro è un atto religioso e legale. Alcuni di essi arrivano a sacrificare i propri figli a Crono, come anche tu probabilmente hai sentito dire.”
Pseudo Platone nel dialogo “Minosse”, IV secolo a.C.
Come ben sapete, sono uno scrittore di romanzi storici. Ho deciso di approfondire la questione dei tofet e dei presunti sacrifici di bambini che vi svolgevano proprio in connessione con questa mia passione. Come potevo mettere su scena personaggi cartaginesi se non mi era chiaro questo aspetto della loro civiltà? Vivere in una società in cui è abituale e accettatto sacrificare bambini vivi nelle fiamme è ben diverso che vivere in una in cui, invece, alcuni bambini morti prematuramente vengono, in un certo senso, “onorati” con riti specifici e sepolti in modo diverso rispetto agli altri (sono queste le due ipotesi tra loro più differenti diffuse oggi tra gli studiosi).
Per mia fortuna, nelle ricerche riguardanti i tofet e i riti del tofet mi è venuto in soccorso un prezioso libro dello studioso Bruno d’Andrea, ovvero Bambini nel ‘limbo’. Dati e proposte interpretative sui tofet fenici e punici, del 2018, che ha il merito di sintetizzare tutto ciò che si sa e che si è scoperto sull’argomento e che costituisce, in effetti, la fonte principale dell’articolo che segue.

Le fonti antiche
La questione dei sacrifici umani nella cultura fenicia, sia nelle città-madrepatria del Vicino Oriente sia nelle colonie fondate nel Mediterraneo occidentale, è da sempre una delle più dibattute nella comunità degli studiosi. Da un lato, abbiamo fonti antiche che, in modo abbastanza concorde e scandalizzati più che dalla crudeltà dei riti dalla loro diversità rispetto ai propri, asseriscono come questo costume fosse universalmente diffuso. Le fonti bibliche, in particolare, parlavano dell’esistenza di campi sacri, detti “tofet”, in cui vi era l’usanza di “far passare per il fuoco” infanti e bambini, immolati ad un dio crudele, il famoso Moloch (nel Vicino Oriente, mentre in Occidente le stele sono dedicate a Baal o Tanit).
Quelle greco-romane, in riferimento ai cartaginesi, asseriscono lo stesso, concentrandosi però sui momenti di crisi pubblica. Così racconta Plutarco:
“Essi sostennero anche che Crono si era rivoltato contro di loro, dato che in tempi passati avevano avuto l’abitudine di sacrificare a questo dio i più nobili dei loro figli, ma più recentemente, comprando in segreto e nutrendo dei bambini, essi avevano offerto questi ultimi in sacrificio.
Quando fu fatta una ricerca, si scoprì che alcuni di quelli che erano stati sacrificati erano stati sostituiti. Quando essi si resero conto di queste cose e videro i nemici accampati sotto le loro mura, furono colti da un terrore superstizioso credendo di aver trascurato gli onori agli dèi stabiliti dai loro padri. Ansiosi di riscattare la loro omissione, essi selezionarono 200 bambini tra i più nobili e li sacrificarono pubblicamente.”
Alcuni autori dettagliano come si svolgeva il rito: dei bambini di origine nobile venivano gettati, vivi, tra le braccia di una statua bronzea di un dio (forse impropriamente chiamato Moloch dalla storiografia successiva, oppure identificato come Crono/Saturno da greci e romani) e poi rotolavano giù tra le fiamme. Tali riti, sembrerebbe (il condizionale è d’obbligo), avrebbero avuto fine dopo la conquista romana, come asserito dall’apologeta cristiano Tertulliano (II-III secolo d.C.), che fornisce una straordinaria testimonianza diretta:
“In Africa, venivano sacrificati dei bambini a Saturno pubblicamente fino al proconsolato di Tiberio, che come su croci votive espose vivi gli stessi sacerdoti appendendoli agli alberi stessi del tempio, che con la loro ombra coprivano quei delitti: ne furono testimoni i soldati di mio padre, che compirono proprio quell’incarico a quel proconsole.”
Tuttavia, pressoché nulla ci è giunto della letteratura, che pure sappiamo essere esistita ed essere stata ben considerata, punica; non abbiamo quindi alcuna “risposta” dei diretti interessati a questa accusa mossa dagli scrittori greci e latini.
Nei successivi post vedremo come importantissime scoperte archeologiche abbiano arricchito il dibattito e ampliato le nostre conoscenze e, forse (in questo articolo leggerete parecchie espressioni dubitative), smentito la visione più “crudele”.

I tofet. Le urne cinerarie
“Con il vocabolo tofet si indicano delle aree a cielo aperto caratterizzate da un terreno destinato alla deposizione di urne cinerarie contenenti resti cremati di bambini e/o di animali, in genere caprini, e all’erezione di stele, che in alcuni casi, soprattutto nelle fasi più antiche, possono tuttavia essere assenti.”
Abbiamo accennato alla testimonianza delle fonti letterarie antiche sulla pratica, fenicia e cartaginese, di sacrificare o dedicare (cruento o meno che fosse il rito) bambini alle proprie divinità. Tale asserzione ha trovato “conferma”, se così si può dire, nella scoperta, a partire dalla metà dell’800 fino a culminare nella scoperta del grande tofet di Cartagine nel 1921, di numerosi siti dove sono stati trovati resti cremati di bambini e animali, assieme a stele votive.
L’analisi quantitativi dei resti ha fornito dati interessanti, che solo parzialmente si accordano con le fonti storiche citate ieri. Per il tofet più grande, quello di Cartagine, circa la metà delle urne contiene i resti di un solo bambino, mentre nelle altre vi sono 2, 3 o anche più bambini, che in un 20% dei casi sono mescolati con resti animali. Ancor più stupore ha destato l’età dei suddetti: in un quarto dei casi si tratta di feti, mentre i neonati (sotto 1 anno di vita) costituiscono la maggioranza dei casi e rari sono i bambini con più di un anno, alterando l’idea che ci si era fatta dei tofet dalle fonti antiche (che perlopiù parlano dei sacrifici di bambini grandi).
Purtroppo, l’analisi non ha potuto rispondere alla domanda se i bambini, al momento della morte, fossero vivi o meno. Altro problema è che non sappiamo, con esattezza, quale fosse il requisito per cui i resti di un bambino venivano sepolti/dedicati nel tofet invece che nelle “normali” necropoli: l’essere morti da primogeniti? L’avere una certa età? Nessuna di queste domande ha una risposta certa, che sarebbe fondamentale per capire il “significato” di questi luoghi. I bambini venivano sacrificati in modo cruento per espiare una colpa? Venivano dedicati per ottenere qualcosa? Oppure si trattava persino di una forma di premura, quasi di rispetto, verso bambini sfortunati morti anzitempo? In non pochi casi tali resti sono accompagnati da un corredo associabile al defunto, quindi amuleti, piccoli gioielli o reperti ceramici.




I tofet. Le stele votive
Migliaia di stele votive sono state trovate nel corso dell’ultimo secolo nei tofet d’Africa, Sicilia e Sardegna. Molte di esse accompagnavano direttamente le urne funerarie che contenevano i resti cremati di animali e bambini. Le stele possono essere o meno prive di rilievi e iscrizioni; nella quasi totalità dei casi i soggetti raffigurati non sono collegati al rito compiuto, ma sembrano avere un significato simbolico e astratto, spesso non di facile interpretazione. Il testo dell’iscrizione è vario ma in genere breve.
In generale, queste iscrizioni commemorano un’«offerta votiva» (NDR) o un «dono» (MTN/MTNT) «dedicato» (NDR) o, più raramente, «dato» (YTN), «offerto» (NŠ’), «fatto» (P‘L), «compiuto» (PG‘/ŠLM), «adempiuto» (’TM), «sacrificato» (ZBH), «eretto» (TN’) o «posto» (ŠM) da un dedicante, nella stragrande maggioranza dei casi singolo, per Baal Hammon (in genere con il titolo di «signore» ’DN) e… per Tinnit (in genere con il titolo di «signora» RBT e l’epiteto PN B‘L di interpretazione ancora discussa) e Baal Hammon. Il dono è offerto «poiché (lui o, più raramente, lei/loro, vale a dire Baal Hammon e/o Tinnit) ha ascoltato la voce delle sue parole, lo ha benedetto» (KŠM‘QL(’ DBRY) BRK’) o, più raramente, «ascolti la sua voce, lo benedica» (YŠM‘ QL’YBRK’); la formula di ringraziamento e quella di benedizione non sono sempre combinate fra loro né sono sempre presenti.
Le iscrizioni dei tofet, purtroppo, non chiariscono quale fosse il ruolo del bambino, cioè se esso fosse sacrificato da vivo (ipotesi che alla luce dei dati di ieri appare improbabile in molti casi), fosse già morto, costituisse l’oggetto del rito oppure un tramite per invocare qualcosa di altro; nè vi è uniformità nel momento in cui veniva posta l’iscrizione, cioè se come ringraziamento per una grazia ottenuta oppure prima, appunto come invocazione.
Un altro grande mistero dei tofet è il termine, che compare in poche iscrizioni, ma divenuto famoso perché caratteristico del fenomeno, “MLK”. Tale termine, che compare originariamente nella Bibbia, venne associato per lungo tempo alla figura, crudele, del dio “Moloch”, che ha trovato grande fortuna nell’immaginario collettivo cristiano e non, fino a tempi recentissimi. Dagli anni ’30 del secolo scorso tale visione è stata contestata: Moloch, ovvero il termine “MLK”, indicherebbe non un dio ma un particolare rito associato ai “tofet” e al sacrificio/dedica dei bambini.




I campi di Saturno
La distruzione di Cartagine nel 146 a.C. segnò la fine dell’indipendenza per la civiltà punica, ma la sua cultura non sparì dall’oggi al domani e rimase viva per lungo tempo. Il costume di “dedicare i bambini” nei tofet rimase ma, con il tempo, si andò modificando in modo determinante. Con l’espandersi del dominio romano a tutto il nord Africa, si assiste infatti alla costruzione dei cosiddetti “santuari di Saturno” che a volte si sovrappongono al sito dei tofet. Tali santuari, che possono apparire sia come “campi sacri” o templi “classici”, sono caratterizzati dalla preponderanza delle stele sulle urne cinerarie, in un vero e proprio ribaltamente rispetto a quanto accadeva secoli prima al principio del fenomeno dei tofet. Ricordiamo inoltre che Saturno era identificato dai Romani con Baal.
Le oltre 3000 stele votive provenienti dai santuari di Saturno si pongono in continuità stilistica e formale con le stele dei tofet di età tarda, ma il rapporto con la tradizione punica si esaurisce nel corso del tempo e vengono introdotti diversi elementi figurativi di tradizione classica.
Dunque, anche se non vi è certezza e molti tasselli importanti mancano, sembra di poter affermare che il potere romano, ad un certo punto, sfavorì o limitò lo svolgersi dei riti (di qualsiasi natura fossero) del tofet punico similmente, forse, a quanto accadde ai druidi in Gallia e Britannia. In quest’ultimo caso la motivazione era evidente: evitare centri di assembramento che potevano sfociare in una rivolta politica contro il potere romano; più incerte le motivazioni nel caso dei tofet, che non potevano essere centri di rivolta; né il costume di cremare i morti era alieno dalla mentalità romana.
L’unica fonte letteraria rilevante, in questo caso, è la già citata testimonianza dell’apologeta cristiano Tertulliano che, tra II e III secolo, affermò che suo nonno fu soldato al tempo di un certo “proconsole Tiberio” (non identificato dagli studiosi) che proibì questi riti e punì con la crocifissione i sacerdoti esecutori.
Forse (ipotesi di chi vi scrive) l’affermarsi di correnti religiose elleniche e di filosofie umanitarie, unite all’universalismo romano di epoca imperiale e soprattutto antonina e all’antico disprezzo per il nemico punico e i per i suoi costumi, portò ad una tendenza generalizzata e più o meno spontanea di abbandono di questi culti o di una loro sostituzione, tendenza ovviamente punteggiata da episodi di repressione più o meno aperta.



Extra 1 – Il tofet di Monte Sirai, Sardegna
La nostra lettrice Alessandra Vargiu mi segnala questa interessante guida turistica del tofet di Monte Sirai, legato all’insediamento della città di Sulci, in Sardegna, dove le testimonianze della presenza della civiltà punica sono numerose. Pagine preziosissime perché illustrano lo sviluppo di un tofet, i cambiamenti interventi nel corso del tempo nei ritrovamente effettuati e il quadro, in parziale contrasto con quello delle fonti antiche, che emerge dalle urne e dalle stele.






Extra 2 – Una rievocazione di “Sardegna Archeologica”
I riti del tofet rivivono nella precisa ricostruzione ad opera di Archeologia Sardegna, che rievoca la pira funebre, la dedica della stele e tutto ciò che precedeva e accompagnava questo affascinante e misterioso rito, per lungo tempo equivocato…
Un grazie a Giovanni Romano per avermi segnalato il documentario.
PARTE 1: https://fb.watch/ddF5hCISMy/
PARTE 2: https://fb.watch/ddE_MKx2WL/

Dunque, i Cartaginesi sacrificavano i bambini?
Ahinoi, la domanda rimane senza risposta oltre che per la mancanza di dati, anche per la sua imprecisione. Il fenomeno dei tofet si estende per diversi secoli e riguardare realtà anche lontane tra di loro. Voler fornire una risposta univoca è vano. Tuttavia, è doveroso riportare quelle sono le principali interpretazioni che oggi gli studiosi danno a questi misteriosi riti: per una storiografia dell’interpretazione dei tofet, dal XIX secolo ad oggi, dall’iniziale visione crudele a quella più temperata odierna, rimando al libro di d’Andrea.
I BAMBINI COME OFFERTA SACRIFICALE (CON UCCISIONE RITUALE)
È questa l’ipotesi più antica, sorta già nell’800 sulla scorta delle fonti letterarie e dei primi ritrovamenti nei tofet. In questo quadro, il rito si svolge essenzialmente in tre momenti (con l’usuale disclaimer che i riti del tofet si svolgono nell’arco di secoli, possono essere stati molto variabili ecc.):
- In seguito a momenti di crisi privata o pubblica, il dedicante pronuncia il voto, verosimilmente nel tofet stesso, e fa erigere una stele per la grazia che si vuole ricevere, promettendo di dedicare il proprio bambino, già nato o che deve nascere, o un animale.
- Il dio soddisfa la richiesta del dedicante.
- Il dedicante torna nel tofet e ottempera al voto, in cui sacrifica un bambino, un animale o entrambi; i resti cremati sono deposti nell’urna e accompagnati da altri oggetti personali.
L’altro modello prevede un “tempo unico” tra sacrificio del bambino e dedica della stele (che quindi è per “grazia ricevuta”).
A favore di questa tesi c’è la testimonianza delle fonti antiche. Un dato oggettivo a sfavore è il tempismo, troppo breve, tra la grazia da ricevere e la promessa fatta: i resti dei bambini appartengono ad infanti o feti, che quindi dovrebbero essere stati promessi pochi mesi prima del sacrificio stesso; gli oggetti ritrovati assieme ai resti sono correlabili al bambino (ipotesi del “corredo funebre”) e non al dio.
I BAMBINI COME OGGETTO DEL VOTO
La tesi del tofet come “santuario dei bambini” ha avuto fortuna a partire dagli anni ’80 del secolo scorso. In essa, la prospettiva è completamente ribaltata rispetto al punto precedente. Esaminiamola.
- Una coppia di genitori (o uno dei due) porta al tofet il cadavere del proprio bimbo deceduto o del feto e fa voto per averne un altro, forse erigendo una stele e promettendo un olocausto animale. Il bambino viene cremato e deposto in un urna con corredo.
- Il dio soddisfa la richiesta.
- Il genitore dedicante si reca al tofet e ottempera alle promesse, quindi eventuale stele e sacrificio animale.
Questi tesi, a mio giudizio, si adatta meglio al contesto dei ritrovamenti archeologici dei tofet ma, come punto a sfavore, non spiega la scarsa variabilità nell’età dei bambini cremati (quasi tutti feti o neonati). Rimane per noi ancora del tutto misterioso, a causa della oggettività brevità delle stele votive, perché alcuni bambini fossero deposti e cremati nel tofet, mentre altri nelle usuali necropoli. Inoltre, le tematiche caratteristiche della fertilità mancano dall’orizzonte iconografico dei tofet.
I BAMBINI COME VEICOLI INTERCESSORI DEL VOTO
Una tesi più recente, sempre in un’ottica non crudele, è quella che i bambini servissero ad aprire una comunicazione con il dio; i bambini, cioè, avrebbero fatto da intercessori di un voto richiesto alla divinità. I punti sono simili al precedente, ma rimangono criticità sulla disponibilità di bambini e, come al solito, sui momenti in cui venivano erette le stele ed effettuati i sacrifici e, infine, sull’identificazione tra agnello e bambino.
Dopo tanto studio, sento di poter esprimere una mia idea sull’argomento: nella stragrande maggioranza dei casi, i riti dei tofet non erano crudeli, ma costituivano una dedica fatta dai genitori di neonati (o feti morti) agli dèi, forse allo scopo di evitare il ripetersi di questi eventi o forse come ringraziamento per altre suppliche. Questo quadro, tuttavia, non esclude che in tempi di forte stress collettivo dovuti a guerre, carestie, epidemie ecc. vi potessero essere fenomeni di riti crudeli. Un grave problema nella comprensione dei riti del tofet è la difficoltà a stabilire una successione temporale nei momenti del rito stesso e nello stabilire quale connessione tra stele votiva, bambini cremati e animale sacrificato.
Un altro problema, ancora insoluto, è la discrasia tra le fonti letterarie greco-romane, che s’interessavano soprattutto di momenti di crisi, e l’oggettività del dato archeologico, che invece illumina in gran parte la dimensione “privata” del tofet: tutte le stele votive trovate sono state dedicate da singoli o ristretti gruppi di persone e nella maggioranza dei casi riguardano singoli sepolture/sacrifici.
Per concludere, faccio un appunto personale da “scrittore in fase di documentazione storica”: tali incertezze sui tofet hanno il pregio di darmi una certa libertà nelle scene che potrò costruire; anzi, l’irriducibile varietà di ipotesi sui riti mi permetterà di rappresentare quella che, in fondo, è l’irriducibile varietà del mondo e delle società umane che sono esistite e che esistono.

Il libro: Bambini nel ‘limbo’. Dati e proposte interpretative sui tofet fenici e punici di Bruno d’Andrea (disponibile gratuitamente sul sito della École Française de Rome)