
Attraverso significative figure di donne di estrazione e culture diverse – una grande signora, una strega, la compagna di due banditi, una monaca riverita e una «esorcizzata», una prostituta, una mistica – si delinea una prospettiva inconsueta dell’Italia dell’Umanesimo e della Controriforma.
Fino a qualche decennio fa la Storia era anzitutto storia di battaglie, re, dinastie, insomma storia di avvenimenti precisi per collocazione geografica e temporale. Nell’ultimo mezzo secolo la prospettiva è cambiata. Si è affermata una storiografia sociale ed economica che ha puntato a ricostruire in modo diverso la storia del passato.
Rinascimento al femminile si inserisce in quest’ultimo filone. La introduzione della curatrice Ottavia Nicoli spiega con chiarezza le finalità, i metodi e circoscrive bene il soggetto di cui ci si va ad occupare.
Rinascimento al femminile non vuole essere una storia delle donne nel Rinascimento (una periodizzazione del genere non avrebbe davvero senso), ma un tentativo di ottenere, attraverso sette singole storie di donne, un quadro per qualche verso meno carente almeno di alcuni aspetti della storia della prima età moderna, in cui sia presente il senso della differenza dei ruoli dei sessi in un periodo dato e in diverse situazione sociali.
Le donne che compaiono nel libro non sono quindi donne già famose nella storia, come Isabella d’Este, Gaspara Stampa, Giulia Gonzaga, Maria de’ Medici o altre; ma figura “mediane”, che quindi in qualche modo possono avvicinarci alla realtà quotidiana dell’epoca. La “normalità” delle suddette è ovviamente relativa: le donne di cui si può parlare sono quelle che hanno lasciato documenti scritti di vario tipo (lettere, rapporti, contratti eccetera); quello che non l’hanno fatto (la grande maggioranza) rimane ovviamente muta e a noi sconosciuta per via diretta.
Un’altra caratteristica importante del libro è il non concedere nulla al sentimentalismo moderno. La Nicoli precisa che le biografie del libro sono:
…lontane da quelle – che sono per tanti versi moneta corrente – che tendono a privilegiare gli aspetti più strettamente psicologici del personaggio raffigurato, i sentimenti intimi e i moti del cuore, nel tentativo di fare appelli ai coinvolgimenti personali del lettore e nell’ingenua convinzione che “il cuore umano non cambi mai” che ciò che dobbiamo cercare nel passato sia la sua eventuale presunta modernità… il nostro passato, anche quello di solo cinquecento anni fa, è insomma un passato remoto. E proprio per questo conoscerlo è così liberante: non è mai vero che “sia sempre stato così” o che “si sia sempre fatto così”. Il passato è il luogo della diversità e del cambiamento (non solo dei fatti, anche delle strutture) ed è compito dello storico identificarli.
Quando ho letto queste cose sono scattato nei proverbiali 92 minuti di applausi. E’ esattamente quello che ho sempre pensato. La Storia mi interessa proprio perchè permette di conoscere mondi diversi dal presente, motivo per cui ho una reazione allergica quando vedo la storia piegata, anche in cose piccole, a ciò che si pensa oggi.

Comunque, torniamo al libro. Sono lieto di scrivere che l’intento esposto dalla curatrice nell’introduzione è sostanzialmente rispettato per tutte le biografie proposte tranne una, quella della strega Gostanza, processata dall’Inquisizione. Il taglio del capitolo a lei dedicato mi è sembrato troppo poco storico (storico in senso stretto); avrei voluto vi comparissero molti più documenti e citazioni dal materiale giunto sino a noi e meno considerazioni di carattere antropologico.
Il capitolo su Paola Antonia Negri, religiosa e fondatrice della congregazione delle suore angeliche ma poi estromessa dall’Inquisizione, pur se ben documentato storicamente, è stato un po’ pesante da leggere.
Queste le uniche due biografie non pienamente convincenti. Le altre cinque, invece, sono assolutamente godibili sia dal punta di vista “narrativo” sia da quello documentario per la straordinaria ricchezza di fatti, concezioni e modi di pensare di cui veniamo a conoscenza. Cito rapidamente le cose che più mi hanno colpito.
- l’umanista Isotta Nogarola, che tentò di inserirsi nel mondo degli umanisti, fu costretta a condurre una vita di clausura di fatto e ad abbandonare gli studi laici in favore di quelli religiosi (che includevano comunque parecchia filosofia greca), dato il suo rifiuto sia di sposarsi sia di entrare in convento (entrambe le scelte avrebbero comportato la fine degli studi).
- la ricca ereditiera Beatrice de Luna, nome cristiano dell’ebrea Gracia Nasi, girò l’Europa in lungo e in largo nel XVI secolo (Lisbona, Amsterdam, Venezia, Ferrara, Ancona) per sfuggire alla difficile condizione di marrana; la sua ricchezza fu al centro di non pochi intrighi matrimoniali; trovò infine rifugio a Costantinopoli.
- le lettere sgrammaticate ma piene di sentimento della nobildonna Ginevra Gozzadini dall’Armi, vittima di un matrimonio infelice, che trova la propria libertà in una vita religiosa e ascetica.

Anche le altre due biografie sulla prostituta Camilla la Magra e la vedova Angela Vallerani sono assolutamente di valore. Conto di approfondire almeno due o tre di queste figure qui sul blog o sulla pagina Facebook.
In definitiva, un ottimo libro che racconta non una ma ben sette storie di donne “normali” (più o meno) dell’epoca con un piglio narrativo ben miscelato al rigore storico. Consigliatissimo a tutti.
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