Questo su Bettino Craxi è un libro straordinario, scritto dal suo fotografo “personale” che, come in una lunga lettera d’amore, rievoca gli ultimi anni di Craxi, il trauma del suo processo e del suo declino politico, la iniquità del suo esilio e la tragedia della sua malattia. Il racconto non si sofferma sull’aspetto politico, ma su quello umano di Craxi, delineandone i tratti più affettuosi e imprevedibili, le sue manie e la sua capacità di cogliere l’essenziale di ogni situazione, fino alla solitudine assoluta che accompagnò gli ultimi anni della sua vita nel rifugio di Hammamet e alla straziante agonia degli ultimi mesi.

Uscita: 28/01/2022
Pagine: 272
Formato: cartaceo
Editore: Diarkos
Il libro sul sito dell’editore
Dopo tanta storia antica, Narrare di Storia fa un’incursione nella storia più recente. L’opera di oggi è un libro di memorie scritte dal fotografo Umberto Cicconi, che fu uno dei più vicini collaboratori di Bettino Craxi, leader socialista e presidente del consiglio italiano nel periodo 1983-1987.
Per questa occasione, la recensione di oggi sarà un po’ diversa dal solito. Non sono così esperto di storia contemporanea da poter giudicare gli episodi riportati nel libro; né avrebbe senso farlo. Si tratta infatti di un libro di memorie scritto da un persona che di Craxi fu fotografo personale, amico e, stando a quanto ho letto, quasi un figlio: il valore della testimonianza in sé è già per questo assolutamente importante. Il giusto punto di vista per leggere il libro e giudicarlo è chiedersi: queste memorie restituiscono, in qualche modo, il Craxi privato?

Decisamente sì. Da Palazzo Chigi agli incontro con i capi di stato, dal ritiro-esilio di Hammamet alla Milano e alla Roma degli anni ’80, il tono dello scritto spazia agilmente dalla cronaca al dettaglio privato. Cicconi, è vero, salta spesso di palo in frasca; il filo cronologico dei vari capitoli è molto tenue, ma l’aneddotica che accompagna ogni episodio è sempre gustosa. Merito dell’autore è raccontare il Craxi quotidiano degli anni ’80, quando il leader socialista era in auge, e quello poi suo malgrado “decadente” dell’esilio. Il contrasto tra il prima e il dopo non può non colpire il lettore. Ovviamente, non mancano “giudizi forti” su quella che fu la parabola politica di Craxi e sulle vicende giudiziarie che lo coinvolsero.
Forse, si potrebbe rimanere delusi dal fatto che non vi sono foto nel libro; poco male, è possibile reperire sul web buona parte dell’archivio dell’autore (comprese le numerose foto citate).
Il libro è preceduto e seguito da non poche prefazioni e postfazioni, ad opera di familiari e conoscenti di Craxi, che confermano il legame umano tra l’autore e Craxi stesso. È dunque necessario ribadire che l’opera non è, né vuole essere, un’opera storiografica imparziale, ma un libro di memorie. Di tale limite, l’autore stesso è consapevole e non ne fa mai mistero; né egli nasconde le molte volte in cui ritiene che Craxi abbia commesso, a livello umano o politico, degli errori.
Il libro è chiuso da un profilo biografico di Craxi, scritto da Angelo Ruggieri, utile come promemoria e di cui anzi consiglio la lettura, per chi ha non vissuto quegli anni o li conosce poco, prima del resto dell’opera.

Detto questo, Bettino Craxi – I suoi ultimi vent’anni è occasione per una riflessione storica che, per chi vi scrive, è anche personale. Del resto, non avrei accettato il libro dall’editore se non avessi avuto un pregresso interesse verso la figura di Craxi e, più in generale, verso quel periodo storico, ovvero la cosiddetta Prima Repubblica. È finalmente il tempo di superare per noi italiani quella stagione, la stagione di Tangentopoli (1992-1994)? Chi vi scrive era troppo piccolo per avere memoria di quegli anni. Di Craxi, e della classe politica di cui Craxi faceva parte, il mio giudizio era quello della sinistra post-comunista dei primi anni 2000: Craxi era, nella sostanza, un criminale che aveva fatto, in fondo, la fine che si meritava; comunque poco in confronto a ciò che aveva fatto (sottintento “ciò che aveva fatto di male”) al Paese. Col tempo ho avuto modo di calibrare e modificare il mio giudizio. Questo libro di Cicconi ha costituito l’occasione di empatizzare con un personaggio che, per molto tempo, non era stato altro che una figura imponente in fuga dalle monetine di una folla inferocita.
Il libro costituisce quindi una buona occasione per riscoprire un Craxi molto diverso e privato. Purtroppo, la memoria è drammaticamente corta in questo paese e le giovani generazioni (con cui il mio mestiere mi pone a contatto ogni giorno) non sanno nulla di ciò che è accaduto tra il 1945 e prima della loro nascita; le vecchie, mi sembra, non hanno interesse a rimettere in discussione ciò che fu. Dunque, Craxi ebbe una fine atipica, molto diversa da quella di altri politici italiani di epoca repubblicana: in esilio (o latitanza, se proprio volete), morto anche per la mancanza di cure adeguate. L’unicità della figura di Craxi, nell’azione di governo e negli eventi successivi, insomma, ancora non è pienamente compresa.
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Foto dell’autore dall’archivio Getty