La peste arrivò in Europa nell’ottobre 1347, su una nave proveniente dalla Crimea che attraccò a Messina carica di marinai morti o moribondi. Si diffuse molto in fretta e uccise circa un terzo dell’intera popolazione europea. Fino a tutto il Seicento, l’Europa ha dovuto convivere con ondate pressoché regolari di epidemia; la popolazione europea ha impiegato quattro secoli a tornare ai livelli precedenti il 1350. La peste ha dunque impresso un segno fortissimo e decisivo sulla vita europea nell’età moderna. Questo volume sintetizza la storia della “morte nera” e del suo impatto sull’Europa.
Inutile nascondermi: ho riletto questo preziosissimo libro proprio per gli eventi attualmente in corso. La Storia è maestra di vita e studiare la reazione delle generazioni precedenti di fronte a guerre, epidemie, rivoluzioni e cambiamenti climatici è estremamente utile per capire il presente e, magari, gettare una luce sul futuro immediato.
L‘attuale pandemia di COVID-19 (ahimè molto virulenta in Italia) non ha la letalità della peste nera; tuttavia, potrebbe avere delle influenze sociali ed economiche di portata gigantesca. Vale quindi la pena studiare cosa fece l’uomo del ‘300 di fronte all’irruzione della peste nera per avere un’idea di cosa accadrà nei prossimi anni.
Passiamo al libro. Nello spazio di sole 180 pagine i due autori riescono a sintetizzare efficacemente e con profondità tutta la storia della grande pandemia di peste bubbonica, dagli esempi antichi (la peste tucididea di Atene, quella antonina di Marco Aurelio e quella giustinianea del VI secolo d.C.) fino agli ultimi focolai in epoca moderna: non solo quindi il tragico episodio di Marsiglia del 1720 (ultima grande pestilenza in Europa Occidentale) ma anche la terza ondata pandemica a cavallo tra ‘800 e ‘900 che ha interessato l’India e le altre regioni asiatiche.

Nel mezzo, sono approfondito moltissimi aspetti. Dopo l’introduzione, il primo capitolo è dedicato ovviamente alla grande pestilenza del 1347-1353, che colpì l’intera Europa falcidiando circa un terzo della popolazione. Gli autori quindi si occupano, nei due capitoli successivi, della difficilissima convivenza degli europei con la peste nera. Nel ‘400, infatti, la peste divenne endemica nell’intero continente. In ogni città la peste si presentava con cadenza meno che decennale. Un individuo di quarant’anni poteva aver visto nel corso della sua esistenza almeno due o tre episodi pandemici!
Alla fine del XIV secolo la peste, com’era abbastanza evidente a tutti, era ormai un aspetto ricorrente e distruttivo dell’esistenza. La peste nera non aveva rappresentato tanto un’orribile catastrofe, quanto piuttosto una brutale iniziazione a una nuova durevole minaccia, un morbo pestilenziale che con ciclicità scatenava la danza macabra in tutta Europa, lasciando dietro di sé comunità devastate.
Faccio una riflessione a margine: è straniante pensare che il Rinascimento, un’epoca di bellezza e gioia per antonomasia, sia proprio l’epoca in cui questo morbo colpisce con cui più virulenza l’Italia. Forse, fu proprio il senso di angoscia indotto dall’aleggiare della morte nera a favorire il clima di “rinascita” del’ 400. Fine della riflessione.

Il vero grande merito degli autori, che costituisce anche il filo conduttore di tutto il libro, è lo sforzo di spiegare la reazione delle diverse società colpite dalla peste alla luce della stato delle conoscenze che gli uomini dell’epoca avevano.
Essi infatti attinsero ai testi di storia e alle Scritture nel tentativo di trovare precedenti della pestilenza e di capire come contenerla e curarla.
La società del ‘300 era fortemente religiosa. Capire le modalità di trasmissione del contagio era altrettanto importante che capire la causa della sua apparizione. La prima risposta, ovviamente, fu che la peste era la punizione di Dio per certi peccati e comportamenti pubblici come l’immoralità, la sodomia, l’usura e così via. Le civiltà islamiche, invece, in ossequio ad un principio di onnipotenza assoluta di Allah, ritenevano come fosse inutile contrastare la peste. Essa era un segno divino e chi la contraeva doveva semplicemente accettarla. Fuggire dalla propria città (come capitava in ogni città del mondo appena si diffondeva notizia dell’apparizione del morbo) era anzitutto un comportamento non da buon mussulmano.

I dotti dell’epoca discussero a lungo sulle modalità di trasmissione della peste. In questo caso, gli europei del ‘300 furono “sfavoriti” dalle errate teorie degli antichi. Autori classici come Ippocrate e Galeno credevano che il morbo si propagasse nell’aria, da dove poi attaccava il corpo alterandone i livelli ottimali di “umori”. Altri dotti dell’epoca sostennero invece, di fronte all’evidenza empirica, la diffusione per contagio da malato a malato, ma non ottennero mai l’approvazione universale. E’ sconsolante pensare che, nel corso di quattro secoli, le conoscenze mediche fecero pochissimi passi avanti in tal senso. La catastrofe della peste di Marsiglia del 1720 (cui gli autori dedicano un capitolo molto approfondito, dove traggono il resoconto direttamente dalle fonti primarie) fu possibile anche per gli errori di diagnosi dei medici e per il loro insistere che la “frutta andata a male” avesse sviluppato la pestilenza!
Nonostante tutto, la necessità di separare i malati dai sani divenne presto evidente. La conseguenza più importante di ciò fu la nascita di procedure e protocolli da adottare in caso di apparizione del morbo (la quarantena) e la creazione di strutture apposite per isolare i malati (i lazzaretti, già esistenti per isolare i lebbrosi, furono ampliati). Le conseguenze di questi provvedimenti furono sociali, politiche ed economiche. Bisognò infatti creare magistrature extra-ordinamento (i famosi uffici di Sanità) dotate di ampi poteri di controllo e prevenzione. I lazzaretti doveva essere tenuti in efficienza per lunghi periodi di inattività in modo da essere pronti ad accogliere migliaia di malati durante il picco dell’episodio pandemico. Il risultato è ovvio: solo le città più ricche e gli stati più organizzati poterono prendere tali provvedimenti.

Nel ‘400 l’Italia era il paese più ricco economicamente e culturalmente d’Europa, perciò furono proprio le città italiane del centro-nord ad essere all’avanguardia nella prevenzione della pese. Il modello italiano fu adottato solo tardivamente nel resto d’Europa (molto tardi in Inghilterra, ad esempio).
Il libro si conclude descrivendo in dettaglio due episodi di peste: Londra (1665), Marsiglia (1720) e le ultime pandemie globali a cavallo tra XIX e XX secolo.
Che lezione si può dunque trarre dalla lettura di questo libro? Nel momento in cui scrivo (inizio aprile 2020), le analogie tra peste nera e COVID-19 sono lampanti tranne, per nostra grande fortuna, la letalità. Non mi addentro in previsioni che esulano dalle mie conoscenze (ho fatto studi scientifici ma non medici). Posso però fare la supposizione che con il COVID-19 ci conviveremo a lungo e, come le ondate di peste che colpirono con ricorrenza di pochi anni tutte le città europee tra ‘300 e ‘700, così sarà negli anni futuri. La scienza medica troverà, mi auguro, una soluzione; fino ad allora, tuttavia, le certezze sono davvero poche.

Non possiamo ignorare il piano sociale ed economico. La storia ci dice che i governi (comunali, signorili, repubblicani o monarchici che fossero), quando poterono, diedero la priorità alla preservazione dell’ordine esistente. La loro priorità fu, quasi sempre, impedire che la peste sconvolgesse la società e distruggesse l’economia. Lo scopo della quarantena, dei lazzaretti e delle leggi speciali era anche salvare vite tramite la limitazione del contagio ma soprattutto impedire l’esodo degli abitanti dalla città colpita, la cessazione di ogni attività lavorativa e il crollo delle strutture amministrative. E’ doveroso però ricordare che proprio la smania di salvare l’economia, passando anche sopra al rischio per delle vite umane, condannò Marsiglia nel 1720.
Infine, una riflessione più generale e filosofica: l’attuale pandemia, come la peste medievale, ci ricorda che la capacità dell’uomo di cambiare il mondo attorno a sé, prevedere il futuro e forgiare il proprio destino è drammaticamente limitata: chi mai avrebbe previsto, solo pochi mesi fa, che la questione politica centrale del mese di aprile sarebbe stata la carenza di mascherine sanitarie?
Eppure ciò è accaduto: qualcosa di totalmente imprevedibile a chiunque.
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