
Barcellona, XIV secolo. Nel cuore dell’umile quartiere della Ribera gli occhi curiosi del piccolo Arnau sono catturati dalle maestose mura di una grande chiesa in costruzione. Un incontro decisivo, poiché la storia di Santa Maria del Mar sarà il cardine delle tormentate vicende della sua esistenza. Figlio di un servo fuggiasco, nella capitale catalana Arnau trova rifugio e quella sospirata libertà che a tutt’oggi incarna lo spirito di Barcellona, all’epoca in pieno fermento: i vecchi istituti feudali sono al tramonto e mercanti e banchieri in ascesa, sempre più influenti nel determinare le sorti della città, impegnata in aspre battaglie per il controllo dei mari. Intanto l’azione, dell’Inquisizione minaccia la già non facile convivenza fra cristiani, musulmani ed ebrei… Personaggio di inusuale tempra e umanità, Arnau non esita a dedicarsi con entusiasmo al grande progetto della “cattedrale del popolo”. E all’ombra di quelle torri gotiche dovrà lottare contro fame, ingiustizie e tradimenti, ataviche barriere religiose, guerre, peste, commerci ignobili e indomabili passioni, ma soprattutto per un amore che i pregiudizi del tempo vorrebbero condannare alle brume del sogno…
Questo romanzo di Ildefonso Falcones mi ha guardato a lungo dallo scaffale della biblioteca. Il fatto che fosse stato, una decina di anni fa, un bestseller clamoroso mi tratteneva dal prenderlo. Alla fine però mi sono deciso: da lettore di Arturo Perez-Reverte mi interessava l’ambientazione spagnola e medievale.
Il primo impatto non è stato dei migliori. Le prime 50 pagine mi hanno contrariato per un semplice motivo: la trama prende avvio con un episodio di ius primae noctis. C’è un contadino benestante che si sposa, il signore feudale che capita al banchetto per caso, vede la bellezza della donna e decide di esercitare, nel silenzio e nella sottomissione generale, questo suo “diritto”… qui sotto, al minuto 1 o giù di lì, Alessandro Barbero bacchetta proprio Falcones per questo suo “scivolone”.
Nel corso degli anni ho sviluppato l’orticaria per espressioni tipo “roba da medioevo”, “mica siamo nel medioevo” eccetera, insomma per il pregiudizio anti-medievale basato perlopiù basato sulle distorsioni, le dicerie e le menzogne creato da quelli che sono venuti dopo. Quando poi questo campionario di antistoricità viene propinato ad un ignaro pubblico di massa divento violento…no, scherzo. Sulla storicità del romanzo e della sua ambientazione tornerò dopo.
Procediamo con la trama. L’inizio, già raccontato, è narrativamente forte ed è determinante per i nostri protagonisti. Il contadino, Bernaut Estanyol, è costretto alla fuga verso Barcellona con suo figlio, il piccolo Arnau, mentre sua moglie Francesca viene “rapita” dal signore feudale…Barcellona e la cattedrale di Santa Maria del Mare, la cui costruzione è appena iniziata, ecco i veri protagonisti del romanzo. Attorno alla città e alla nuova costruzione si intrecciano numerosi altri personaggi e vicende. Il romanzo quindi ha una andamento episodico, che a volte mi ha dato un senso di incompiutezza, perchè molte vicende vengono sbrigate in poche pagine. Dall’altra parte questo ha permesso all’autore di raccontare davvero tante cose sulla vita nel Medioevo. Il ritmo non è serrato; non essendo un thriller questo non è per forza di cose un difetto. Dipende dal gusto personale.

Le prima metà del romanzo è migliore della seconda, quando la trama ha una svolta poco credibile, a mio giudizio. C’è anche una certa ripetitività. Senza aggiungere altro, dirò che non mi piace quando il protagonista compie qualcosa di sbagliato nei confronti di qualcuno e invece di essere punito o almeno odiato, continua ad essere amato. E le coincidenze…un paio sono molte grosse e a me non piacciono (in questo articolo sulla scrittura ho spiegato il perchè). Il finale, tuttavia, ha la giusta quantità di scene madri che dipanano tutti gli intrecci tessuti per 600 pagine (e un arco temporale di decine di anni). Tutto giunge a compimento: le vicende dei protagonisti come la costruzione della cattedrale. Falcones non perde mai la bussola nonostante le decine di personaggi che compaiono. Seguiamo sempre le vicende di Arnau o quelle del suo amico Joan. Di tanto compaiono punti di vista secondari ma interessante: una donna, uno schiavo moro, una nobile.
Come è raccontata la Storia nella trama? In molti modi. Le vicende dei protagonisti sono un modo: Bernaut scappa a Barcellona perchè le particolari leggi della città lo avrebbero posto al riparo dall’ira del signore feudale; la peste sconvolge le gerarchie sociali e chi prime era in basso può finire in alto…però l’autore si dilunga anche in spiegazioni storiche, come se fossimo in un libro divulgativo: a me quest’ultime parti piacciono lo stesso perchè sono un maniaco della storia, ma non tutti potrebbero trovarle interessanti.

Lo stile. Falcones scrive in modo semplice e questo è un pregio. Non ho mai faticato nella lettura nonostante le 600 e passa pagine. Le descrizioni, però, sono molto scarne e limitate solo agli elementi principali (come la cattedrale). Ci sono pochi “bassi”, insomma, ma anche pochi “alti” nelle descrizioni, pochissime metafore od immagini poetiche: alla lunga se ne sente la mancanza. E’ un qualcosa che non mi so spiegare soprattutto perchè l’autore dimostra di saperci fare (le descrizioni della cattedrale sono magnifiche). Un aspetto molto positivo è la gestione della telecamera, che passa dal narratore onnisciente alla terza persona e alla prima persona senza mai alcun difficoltà o incertezza. Non c’è modo migliore di rendere i pensieri dei protagonisti. La cattedrale del mare è uno dei migliori romanzi mai letto, sotto questo particolare aspetto tecnico. Se dovessi scrivere un articolo tecnico sulla gestione del punto di vista, Falcones sarebbe uno dei riferimento positivi.
Torniamo al discorso della storicità. Lo ius primae noctis mi aveva allarmato. Sono andato avanti nella lettura con i sensi al massimo. Fortunatamente, quell’incidente si è rivelato un unicum. La vita nella Barcellona del 1300 è descritta in tutti i dettagli. Veniamo immersi nel mondo medievale. L’economia, in particolare, si dimostra campo di competenza dell’autore, che descrive bene i diversi sistemi monetari dell’epoca e le relative speculazioni; il commercio terrestre e marittimo; il sistema delle corporazioni e della maestranze; l’interazione tra campagna e città e il ruolo della borghesia. Mi ha fatto piacere il sentimento religioso del protagonista, spiegato in modo semplice e aderente all’epoca. Ho tremato per un attimo quando è apparsa l’Inquisizione. Il rischio di sbarellare era troppo forte: se è passato lo ius primae noctis, ti pare che l’autore resiste dall’inserire torture e roghi ad ogni angolo? E invece no, il metodo procedurale dell’Inquisizione è rappresentato in modo corretto e quindi lontano dai toni facilmente sensazionalistici della leggenda nera.
Ci sarebbero molte altre cose da dire: la peste, i ghetti ebraici, la politica e le guerra tra Aragona e Castiglia), ma non voglio dilungarmi. Spero questo vi permetta di capire che in questo romanzo c’è tanta tanta tanta storia. E’ un buon punto di partenza per dei successivi approfondimenti sul periodo.
Dunque, che voto? Il romanzo è ottimo per la Storia che contiene, troppo lungo per la trama che racconta; il suo stile rischia di essere troppo monocorde dopo 600 pagine. Però mi ha lasciato qualcosa, alla fine: il romanzo è il racconto di tutta la vita di Arnau e quindi ho imparato molto sulla vita nel Medioevo. Delle vicende dei protagonisti mi rimarranno più alcuni episodi che il loro percorso complessivo. Se siete curiosi di Storia e sapete poco o nulla della Spagna medioevale o se considerate il ritmo dell’intreccio narrativo secondario allora questo romanzo fa per voi.
VOTO: 4-/5
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