Avvertenza: il termine bizantino, applicato alla parte orientale dell’impero romano che sopravvisse fino all’anno 1453 è un’attribuzione scorretta, ma la userò perchè comune.
Oggi parliamo di un grande imperatore romano (o bizantino, fate voi), Niceforo Foca. Il suo regno fu breve (963-969) ma di importanza fondamentale. Fu sotto il suo comando, prima come domestikos dell’imperatore Romano II e poi come basileus, infatti, che l’impero d’oriente iniziò un periodo di grande espansione che lo portò a recuperare alcuni dei territori perduti secoli prima. La sua opera sarà proseguita dai successori Giovanni Zimisce e Basilio II. Nonostante ciò, la sua morte avvenne in circostanze tragiche a seguito di una congiura di palazzo ordita dalla moglie, l’imperatrice Teofano.
Niceforo, il cui nome “portatore di vittoria” fu quanto mai azzeccato, proveniva da una delle più potenti famiglie nobili dell’Asia Minore. Come ricorda però lo storico Georg Ostrogorsky nella sua famosa Storia dell’impero bizantino:
Né l’aspetto né il contegno del nuovo imperatore tradivano la sua origine aristocratica. Il suo aspetto era poco attraente, il suo carattere rude e cupo, il suo modo di vita asceticamente semplice. La lotta sul campo di battaglia era la sua vera passione, la preghiera e i rapporti con uomini che conducevano una pia esistenza, il suo unico bisogno spirituale.
Come altri imperatori di Bisanzio prima e dopo di lui (Basilio II l’esempio più eclatante), egli fu monaco e guerriero al tempo stesso. L’impero d’oriente visse in uno stato di continua belligeranza contro i potenti vicini islamici per secoli. La contrapposizione ideologica e religiosa fu sempre molto forte. Niceforo fu un prodotto del suo tempo.

Niceforo nacque attorno al 912. Si sa poco sulla sua giovinezza. E’ accertato che si sposò in giovane età e che dopo pochi anni perse prima la moglie e in seguito il figlio primogenito in un incidente durante il suo addestramento militare. Dagli avvenimenti successivi si può affermare che ciò coincise con un inasprimento del carattere del nostro, che si dedicò sempre più ad uno stile di vita ascetico e monacale. Fece voto di castità e iniziò a seguire una dieta vegetariana (connessa alle pratiche di digiuno proprie del cristianesimo). Sembra che per tutta la vita fu tentata dall’abbandonare il mondo e ritirarsi in monastero.
La sua carriera si dispiegò nel solco tracciato dalla famiglia. La guerra lo accompagnò lungo tutta la vita. Nel periodo 950-960 i Foca detenevano i più importanti comandi militari dell’impero in oriente. Il padre di Niceforo, Barda, era domestikos d’oriente, mentre i suoi tre figli comandavano le truppe dei themata (le province dell’impero bizantino) più importanti: Niceforo comandava l’Anatolia, Leone la Cappadocia e Costantino la Seleucia.

La guerra tra arabi e bizantini nel settore del monte Tauro (il confine meridionale oltre il quale si trovavano Tarso e Adana) era caratterizzata da operazioni a bassa intensità: raid, razzie e imboscate in cui la velocità e la segretezza dei movimenti erano essenziali. Durante una di queste operazioni, le truppe bizantine guidate da Barda Foca vennero sbaragliate (battaglia di Marash del 953) e il giovane Costantino Foca venne catturato. Morirà circa un anno dopo in prigione, in circostanze poco chiare.
La sconfitta comportò un cambio ai vertici, ma il potere della famiglia Foca rimase intatto. Niceforo successo al padre come domestikos d’oriente, mentre il fratello Leone assunse lo stesso titolo in occidente. Gli anni del breve regno di Romano II (959-963) furono caratterizzati dalle imprese militari di Niceforo Foca. Nel 960, una forza imponente (le fonti riportano 27mila tra marinai e rematori e 50mila soldati) sbarca a Creta e pone l’assedio a Candia, capitale di un emirato che da un secolo e mezzo era una base pirata che gettava scompiglio in tutto il Mar Egeo. Dopo sette mesi di assedio (un avvenimento grandioso e terribile su cui tornerò con un altro articolo), la città cade nel marzo del 961. E’ un successo totale per l’impero, ma non frutta il trionfo al nostro a causa degli intrighi dell’eunuco Giovanni Bringa, parakoikomenos di corte ed avversario della fazione aristocratica e militarista che Niceforo incarnava. L’anno successivo ritroviamo il nostro attaccare la Cilicia e saccheggiare la città di Aleppo (24 dicembre 962). Il successo gli valse il soprannome di “pallida morte dei Saraceni”. Tra gli ufficiali si distinse suo nipote Giovanni Zimisce (che vuol dire “il piccolo”), bello ed estroverso, l’opposto del nostro protagonista.
Siamo agli sgoccioli del regno di Romano II. L’imperatore è debole, dedito ai vizi e ai bagordi di corte. Giovanni Bringa, detiene le redini del potere. Romano muore in circostanze non chiarissime nel marzo del 963. La corte è in subbuglio. Inizia la lotta per il potere. L’imperatrice Teofano, bellissima e descritta come astuta e ambiziosa (è additata dell’avvelenamento del padre di Romano, l’imperatore Costantino VII) diventa reggente per i propri figli, Basilio e Costantino, legittimi eredi al trono, ma sa che il proprio potere è precario. Fa chiamare Niceforo a Costantinopoli e gli concede il trionfo negatogli due anni prima. Giovanni Bringia, sentendosi minacciato, tenta di uccidere Niceforo. Il complotto viene scoperto e Niceforo lo denuncia pubblicamente ma la popolazione della capitale non lo ha in simpatia e non insorge. Niceforo lascia la capitale, torna in oriente e solleva l’esercito.

Così racconta Ostrogorsky:
L’astuta imperatrice comprendeva molto bene che questa sistemazione non poteva durare a lungo. Sventando i piani di Giuseppe Bringa, si mise d’accordo con Niceforo Foca. Questi venne proclamato imperatore dalle sue truppe a Cesarea, entrò il 14 agosto a Costantinopoli, ruppe la resistenza di Bringa con una sanguinosa battaglia nelle strade della capitale e il 16 agosto venne incoronato in Santa Sofia. La giovane imperatrice offrì la sua mano al guerriero invecchiato tra le battaglie.
Teofano aveva ventidue anni e Niceforo quarantuno. Non potevano avere estrazione sociale e storia più diversa. Lui, come abbiamo detto, di origine nobilissima, guerriero dalla più tenera età e dedito ad una vita di rigore ascetico. Lei, nata con il nome di Anastasia, era originaria della Laconia, probabilmente di Sparta, ed era la figlia di un taverniere. Aveva fatto fortuna quando l’erede al trono Romano aveva notato la sua straordinaria bellezza e aveva insistito per sposarla nonostante l’opposizione del padre. Non sappiamo molto altro. I pregiudizi degli intellettuali dell’epoca verso una donna bella e percepita come ambiziosa devono aver pesato, ma non possiamo esserne sicuri. Quello con Niceforo fu senza dubbio un matrimonio di interesse politico, con cui il nostro protagonista si assicurò la legittimità al trono imparentandosi con un membro della famiglia imperiale. Alcune fonti avverse a Niceforo dicono che egli fu irretito dalla bellezza di Teofano e che si proclamò imperatore soltanto per possederla. Ciò contrasta con tutte le altre fonti e con la condotta della sua vita. Secondo la mia modesta opinione, la vita ascetica e il voto di castità di Niceforo giocarono per lui un ruolo favorevole: Teofano voleva anzitutto la sicurezza per i propri bambini e un uomo come Niceforo, potente, senza prole e poco propenso ad averne altra, era perfetto.

Comincia così il regno di Niceforo Foca. Da basileus dei Romani, egli non mutò l’atteggiamento avuto fino allora. Piazzò i propri uomini nei posti chiave: suo fratello Leone fu riconfermato domestikos d’occidente, Giovanni Zimisce lo divenne in Oriente. Dedicò tutte le risorse all’esercito e s’impegnò in prima fila in nuove guerre di espansione. Pochi altri imperatori furono così vittoriosi in un periodo di tempo così breve. Sempre Ostrogorsky dice:
Niceforo Foca era completamente posseduto dall’entusiasmo nella lotta contro gli infedeli. La guerra con l’Islam era per lui una specie di missione sacra. Fu lui infatti a richiedere che tutti i soldati caduti in battaglia contro gli infedeli fossero proclamati martiri. Questa richiesta esprimeva con particolare acutezza il sentimento con cui i bizantini guardavano alla guerra contro i musulmani, che essi vedevano come una guerra santa. E questo sentimento agì come un potente fattore stimolante nel processo di espansione dello stato bizantino.
L’avanzata dell’imperatore ruppe il confine del Tauro, che era intatto da secoli. Nei successivi due anni l’intera Cilicia fu conquistata e nel 965 cadde anche Cipro. La via per la Siria era aperta. In due anni di continue battaglie Antiochia ritornò in mano bizantina tre secoli dopo l’occupazione araba.
Anche l’Italia richiese l’attenzione di Niceforo Foca. Nel 962 Ottone era stato incoronato “imperatore dei romani” dal papa Giovanni XII. La tensione tra i due imperi, nata al tempo di Carlo Magno, si rinfocolò quando Ottone tentò l’assoggettamento dei possedimenti bizantini nell’Italia meridionale. L’attacco su Bari fallì ed iniziarono le trattative diplomatiche. Il progetto di Ottone era far sposare il figlio con Anna Porfirogenita, sorella dei giovani Basilio e Costantino, di cui Niceforo Foca faceva le funzioni di tutore.
Questa proposta venne a Bisanzio accolta come uno scherno e le si rispose con uno scherno. L’imperatore bizantino vedeva che con i recenti avvenimenti in occidente gli interessi e il prestigio del suo impero erano danneggiati sotto vari punti di vista.
L’ambasciata germanica fu portata dal vescovo di Cremona Liutprando che venne trattato con sgarbo e tenuto recluso per mesi come un vero e proprio prigioniero. Quando il vescovo tornò in occidente, si lasciò andare ad una descrizione stizzita e in malafede del nostro Niceforo Foca.
Niceforo è un uomo davvero mostruoso. Aveva una statura da pigmeo, con la testa grossa, che sembra una talpa per la piccolezza degli occhi. Imbruttito ancora da una barba corta, larga, folta, brizzolata. Deturpato da un collo alto un dito, con una chioma prolissa e fitta che orna una faccia di porco. Nero di pelle come un etiope, da far paura a chi lo avesse incontrato nell’ oscurità della notte. Grosso di ventre e magro di natiche. Lunghissimo di cosce rispetto alla sua piccola statura, corto di gambe, coi piedi piatti. Vestito con una veste di bisso vecchissima e divenuta, per l’uso quotidiano, fetida e ingiallita, con calzari alla moda di quelli di Sicione. Arrogante nel parlare, volpe per l’ingegno, Ulisse per lo spergiuro e la menzogna!
Sul piano interno, Niceforo non ottenne altrettanti successi. Egli fu percepito dalla popolazione di Costantinopoli e dal clero come un individuo lontano, esponente dell’aristocrazia anatolica, intransigente. Svalutò la moneta e inasprì le tasse per dirottare risorse all’esercito. Si inimicò anche la gerarchia ecclesiastica con una legge che proibiva le donazioni al clero. La contrapposizione con la Chiesa ortodossa fu anche sul piano dottrinale. La mentalità da “guerra santa” portata avanti da Niceforo (espressione di ciò che veniva percepito alla frontiera dell’impero), era respinta nella capitale e giudicata peccaminosa dal patriarca, che proclamava la guerra essere sempre ingiusta.

La situazione si andò inasprendo. Sulla frontiera balcanica l’imperatore ottenne alcuni insuccessi. Non potendo impegnarsi direttamente contro il potente regno bulgaro, ricorse alla più classica delle tattiche bizantine: chiamò i russi guidati dal gran principe Svjatoslav di Kiev contro i bulgari. I russi però ebbero fin troppo successo e arrivarono a minacciare la stessa Costantinopoli.
L’impopolarità dell’imperatore s’accrebbe. Nell’estate del 967 il corteo imperiale fu circondato da una folla ostile e insultato. Sembra che lo stesso imperatore riuscisse a salvarsi dal linciaggio solo grazie al suo sangue freddo e all’intervento delle guardie imperiali. La storia bizantina aveva già conosciuto drammatiche rivolte urbane e Niceforo stesso era salito al potere dopo tre giorni di cruenta lotta tra le strade di Costantinopoli.

Il complotto nacque all’interno della corte imperiale e vide coinvolti due personaggi di primo piano. Giovanni Zimisce, che era stato allontanato dall’imperatore, e l’imperatrice Teofano. Le motivazioni sono chiare. Zimisce voleva vendicarsi del trattamento subito e ascendere al trono; l’imperatrice, vedendo il potere del marito declinare, preferì anticipare la crisi e “guidarla”. I due divennero amanti (ma non è ben chiaro quando ciò avvenne né come accordare questo con l’esilio di Zimisce). Secondo lo storico Leone Diacono, Zimisce riusciva ad entrare e uscire dal palazzo imperiale tramite dei passaggi segreti. Il piano prevedeva di far entrare uomini armati tramite questi passaggi e uccidere l’imperatore. Niceforo venne avvertito del possibile complotto e ordinò di perquisire gli appartamenti delle donne. Senza successo. Teofano allora rassicurò suo marito: ella doveva allontanarsi per alcuni impegni, ma sarebbe tornato assai presto, perciò non valeva la pena chiudere la camera da letto, ci avrebbe pensato ella stessa al suo ritorno. Niceforo si fidava ancora della moglie, che invece lasciò la porta aperta agli assassini.
La cronaca di Leone Diacono ci riporta gli eventi di quella drammatica notte:
Alla quinta ora della notte, un fiero vento del nord riempieva l’aria e la neve cadeva abbondantemente. Giovanni arrivò con i suoi complici nella cospirazione, salpò dalla costa su un vascello leggero e sbarcò nei pressi del Boukoleon, chiamò con un fischio i suoi servitori, che si sporsero dalla terrazza superiore, e fu riconosciuto; questo era il segnato convenuto con gli assassini. Essi calarono da sopra un cestino con delle corde e tirarono su i cospiratori uno alla volta, e infine lo stesso Giovanni. Dopo essere così saliti senza essere scoperti, entrarono nella camera da letto imperiale con le spade sguainate. Quando raggiunsero il letto e lo trovarono vuoto con nessuno che vi dormiva dentro, furono pietrificati dal terrore e tentarono di lanciarsi in mare dalla terrazza. Ma una serva dell’imperatrice li guidò e indicò loro l’imperatore addormentato. Lo circondarono, gli saltarono addosso e lo presero a calci.
Niceforo si vede perduto. Viene ferito al sopracciglio da un colpo di spada. Giovanni blocca i suoi uomini e, secondo la cronaca di Leone Diacono, gli rivolge questo discorso (secondo me inventato e ad uso del lettore):
“Tu, il più ingrato e malvagio dei tiranni, dimmi, non è stato grazie a me che hai raggiunto il governo dei Romani e hai ricevuto un tale potere? Perchè hai gettato tutto questo e guidato dall’invidia e dalla malvagia frenesia non hai esitato a rimuovere me, il tuo benefattore, dal comando delle truppe? Invece hai sprecato il mio tempo in campagna con i contadini, come una persona senza diritti, anche se io sono più coraggioso e vigoroso di te; gli eserciti nemici mi temono e non c’è nessuno che possa salvarti dalle mie mani. Parla, allora, sei hai prove per discolparti da queste accuse!”
Niceforo, terrorizzato o forse rassegnato, invoca ripetutamente l’aiuto della Madonna. Invano. Giovanni Zimisce e i suoi complici lo uccidono in modo violento. Gli afferrano la barba, gli aprono la bocca e Giovanni stesso gli infila la spada fino a trafiggergli il cervello. Dopo aver seviziato ancora per un po’ il corpo morto dell’imperatore, Giovanni si avvia nella sala del trono. C’è un ultimo pericolo: le guardie imperiali accorrono e credendo Niceforo ancora vivo, assediano Giovanni rinchiusosi nella sala del trono. Ecco come la situazione viene risolta:
Giovanni ordinò che la testa di Niceforo fosse portata e mostrata alle guardie del corpo attraverso una finestra. Un uomo chiamato Atzypoteodoro tagliò la testa e la mostrò al gruppo turbolento di uomini. Una visione così mostruosa e incredibile fece loro abbassare le spade, cambiare atteggiamento e con una sola voce proclamare Giovanni imperatore dei Romani.
Il regno di Zimisce fu breve e altrettanto glorioso quanto quello del suo predecessore. Non stupisce sapere che egli, invece di associare Teofano al trono, la allontanò e la esiliò. La giovane e bella imperatrice aveva fatto male i suoi calcoli, per una volta (tornerà a Costantinopoli solo dopo la morte di Zimisce).
Così moriva Niceforo Foca, uno dei più valorosi imperatori romani d’oriente, espressione del ceto più militarista dell’impero bizantino. Egli aprì il secolo d’oro della potenza bizantina, che tornò ad espandersi su tutti i fronti. Sarà proprio il crollo di questo potenza, dopo la sconfitta di Manzikert del 1071, ad innescare indirettamente le crociate occidentali in Terrasanta.
Parlerò di nuovo di Niceforo per approfondire le sue campagne (come la conquista di Creta) e le sue riforme militari (fu autore di un importante manuale militare).
BIBLIOGRAFIA
Ostrogorsky Georg, Storia dell’impero Bizantino, Einaudi
https://ilcantooscuro.wordpress.com/2018/03/25/la-linguaccia-di-liutprando/
http://www.medievalists.net/2017/06/murder-byzantine-emperor/
http://www.imperobizantino.it/tag/niceforo-foca-ii/
http://joantoedox.it/rubricabizantina.html
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