Il Colosseo va ricostruito? Riflessioni sulle “Rovine antiche”


Lo ammetto: il titolo è una provocazione volta ad introdurre una riflessione più seria, affacciatasi alla mia mente dopo aver visitato la ricostruzione della statua colossale di Costantino, da poco in esposizione nei giardini dei Musei Capitolini. Della statua dell’imperatore, come è noto, sopravvivono pochi ma imponenti frammenti, che danno un’idea della grandezza originale della statua. Ho già commentato altrove la liceità dell’operazione, non priva di criticità. Nel parlare con alcuni conoscenti ho notato opinioni molto contrastanti: alcuni hanno criticato l’operazione come adatta più agli studi di Cinecittà che non ad un’istituzione museale; altri invece ne sono stati entusiasti perché finalmente potevano vedere un’opera così come appariva nell’antichità, quando venne originariamente concepita.

Ciò che resta del Colosso di Costantino.

Ciò che ho notato è che nel gruppo degli “oppositori” vi erano quasi tutti italiani ed europei; gli “entusiasti”, invece, erano soprattutto stranieri di paesi più lontani, in particolare di paesi asiatici.
Di fronte a questa divergenza di opinioni, al di là del particolare caso della statua di Costantino (collocata in un contesto non storicamente accurato, bisogna dire e con alcuni pannelli informativi su cui ho avuto dubbi) la domanda è sorta spontanea: gli antichi monumenti e le antiche opere, che siano in rovina o ridotti in frammenti, vanno ricostruiti ed eventualmente riutilizzati? Tale discorso esclude quei monumenti per cui si ha una continuità d’uso con l’epoca antica (penso all’Arena di Verona).

La ricostruzione contemporanea

Non riesco a dare una risposta univoca in un senso o nell’altro. Intervenire direttamente su resti e rovine antiche è molto rischioso, se non è fatto con criterio: la Storia è piena di simili scempi, a volte persino eseguito in buonafede. In realtà, la risposta a questa domanda ne comporta un’altra, che ad essa è strettamente collegata. Quale ruolo, mi chiedo, hanno le “rovine antiche” nella nostra società? Non parlo certo da un punto di vista economico, cioè legato al turismo e ai suoi introiti, perché per quanto importante tale aspetto dovrebbe essere secondario. La mia personale impressione è che le rovine antiche, oggi, siano ormai ridotte a ciò che sono, cioè rovine. Quale rapporto ha la società moderna con esse? Tra esse vengono trascinate scolaresche annoiate e distratte; forniscono materiale di ricerca per studiosi del settore, che possono così riempire pagine su pagine con articolo specialistici che mai giungeranno al grande pubblico; a volte costituiscono persino lo sfondo di eventi “pop” e “mondani” che magari nulla hanno a che fare con la storia del particolare sito.
Non è un quadro incoraggiante.

Così potrebbe apparire, oggi, il Colosseo ricostruito…

La mia impressione, insomma, è che le “rovine antiche” nel nostro mondo occidentale siano nient’altro che fonte di reddito turistico, sfondo di eventi di altro genere o persino un pretesto che dia un senso di esistenza a strutture accademiche spesso autoreferenziali. Cosa ne risulta? Che al di là delle persone direttamente coinvolte in queste operazioni, le “rovine antiche” non abbiano alcun significato particolare per il resto delle persone, che non hanno né l’interesse né gli strumenti per connettere se stesse e il proprio vissuto con le rovine antiche e con ciò che esse possono significare.
Come unica eccezione positiva, credo, abbiamo il mondo della rievocazione storica, che si è molto sviluppato negli ultimi anni e che ha l’importantissimo merito (quando le cose sono fatte bene, ovviamente) di unire rigore nella ricerca alla possibilità di divulgazione presso un pubblico più o meno grande.

Un’immagine dal “Natale di Roma” del 2022

Non è così in tutto il mondo. In altri paesi le “rovine antiche” vengono continuamente preservate perché hanno un significato profondo per un particolare popolo, significato che trascende il semplice valore economico. Un esempio che conosco molto bene è quello del Vietnam (da cui provengono molti pareri entusiasti per un’operazione come quella della statua di Costantino). In questo paese, infatti, negli ultimi anni è avvenuta la riscoperta della dinastia dei re “Hung”, primi leggendari sovrani del paese nel periodo più antico, approssimativamente dal 2800 a.C. al 250 a.C. I siti storici di epoca successiva legati al culto ancestrale di questa famosa dinastia, a seguito dei disordini del periodo coloniale e poi bellico, erano in rovina alla metà del ‘900. Dopo l’unificazione del 1975 i templi sono stati restaurati interamente (ma non ho le competenze per dirvi quanto l’operazione sia stata fedele) e ciò anche per rispettare la volontà dello stesso leader nordvietnamita Ho Chi Minh, che visitò la regione due volte (nel 1954 e nel 1962); ciò che importa per il nostro discorso è che oggi questi siti sono l’epicentro della “festa dei re Hung” (Giỗ Tổ Hùng Vương), che vede grande partecipazione popolare e anche le autorità statali rendere omaggio ai primi fondatori della nazione vietnamita.

È evidente, insomma, che in Vietnam quelle che sono “rovine antiche” possiedono una dimensione che non è solo economica e turistica, ma hanno anche un significato reale e spirituale per la società e i suoi membri. Nel periodo della festa, infatti, dall’ottavo all’undicesimo giorno del terzo mese del calendario lunare, ogni mattina, una grande processione di palanchini colmi di offerte di cibo, fiori e incenso profumato si fa strada su per la montagna fino al Tempio, accompagnata da bandiere, stendardi e suonando musica tradizionale. Giovani ragazzi e ragazze in elaborati abiti festivi fanno il viaggio insieme a delegati provenienti da tutto il Vietnam. Questo è in qualche modo riflesso della tradizione, ancora oggi molto viva, di avere in ogni casa un “altare di famiglia”, dove vengono ricordati gli antenati tramite preghiere e piccole cerimonie ricorrenti.

Per concludere, diventa evidente che la risposta alla domanda sulla liceità o meno del restauro delle “antiche rovine” è in realtà una domanda sul senso che hanno questi “resti fisici” dell’antichità per la particolare società in cui sono collocate. Lascio al lettore la risposta; ciò che volevo dare era uno spunto di riflessione perché, per motivi personali, ho modo di confrontarmi con tradizioni culturali tra loro radicalmente molto diverse.


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6 pensieri riguardo “Il Colosseo va ricostruito? Riflessioni sulle “Rovine antiche”

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  1. Anni fa un industriale delle scarpe destino’ diversi milioni, credo 40, per interventi di restauro del monumento, quale traccia ha lasciato? Credo quindi che l’unica cosa da fare sia un restauro totale altrimenti è e rimarrà sempre una rovina.

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    1. Concordo, ma servirà davvero un progetto degno del nome Colosseo, e anche magari una visione di come poi impiegarlo. Allo stato attuale il Colosseo è “turicistizzato”, senza dubbio remunerativo dal punto di vista economico, ma poco altro…

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      1. Secondo me il Colosseo restaurato con le tecniche romane , con materiali usati da loro , senza stravolgere lo stile originario, sarebbe FANTASTICO. Restaurerei anche le terme di Caracalla, i fori imperiali e riporterei diverse zone di Roma al suo splendore antico perchè la memoria de passato DEVE vivere nel presente per diversi motivi. Prima di tutto per la perpetuazione della bellezza e poichè grazie a questo splendore, moltissime menti ed intelletti elevati del futuro, potrebbero ispirarsi a queste MAGNIFICHE architetture. Non dovremo concentrarci solo sul presente , ma anche sul futuro, da dove molti ci potrebbero chiedere perchè la bellezza della storia non avrebbe dovuto essere preservata e donata a tutte le menti di ogni tempo.

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      2. Esatto, sono d’accordo. Allo stato attuale il nostro patrimonio culturale, che è immenso, non può essere solo una fonte di reddito, ma dovrebbe anzitutto essere usato per educare e formare i cittadini di oggi e del futuro…

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  2. Se fosse per me io restaurerei/ricostruirei tutto: il Colosseo, i mercati di Traiano, il Foro Romano ecc.

    Non solo sarebbe un omaggio all’antichità classica, ma anche un modo per dotare Roma di nuovi spazi pubblici, di cui la città ha molto bisogno.

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