Dicembre 1250. Durante una battuta di caccia, Federico di Svevia viene colto da un forte malore e portato nella residenza di Castel Fiorentino. A tutti diviene presto chiaro che le condizioni dell’imperatore non sono destinate a migliorare e che il suo tempo su questa terra sta arrivando al termine. Federico convoca quindi al proprio capezzale il fidato Ahmed Addid, capo della guardia saracena e amico d’infanzia per impartirgli un ultimo ordine: vuole ascoltare il racconto della propria vita e comprendere come il mondo lo ricorderà attraverso l’unica voce che non gli mentirebbe mai. Ahmed ricostruisce così un sincero ritratto del suo signore, lontano dall’immagine che ne hanno i suoi sudditi: la storia di un bambino che cresce tra paure e dubbi, menzogne e rifiuti, fino a diventare prima re e poi imperatore. Una vita all’insegna della forza d’animo e dell’ambizione, tanto grandi da mettere in ginocchio anche la più grande potenza dell’occidente: la Chiesa.

Pagine: 352.
Formato: cartaceo ed ebook.
Editore: Newton Compton.
Link al sito dell’editore.
Non avevo mai letto nulla di Roberto Genovesi. Confesso che la sua trilogia della Legione occulta non mi aveva mai suscitato curiosità a causa degli elementi fantasy della stessa; fantasy, che commisto al genere storico, lo ammetto, mi fa storcere il naso. La lettura de Il leone di Svevia che, è doveroso ricordarlo, è un romanzo storico senza elementi fantasy, mi ha fatto ricredere sulla mia precedente scelta.
Il Leone di Svevia narra la vita di Federico II, re di Sicilia, sacro romano imperatore e Stupor mundi. L’autore non si concentra su un singolo episodio biografico, ma ha l’ambizione di narrarla per intero. La struttura del romanzo mi ha affascinato: la scelta più pigra sarebbe stata quella di fare una narrazione lineare, magari condita da un banale prologo ambientato poco prima della morte dello stesso: è la cornice narrativa più comune usata dagli scrittori. Nel romanzo di Genovesi la cornice c’è, ma non è semplice cornice: il romanzo è infatti il racconto degli ultimi giorni della vita di Federico II, ormai debilitato da varie malattie fra cui la dissenteria, che egli trascorre con il fedele amico saraceno Addid, sua guardia del corpo, personaggio di finzione ma rappresentante il legame curioso di Federico con il mondo islamico. I due così ripercorrono la vita del sovrano.

Nel farlo, Genovesi mostra grande abilità nell’alternare diversi registri; a volte abbiamo la prima persona di Federico stesso, a volta la “seconda persona” (scelta inconsueta ma affascinante) dello stesso Addid. La narrazione non è lineare: dopo i primi capitoli, dedicati a Federico bambino e al suo concepimento, gli episodi più famosi del lungo regno dello Stupor mundi sono narrati in ordine sparso. Genovesi non si concentra tanto sulla narrazione degli eventi politici e militari (che comunque, dalla conquista diplomatica di Gerusalemme alla battaglia di Cortenuova, dai matrimoni di Federico al concilio di Lione, non mancano) quanto su Federico, sulle sue idee, sulla sua personalità. È una scelta azzeccata: la personalità di Federico fu veramente straordinaria nel senso letterale, cioè fuori dall’ordinario dell’epoca. La condivido anche considerando la lunghezza del romanzo che non è breve ma neanche un mattone di 800 pagine. D’altra parte, una vita “piena” come quella di Federico, se narrata in dettaglio, avrebbe richiesto non meno di tre o quattro libroni.

Ho apprezzato anche i capitoli brevi dedicati a differenti personalità intellettuali del regno di Federico: sono quasi dei racconti brevi incastonati all’interno della narrazione, che raccontano la storia del matematico Fibonacci, del famoso Pier delle Vigne, il filosofo Michele Scoto e altri.
Spendo meno parole per la ricostruzione storica perché, al contrario dell’epoca romana, sono meno ferrato sull’argomento. Devo però far notare uno “svarione” sopravvissuto ai vari controlli redazionali: ad un certo punto infatti si parla dei “gesuiti”, ordine che però venne fondato solo nel ‘500. Niente di grave, comunque. Per il resto, come detto, il focus è su Federico, più che sulla sua epoca; temo quindi che il lettore meno esperto del periodo potrebbe, in alcuni punti, desiderare che vi fosse stata una trattazione più ampia e magari anche un po’ didascalica.
In definitiva, è un romanzo che consiglio a tutti gli appassionati di medioevo. La penna di Genovesi, mai pigra e monotona, riesce a mantenere l’attenzione viva portando il lettore vicino a Federico II, cioè vicino al più straordinario uomo della sua epoca, mostrandocelo in ogni aspetto della sua vita e del suo pensiero.