Esattamente 410 anni fa veniva pubblicato il Sidereus Nuncius di Galileo Galilei. E’ una delle più importanti opere scientifiche di sempre. Ne approfittiamo quindi per parlare di questa fondamentale opera che, per la novità rappresentata e per lo stupore suscitato, può essere a buon diritto considerata l’avvio della Rivoluzione Scientifica.
Buona lettura!
Nel 1609, Galileo Galilei, docente presso la prestigiosa università di Padova, ha già abbondantemente superato la quarantina, per l’epoca un’eta più che matura. Non ha realizzato grandi scoperte. E’ uno dei tanti accademici dell’Italia dell’epoca.
Nella primavera di quell’anno Galilei viene a conoscenza dell’avvenuta costruzione in Olanda di un nuovo “strumento”:
“col quale le cose lontane si vedevano così perfettamente come se fussero state molto vicine”.[1]
Il nostro fu subito colto da grande frenesia. Il sapere che ciò era possibile fu sufficiente perché, nonostante non si fosse mai dedicato ai problemi dell’ottica, si lanciasse nella costruzione di uno di questi nuovi strumenti. Con l’aiuto imprescindibile del “tecnico” Carlo Mazzoleni, artefice materiale, Galileo poté presentare un primo prototipo al doge di Venezia (estate 1609), che lo ricompensò con la cattedra a vita ed uno stipendio favoloso.
Dal mese di novembre, dopo aver lungamente lavorato al miglioramento dello strumento (un ruolo decisivo fu giocato dalla elevata qualità delle industrie vetrarie veneziane), Galileo lo puntò al cielo in modo pressoché ininterrotto per più di un mese. Il 30 gennaio 1610 affidava già allo stampatore il manoscritto del Sidereus Nuncius, in cui raccoglieva i risultati delle sue osservazioni. Così recita l’incipit:
“Grandi cose per verità in questo breve trattato propongo all’osservazione e alla contemplazione di quanti studiano la natura. Grandi, dico, e per l’eccellenza della materia stessa, e per la novità non mai udita nei secoli, e infine per lo strumento mediante il quale queste cose stesse si sono palesate al nostro senso.“[2]
Il tono entusiasta dell’autore è pienamente giustificato. Nelle 56 pagine dell’edizione originale, Galileo riportava fatti straordinari. La Luna appariva, in modo inequivocabile, non cristallina e non perfetta; le sue macchie, visibili ad occhio nudo ma attribuite fino allora ad imperfezioni dell’atmosfera terrestre, sembravano prodotte da valli e da montagne simili a quelle della Terra.[3]
L’osservazione di altri settori del cielo non fu meno sorprendente: la Via Lattea era costituita da un’infinità di altre stelle[4]. La scoperta più straordinaria di tutte, però, fu la presenza di astri che non ruotavano attorno alla Terra ma a Giove:
“Il giorno sette gennaio, dunque, dell’anno 1610, a un’ora di notte, mentre col cannocchiale osservavo gli astri mi si presentò Giove; poiché mi ero preparato uno strumento eccellente, vidi (e ciò prima non mi era accaduto per la debolezza dell’altro strumento) che intorno gli stavano tre stelle piccole ma luminosissime; e quantunque le credessi del numero delle fisse, mi destarono una certa meraviglia, perché apparivano disposte esattamente secondo una linea retta e parallela all’eclittica, e più splendenti delle altre di grandezza uguale alla loro.“[5]
Galileo osservò Giove e i suoi nuovi astri per più di un mese.
Al termine del Sidereus Nuncius citò esplicitamente il sistema di Copernico.
“Abbiamo dunque un valido ed eccellente argomento per togliere ogni dubbio a coloro che, accettando tranquillamente nel sistema di Copernico la rivoluzione dei pianeti intorno al Sole, sono tanto turbati dal moto della sola Luna intorno alla Terra, mentre entrambi compiono ogni anno la loro rivoluzione attorno al Sole, da ritenere si debba rigettare come impossibile questa struttura dell’universo.“[6]
E’ difficile sottovalutare l’importanza del Sidereus Nuncius. Fu forse il primo “instant book” della storia, in cui Galileo profuse tutto il suo genio scientifico e, aspetto non secondario, le sue capacità di “promotore di se stesso”.
Il libro proiettò il nostro nell’empireo dei grandi intellettuali dell’epoca: brigò per tornare a Firenze, diventare astronomo di corte esente dall’insegnamento e precettore dei figli del Granduca, e l’anno successivo si recò addirittura a Roma, dove iniziò ad introdurre le proprie idee presso gli astronomi gesuiti del Collegio Romano. I dotti religiosi confermarono sostanzialmente le osservazioni empiriche di Galileo, ma non si pronunciarono ancora
Il Galileo di questi anni cruciali (1609-1611), che diedero una svolta alla sua vita non meno che alla storia della scienza e del pensiero [7], è stato variamente descritto: alcuni lo hanno definito un “frustrato” alla ricerca disperata di successo [8], uno che voleva “salire di rango” [9]. Professore ormai anziano (quarantacinque anni, un’età rispettabile per l’epoca), con uno stipendio buono ma inferiore a quello dei suoi colleghi aristotelici, un’amante, tre figli illegittimi e una pletora di fratelli e sorelle da mantenere. Altri invece hanno fatto notare come le scoperte con il cannocchiale non furono altro che la molla che fece venir fuori le convinzioni che egli aveva maturato nel corso degli anni.
Al di là di tutto, si può dire che fu l’esperienza iniziata con la pubblicazione del Sidereus Nuncius a convincere Galileo a lanciarsi nella sua “battaglia culturale” per la nuova scienza, uno degli eventi più importanti della storia dell’umanità.
Parlare dello stato della scienza e della filosofia della natura in quei cruciali anni richiederebbe una lunga trattazione a parte. Per i più interessati ad un punto di vista informato, critico e non banale, che va al di là dei consueti ritratti agiografici (frutto di una storiografia ormai superata), consiglio il seguente sito:
LINK: http://lagrandescazzottatacopernicana.blogspot.com/
Il suddetto blog ha il merito di ripercorrere la storia del dibattito scientifico secondo ciò che si sapeva e si pensava all’epoca, e non secondo quanto si sa e si pensa oggi. Non è una cosa banale: personalmente, non mi è mai capitato di vedere un libro di testo di fisica che riportasse i due modelli esattamente come furono concepiti all’epoca. I modelli copernicano e tolemaico riportati nei vari libri sono semplificazioni basate su un pregiudizio: un modello è buono e l’altro no.
BIBLIOGRAFIA
FESTA E., Galileo. La lotta per la scienza, Roma-Bari, Laterza, 2007.
GALILEI G., Sidereus Nuncius, trad. it. Luisa Lanzillota, Roma, Riccardo Ricciardi Editore, 1953 (ed. orig. Venezia, 1610).
RESTON J., Galileo, Asti, Piemme, 1994.
RANKIN W., Newton, Milano, Feltrinelli, 1996.
NOTE
[1] Festa 2007, pag.59
[2] Galilei 1953, pag.6
[3] Ibid., pagg. 7-8: “Queste macchie alquanto scure e abbastanza ampie, ad ognuno visibili, furono scorte in ogni tempo; e perciò le chiameremo grandi o antiche, a differenza di altre macchie minori per ampiezza ma pure così frequenti da coprire l’intera superficie lunare, soprattutto la parte più luminosa: e queste non furono viste da altri prima di noi. Da osservazioni più volte ripetute di tali macchie fummo tratti alla convinzione che la superficie della Luna non è levigata, uniforme ed esattamente sferica, come gran numero di filosofi credette di essa e degli altri corpi celesti, ma ineguale, scabra e con molte cavità e sporgenze, non diversamente dalla faccia della Terra, variata da catene di monti e profonde valli.”
[4] Ibid., pag. 17: “Quello che in terzo luogo osservammo è l’essenza o materia della Via Lattea, la quale attraverso il cannocchiale si può vedere in modo così palmare che tutte le discussioni, per tanti secoli cruccio dei filosofi, si dissipano con la certezza della sensata esperienza, e noi siamo liberati da sterili dispute. La Galassia infatti non è altro che un ammasso di innumerabili stelle disseminate a mucchi; ché in qualunque parte di essa si diriga il cannocchiale, subito si offre alla vista un grandissimo numero di stelle, parecchie delle quali si vedono abbastanza grandi e molto distinte, mentre la moltitudine delle più piccole è affatto inesplorabile.”
[5] Ibid., pag. 19.
[6] Ibid., pag. 27.
[7] E’ doveroso ricordare che, in generale, Galileo raramente fu il “primo” ad osservare o scoprire i cieli. Altri avevano puntato il cannocchiale poco prima o in contemporanea con le sue osservazioni: ma ciò è importante solo ai fini della cronaca. Fu egli, e non altri, a fare di tutto per diffondere le nuove scoperte e ad avviare la “battaglia culturale” perché un nuovo metodo di conoscenza della realtà trionfasse.
[8] Reston 1994, pag.120.
[9] Rankin 1996, pag. 62.
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