[SAGGIO] La grande storia della guerra (4) – John Keegan

BIO2483Che cos’è la guerra? Il semplice “proseguimento della politica con altri mezzi”, come riteneva l’illuminista barone von Clausewitz, oppure una necessità profonda e oscura, legata a quell’irrazionale istinto di morte cui Freud condanna la specie umana?

La grande storia della guerra di John Keegan non è un semplice saggio di storia militare. La narrazione e la ricostruzione di battaglie non occupano la parte centrale di questo libro. E’ invece un’opera multidisciplinare in cui si fa ricorso ad un ampio spettro di conoscenze, fonti, studi: dall’economia all’antropologia, dalla psicologia alla geografia. Obiettivo: esplorare ogni aspetto con cui la guerra si è manifestata e studiare le possibili cause della sua origine.

L’opera è lunga (ma non lunghissima) ed estremamente densa di informazioni, teorie, fatti; pertanto suddivido l’articolo in ben 5 parti (!), tanti quanti sono i capitoli del libro:

  1. La guerra nella storia dell’uomo.
  2. La pietra.
  3. La carne.
  4. Il ferro.
  5. Il fuoco.

Questi articolo sono quindi riassunti del libro con, di tanto in tanto, un mio commento o una mia opinione. Dopo aver trattato i primi tre capitoli (qui, qui e qui), oggi è il turno del quarto: il ferro.

IL FERRO

Premetto subito che questo è, finora, il capitolo meno ispirato che ho letto. Perlopiù è un riassuntone di storia antica e medievale. I contributi originali di Keegan sono molto pochi e, soprattutto, sono frammentati. Non è un buon modo di fare storia prendere solo i fatti che si accordano alle proprie idee. Avrei preferito un’esposizione più stringata ma organica. Ci sono anche alcuni errori e strafalcioni. Posso ammettere una svista su una data (la battaglia di Adrianopoli del 396) ma non affermazioni come “la flotta persiana sconfisse quella ateniese nella guerra del Peloponneso.” Senza dubbio i persiani pagavano la flotta spartana, ma era una flotta spartana (greca, insomma) non persiana! Altri errori: la Dacia viene identificata come la moderna Ungheria (altra svista oppure no?). Keegan sbaglia anche quando parla di un cambiamento nel sistema di reclutamento romano in epoca repubblicana: dalla leva universale al dilectus. Nonostante questo il filo espositivo non viene perso, come dirò nella conclusione.

I greci e il ferro

La scoperta della tecnica per lavorare il ferro permise all’uomo di usare uno dei materiali più diffusi sulla terra. Il bronzo, invece richiedeva rame e stagno, che è molto raro. Tuttavia, il ferro non veniva fuso (temperatura richiesta troppo alta per i mezzi dell’epoca) ma veniva lavorato a partire da una sorta di grumo caldo e pulsante. La fine del regno ittita, attorno al 1200 a.C., sparse in tutto il mondo i fabbri che avevano tale conoscenza.

Proprio il ferro è, probabilmente, alla base dello sconvolgimento che plasmò la Grecia. I Dori invasero la Grecia, si presero le terre migliori, ne asservirono gli abitanti e li fecero lavorare come schiavi. Fu questo modello di conquista e colonizzazione che portò alla nascita della città-stato. Fu a Creta, attorno all’800 a.C. che entrarono in vigore le prime costituzioni note.

Un aspetto straordinario di queste costituzioni cretesi era la dedizione dei cittadini non già al proprio gruppo familiare, ma solo allo Stato… chi non faceva parte della classe dei guerrieri occupava vari livelli subordinati.

Questo modello si diffuse a tutta la Grecia. A Sparta raggiunse la forma più estrema nel rapporto numerico dominanti e dominante (laddove nelle altre città il numero di schiavi era più basso di quel che si pensa comunemente).
Alla fine, l’abbondanza di ferro, la presenza di molti uomini in grado di usare queste armi e altre condizioni geografiche e sociali portarono al maggior contributo dei greci all’arte della guerra occidentale: la nascita del concetto (clausewitziano) di battaglia decisiva. Secondo Victor Hanson fu proprio questa scoperta a portare infine l’Occidente a dominare il globo.

La guerra per falangi

La battaglia decisiva tra due falangi nasce da più fattori. Anzitutto, il periodo dell’anno in cui si può invadere il territorio nemico e arrecare danno è molto ristretto: poche settimane durante i mesi tardo-primaverili, quando le messi di grano sono mature e pronte per essere bruciate. Se l’invasione si svolge in un qualsiasi altro momento, la devastazione sarà molto minore (sradicare viti e olivi richiede molto tempo). In secondo luogo, i Greci possedevano già una concezione agonistica e sportiva, esemplificata nelle Olimpiadi. Infine, era interesse anche dell’attaccante quello di non lasciare i propri campi troppo a lungo incustoditi.

La soluzione fu lo scontro rapido, decisivo e cruento, qualcosa che il mondo, abituato alle tattiche elusive e procrastinatrici delle precedenti civiltà non aveva mai visto. Oplita e arciere a cavallo della steppa: due mondi e due modi di fare la guerra totalmente diversi.
Tuttavia le battaglia tra opliti mancavano spesso dell’inseguimento e dell’annientamento del nemico. Fattori culturali e sociali impedivano quella che potremmo chiamare la “risoluzione clausewitziana ad una battaglia clausewitziana.” Keegan dice che il tremendo sforzo mentale di concepire la guerra “faccia a faccia“, la morte da infliggersi negli occhi, era così eccessivo che veniva accettata solo per il comune desiderio di farla finita subito e che l’idea di “distruzione totale” del nemico andava troppo oltre.

ImmagineMaratona
La carica degli opliti alla battaglia di Maratona, illustrazione di Richard Hook

La battaglia di Maratona vide proprio lo scontro tra due concezioni di guerra che non potevano non essere più diverse. Erodoto, nelle Storie, afferma che il comandante Mardonio fu sconvolto dalla sete di sangue degli opliti greci che caricarono l’esercito persiano: un tipo di guerra che non aveva mai visto.

La Macedonia e il momento più alto della falange

L’inconcludenza sostanziale degli scontri tra opliti portò all’esaurirsi delle città-stato greche e all’emergere della Macedonia. La sarissa, più lunga della semplice lancia, permetteva di schierare più soldati. Filippo e Alessandro, inoltre, rivoluzionando la cavalleria, le diedero uno spirito di corpo e tribale che era assente nelle altre città greche. La conquista della Persia fu la conseguenza di ciò che era iniziato a Maratona: la superiorità della guerra simil-oplitica su ogni altra. Alessandro vi aggiunse il suo incredibile coraggio nel puntare, in ogni battaglia campale, allo scontro con il comandante nemico.
L’unica notazione interessante è quando Keegan dice che Alessandro fu anche fortunato come tempistica. Al contrario dei bizantini mille anni dopo, non si trovò di fronte esperti guerrieri a cavallo temprati da una forte fede religiosa.

Roma, la casa madre degli eserciti moderni

Ho trovato questo capitolo molto confuso. Non ho i titoli per dare giudizi ma la mia impressione di semplice appassionato di storia è che Keegan non conosca bene la storia romana. Questo dubbio mi era già venuto nell’intermezzo Le fortificazioni (di cui non ho parlato), dove il contributo romano all’arte dell’assedio era pressoché ignorato.
Ci sono molte affermazione che mi suonano come imprecise. Il salario versato ai legionari a partire dal III secolo viene visto come l’inizio della separazione tra censo e leva militare. La riforma manipolare viene attribuita allo scontro con i galli (invece che con i sanniti). Keegan poi si chiede le ragioni dell’imperialismo romano in Italia e dice che l’Italia era una regione in buona parte povera. Non sono d’accordo.  Di imperialismo romano si inizia a parlare per le conquiste fuori dall’Italia, quando Roma crea il nuovo istituto delle province. Le conquiste in Italia erano molto diverse. L’Italia non era affatto povera.

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Rievocazione moderna di un centurione romano. I centurioni furono la spina dorsale delle legioni e sono tuttora esempio per i moderni sottufficiali.

Keegan poi si contraddice nel giro di due pagine. Prima afferma che la ferocia romana (esemplificata dal massacro dei civili di Cartago Nova nel 209) era paragonabile a quella mongola e timuride; poi lo nega una pagina dopo. Non ho consultato il testo originale, perciò può darsi che sia un’imprecisione di traduzione.

Nel capitolo poi Keegan prosegue con un riassuntone di storia fino alla caduta dell’impero. Le parti che ho trovato interessanti sono queste:

  1. La modalità di combattimento dei legionari, basata sul gladio, era più violenta di quella oplitica, che era già un gradino sopra il modo di combattere orientale.
  2. L’eredità militare di Roma è il centurionato, cioè l’istituzione di un solido corpo di sottufficiali, i primi militari di carriera. I reggimenti europei dell’età moderna avranno la stessa struttura e la stessa trasmissione dello “spirito di corpo.”

Vengono anche accennate le teorie di Luttwak, ma senza molto approfondimento.

L’Europa dopo Roma, un continente senza eserciti

Anche questa parte procede con un riassuntone di storia. I concetti più interessanti sono:

  1. La sostituzione dell’impero con i regni romano-barbarici segnò anzitutto una smilitarizzazione del continente per incapacità logistica e organizzativa dei vincitori; situazione solo parzialmente “riparata” dai carolingi e dal sistema feudale.
  2. Il cristianesimo permise di resistere alla seconda ondata di invasioni, quelle del IX-X secolo. Magiari e vichinghi furono cristianizzati, ai saraceni e agli arabi furono contrapposte le crociate.
  3. Gli ordini militari religiosi sono gli antesignani dei reggimenti europei moderni. In alcuni casi tale discendenza fu diretta (come per esempio lo stato prussiano che venne fondato a partire dal disciolto ordine teutonico).

Conclusione

E’ stato il capitolo più deludente. Per un buon 60-70% è occupato da riassunti di storia con pennellate di considerazioni strategiche e sociali, troppo isolate per essere convincenti. Ci sono qua e là alcuni errori, soprattutto sul periodo romano. Volendo sintetizzare all’estremo, i concetti del capitolo sono i seguenti:

  1. La larga diffusione di armi in ferro provocò un nuovo gradino di violenza. Uccidere divenne un affare estremamente cruento, come mai nella storia dell’uomo. L’oplita e il legionario ne sono esempi perfetti.
  2. I greci crearono il concetto di battaglia risolutiva o (in termino moderni) battaglia clausewitziana, concetto fondamentale per la storia militare occidentale. I romani contribuirono creando un esercito professionistico e permanente, altamente specializzato, e i primi militari di carriera.

Appunto alla prossima settimana con l’ultima parte de La grande storia della guerra: il fuoco!



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Copertina

Fine del I secolo d.C. L’imperatore Domiziano, che si fa chiamare con l’appellativo di “dominus et deus”, annuncia la sua visita in una città del nord Italia. Per festeggiare l’evento, ordina che siano preparati in suo onore dei giochi tra gladiatori. Il nobile Gaio Valerio, organizzatore dei giochi, deve soddisfare la volontà dell’imperatore di veder combattere una gladiatrice. La prescelta è Eilis, schiava di origini britanniche che nell’arena si è guadagnata il soprannome di Fenice. Le richieste imperiali però non si fermano qui…

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