[RECENSIONE] Le cronache delle spade di Inazuma: la figlia della spada – Steve Bein

 

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Bella copertina, ma appare solo la spada!

Oshiro Mariko è l’unica detective donna del Dipartimento della polizia metropolitana di Tokyo, ed è costretta a lottare per guadagnarsi ogni grammo di rispetto. Decisa a investigare sul narcotraffico della yakuza, si trova invece assegnata a un caso che sembra il meno promettente della sua carriera: il tentato furto di un’antica spada. Il proprietario della spada, il professor Yamada Yasuo, sostiene che sia stata forgiata dal leggendario maestro Inazuma: le sue lame, secondo alcuni, possiedono qualità magiche e hanno il potere di incidere sul destino di chi le impugna. La detective non ha nessuna intenzione di crederci, ma il suo scetticismo avrà vita breve.

Primo articolo in cui faccio valere quel “e non” che compare nel sottotitolo di questo blog. Il romanzo in questione è classificato come urban fantasy. L’elemento fantastico, pur essendo determinante ai fini della trama, è presente in maniera leggera. Il romanzo è diviso nove parti (sull’opportunità di simile suddivisione tornerò a breve): cinque ambientate nel presente, dove le voci narranti sono due, e le altre quattro in vari momenti del passato. L’elemento storico è quindi ben presente.

Vere protagoniste del romanzo sono le spade create quasi mille anni prima dal grande maestro Inazuma. Come è chiaro sin dalle prima pagine, queste spade hanno un kami (termine giapponese che potremmo impropriamente tradurre come spirito o anima) e hanno dei poteri. Non aspettatevi però fulmini, lampi o campi di forza sprigionarsi dalle punte delle lame. Sì, le spade sono davvero affilate e tagliano un uomo in due senza tanti problemi; il loro maggiore effetto, invece, è di tipo psicologico. Un paragone azzeccato è l’Unico Anello e l’influenza che esso ha sui suoi portatori. Ho apprezzato molto la scelta.

La trama è appassionante fino alla fine. La nostra protagonista ha un chiaro percorso di evoluzione. All’inizio Mariko è in grande difficoltà: si trova in un ambiente fortemente maschilista e sessista, la sorella ha problemi di droga e l’essere cresciuta negli Stati Uniti non fa che esacerbare tutte queste sensazioni. Proviamo empatia con lei. Sull’altro versante abbiamo Fuchida Shuzo: un membro di livello intermedio della Yakuza. Ha una sua “famiglia”, una sua zona di riferimento, ma è sottoposto ad altri più potenti di lui. Possiede però una delle spade create da Inazuma. Ed è pericoloso. L’autore ci presente lui e la sua spada sin dall’incipit del primo capitolo:

La spada sul letto di Fuchida Shuzo era la più antica della sua specie e il canto che produceva era fonte di impareggiabili piaceri.
Era una spada tachi in stile shinogi-zukuri, forgiata dal grande maestro Inazuma. In quel momento era steso sulle lenzuola di seta nera, incorniciata da un rettangolo di luce, e l’arco del suo dorso era incantevole come quello di una donna. Piccole onde, grandi come petali di trifogli, serpeggiavano a meno di un centimetro dal filo della lama percorrendone tutta la lunghezza. Quando si sdraiava accanto a lei e la osservava da così vicino, Fuchida riusciva a vedere distintamente le striature della forgiatura, impercettibili linee argentee che assomigliavano alle venature del legno e percorrevano tutto lo shinogi-ji, la superficie piatta fra la lama e il dorso incurvato.

E poco dopo prosegue così:

Facendo attenzione a non disturbarla, Fuchida si alzò e, completamente nudo, andò verso la finestra per chiuderla.

Questo è un ottimo modo di introdurre il “cattivo” della storia. Si capisce che è pericoloso e che non è pienamente lucido. La spada, descritta nei minimi dettagli e di cui verremo a sapere origine e poteri nel corso della narrazione, ha un effetto su di lui.

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Nella copertina originale la bella Mariko ruba la scena alla spada!

Non preoccupatevi per quanto riguarda i termini giapponesi: appaiono nell’utilissimo glossario a fine libro.

Lo stile è davvero buono. Le descrizioni, come avete letto sopra, sono molto efficaci. Precise senza essere asettiche. La gestione della telecamera non hai mai tentennamenti e l’autore sa gestirla dall’esterno all’interno di un personaggio.

Veniamo ai difetti. Ci sono un paio di coincidenze di troppo per i miei gusti. Non determinanti ai fini della trama, però ci sono. Quel che è peggio, forse, è che l’autore li sottolinea esplicitamente, mettendo in bocca ai personaggi discorsi sul destino. L’altro punto debole del romanzo è la suddivisione in nove parti. Troppe. La vicenda principale, quella del presente, ne risulta spezzettata. C’è bisogno di tornare indietro qualche volta di troppo per ricordare qualche nome o situazione. Ultimo difetto: Fuchida, il cattivo magnificamente descritto e che fa paura, ha due moventi: uno interessante ed “evocativo”, l’altro tutto sommato banale, che ci lascia una sensazione di “tutto qui?”. L’autore non sembra mai far fare a Fuchida una scelta chiara tra questi due.

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La vera protagonista: la spada tachi!

Si tratta comunque di lievi difetti. La trama e lo stile sono pienamente soddisfacenti e coinvolgenti. Ho apprezzato la capacità dell’autore di restituire le diverse ambientazioni tra passato e presente: si percepisce che siamo in mondi diversi con regole e tradizioni diverse, che è ciò che un bravo romanziere storico deve saper fare. E’ un romanzo che mi ha stimolato ad indagare molte cose sulla società giapponese (il ruolo delle donne, i rapporti tra criminalità organizzata e polizia), sul periodo dei samurai, sulla seconda guerra mondiale. Questa è un’altra cosa che un buon romanzo storico sa fare.

In definitiva, romanzo consigliato agli amanti dell’urban fantasy (con l’avvertenza che l’elemento fantastico non è appariscente), del thriller e ovviamente del Giappone e della sua storia.

VOTO: 4+/5

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