[SCRITTURA] Per iniziare, due argomenti

Ecco il primo articolo sulla tecnica di scrittura. Questi articoli vogliono essere delle riflessioni, spero utili, sull’argomento. Data la vastità della materia, non ho intenzione di essere esaustivo, non per il momento almeno.
Oggi ci occuperemo di un argomento legato alla costruzione della trama e di un altro legato allo stile.

Immaginate la seguente storia.
Un detective indaga su un omicidio. Segue alcune piste, fa ipotesi, interroga, pedina i sospettati, magari fa qualche errore. Sono capitoli (se leggete un romanzo) o scene (nel caso di un film o di una serie tv) di grande tensione. Alla fine, va a comprare il giornale e scopre per caso che il suo edicolante di fiducia ha la stessa cicatrice sull’avambraccio vista sul sospettato. Zac, colpevole trovato!

Una trama così ci lascia insoddisfatti. Il ruolo affidato al caso è troppo importante. La sensazione che il lettore ha è quella di essere stato ingannato dall’autore. Fa schifo, ecco. Ebbene, già gli antichi Greci si erano resi conto di ciò. Quello che ho descritto sopra è un esempio (stupido) di deus ex machina. Dice Aristotele:

Dei racconti e delle azioni semplici, quelli episodici sono i peggiori; chiamo infatti “episodico” quel racconto in cui non c’è né verosimiglianza né necessità che gli episodi si susseguano in un certo modo.
Aristotele, Poetica, da filosofico.net

Notare la parola “necessità”. La scoperta del colpevole, nell’esempio precedente, era necessaria dalle premesse? No, perché non aveva premesse logiche (indizi e prove raccolte dal detective) ma solo casuali.

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Già 2300 anni fa Aristotele aveva capito che non bisogna usare eventi casuali in un’opera di narrativa…allora perché si continua a farlo? 

Abbiamo quindi stabilito una regola generale: il ruolo del caso non deve essere preponderante all’interno della vicenda. Soprattutto, non deve essere risolutivo ai fini della trama. Nei seguenti articoli ritornerò su questo concetto e porterò degli esempi pratici.

Passiamo al secondo argomento. Immaginate il nostro detective Rossi entrare nell’edicola gestita da Mario, il colpevole.

Rossi entrò. In un angolo c’era una pila di giornali appena sfusa. Mario era seduto tra due mura di riviste patinate che strabordavano dagli scaffali; non era voltato verso il televisorino sul retro. Sembrava nervoso.
  – Oh, Mario, dammi il solito.
Il detective tese la mano. La pistola spuntava da sotto la giacca. Mario si agitò. Pensò che il detective sospettasse qualcosa. Prese il solito giornale e lo allungò oltre il bancone, ma si sporse dallo sgabello e il giornale gli cadde di mano…”

C’è un problema. Nel primo capoverso siamo nella testa del detective che entra nell’edicola, nota in modo distratto due o tre particolari all’interno e poi si accorge che Mario non è nella solita posizione, rivolto verso la tv sul retro, e formula il pensiero che Mario sembri nervoso. Poi nel secondo paragrafo siamo nella testa di Mario e compaiono i suoi pensieri sul detective. C’è stato un salto di POV (dall’inglese point of view).

La lettura non è fluida. Il lettore è obbligato a soffermarsi sul cambio di punto di vista o cambio di POV dopo la linea di dialogo. Soffermarsi significare perdere il ritmo narrativo, diminuire l’immersione nella storia. Prima eravamo nella testa del detective e seguivamo i suoi ragionamenti (trovare l’assassino), poi siamo nella testa dell’edicolante, che ha pensieri molto diversi. Se avviene così repentinamente, è un errore. Non so se siano state fatte ricerche in proposito, ma penso che l’immersione in un romanzo si possa misurare osservando quali aree del cervello siano stimolate durante la lettura. Ecco, una breve scena come quella di sopra  coinvolge il cervello del lettore meno di una scena costruita soltanto dal punto di vista di uno dei due. Perché accade? Penso sia per una questione di empatia. Non c’è tempo di essere nella testa di un personaggio e leggerne i pensieri che si cambia subito!

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Il concetto di POV illustra la differenza tra mezzo visivo e mezzo letterario. In qualsiasi video, il POV può cambiare rapidamente senza troppi difficoltà per lo spettatore perché l’immersione del mezzo visivo è minore (in un video il POV non è mai interno al personaggio, ma è sempre posto alle sue spalle). Al contrario, nel mezzo letterario, il POV è o dovrebbe essere dentro la testa del personaggio. Un cambio repentino da “una testa all’altra” diventa perciò traumatico. Perché Sauron? Pensate ai film e ai romanzi de “Il Signore degli Anelli”. Nei film abbiamo scene in cui vediamo ciò che vede Sauron (ma ovviamente non possiamo pensare come lui!). Nei romanzi tali scene non ci sono: Sauron non appare mai direttamente né tantomeno come POV. Secondo il mio modestissimo parere uno dei motivi è che stare nelle mente di Sauron avrebbe comportato un flusso di coscienza fatto di sibili e maledizioni, qualcosa di non consono allo stile di Tolkien; qualsiasi cosa di diverso avrebbe banalizzato il Signore Oscuro.

In questo primo articolo sulla tecnica di scrittura ho trattato due argomenti, uno legato alla trama e l’altro legato allo stile; nei successivi mi limiterò ad uno dei due aspetti riguardanti. Ho anche intenzione di portare esempi concreti, presi da romanzi o altre opere di narrativa, ed analizzarli in modo critico.

Il prossimo articolo riguarderà lo stile e in particolare l’uso della punteggiatura e scopriremo come la posizione e la quantità di punti, virgole e quant’altro può far diventare lento e descrittivo un testo che prima era veloce e dal ritmo serrato e…viceversa.

Spero di aver stimolato gli aspiranti scrittori e i lettori che vogliono avere gli strumenti per giudicare un romanzo.

A presto!

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