“Bruto” di Mario Lentano

Bruto

Contro il tiranno

Bruto è il nome della libertà, accomuna i due uomini che armarono la propria mano l’uno contro Tarquinio il Superbo, l’altro contro Cesare. Nel primo caso, Lucio Giunio Bruto caccia il tiranno e diventa il fondatore della libertà, nel secondo caso, Marco Giunio Bruto si fa congiurato nel tentativo, disperato, di fermare la storia e riportare indietro le lancette del tempo.
Per i Romani, Lucio Giunio Bruto era il padre della patria per eccellenza, l’uomo cui si doveva la cacciata dell’ultimo re, Tarquinio il Superbo. La sua vita era stata avventurosa: aveva visto padre e fratello uccisi dal tiranno e aveva dovuto fingersi sciocco per sfuggire all’orgia di sangue scatenata dal re, poi aveva guidato la rivolta che avrebbe posto fine alla monarchia ed era diventato il primo console della neonata repubblica. 

Pagine: 184
Anno di uscita: 2023
Editore: Il Mulino
Formato: ebook e cartaceo


La Storia non si occupa soltanto di ricercare come i fatti si siano svolti nel passato. La Storia, cioè, non è mera cronaca di – ad esempio – quante legioni furono schierate nella battaglia di Canne o di quanto fosse numerosa la popolazione della città di Roma durante il governo di Ottaviano Augusto. Vi sono infatti situazioni e periodi del passato in cui la mancanza di documentazione letteraria diretta e coeva non è compensata dai dati archeologici, che sono rari e frammentari: questo è il caso della storia di Roma antecedente al periodo delle guerre puniche (soltanto nel III secolo a.C. compaiono infatti i primi storici latini e greci). In tali casi, la “storia-cronaca” non ha modo di esistere. Diventa evidente l’esistenza di “due realtà”: la prima è il fatto storico così come si è svolto; la seconda è il racconto che di quel fatto storico è stato fatto in seguito e che, spesso, è non meno importante della realtà storica. La prima è quasi inconoscibile per quanto si è detto sopra; la seconda, invece, richiede un’attenta analisi di tipo storico-antropologico, ma è molto fruttuosa perché può rivelare quello che è il sistema di credenze di una data società in un certo momento della sua storia. In cosa credevano gli uomini e le donne della Roma repubblicana del I secolo a.C.? Cosa spingeva a compiere certe azioni piuttosto che altre?

Questo è il caso della caduta della monarchia romana e della nascita del regime repubblicano, a cavallo tra VI e V secolo a.C. I primi storici a scrivere di questo periodo sono successivi di quasi tre secoli ai fatti e ammettono essi stessi della carenza della documentazione e dell’inaffidabilità di alcune fonti. Ciò, tuttavia, non diminuisce l’influenza che la storia (sarebbe forse meglio dire il “ricordo”) di quei fatti ebbe sulle generazioni successive. Questo ci porta alla nozione di “memoria culturale“, concetto che l’autore spiega quasi in chiusura del libro:

…non vogliamo certo negare valore alle ricerche miranti a stabilire se e quanto di verità storica vi sia nella tradizione relativa a Bruto; tuttavia, dal nostro punto di vista questo tipo di indagini è meno significativo di quello volto a individuare il ruolo giocato dal fondatore della repubblica nella memoria culturale dei Romani.

E ancora:

La memoria culturale risponde non ai bisogni di una certa persona o a quelli più generali della scienza, ma alle aspettative di un determinato gruppo, e come tale può essere anche definita collettiva o sociale. A differenza della memoria individuale o storica, infatti, la memoria culturale caratterizza una particolare comunità (poniamo, la città di Roma) e come tale contribuisce a definire i valori e i modelli culturali che ne stanno alla base.

Questa lunga introduzione è servita per spiegare adeguatamente cosa sia questo Bruto di Mario Lentano: uno studio della memoria culturale sviluppatasi sulla vita e le opere del fondatore della Repubblica, ovvero Lucio Giunio Bruto. Tale intento è utile per scrostare la figura di Bruto, che ha avuto eco ed influenza anche in età moderna fino alle soglie della nostra contemporaneità, da ogni aggiunta di epoca posteriore a quella romana, così da restituirci cosa gli stessi Romani pensassero di Bruto.

Mario Lentano conduce dunque l’analisi comparando le fonti dirette, che sono essenzialmente la Storia di Roma di Tito Livio, le Antichità romane di Dionigi di Alicarnasso e molte altre opere antiche (i Saturnalia di Macrobio, gli Epigrammi di Marziale, gli scritti di Cicerone eccetera) che a Bruto e Tarquinio il Superbo fanno cenno, a volte anche solo di sfuggita. Non c’è solo questo, perché i riferimenti alla storiografia moderna sono altrettanto ampi: un grande pregio del libro, nonostante la brevità forzata, è la bibliografia finale, che è molto corposa (quasi il 10% del totale del libro!), ricchissima e magnificamente organizzata perché contiene citazioni e riferimenti per quasi, oserei dire, ogni singolo paragrafo del libro. Questa ricchezza compensa almeno in parte la brevità dell’opera, inferiore alle 200 pagine, e a volte, una certa prolissità espositiva che potrebbe sembrare funzionale al raggiungimento di un numero minimo di pagine (tecnica volgarmente detta “allungare il brodo”).

Illustrazione di Bartolomeo Pinelli per la Istoria Romana: Bruto e Arrunte muoiono trafiggendosi l’un l’altro in battaglia. Un episodio che, secondo alcuni, non farebbe parte delle tradizioni più antiche e degne di fede sulla vita di Bruto; sarebbe dunque, cioè, un’aggiunta posteriore.

Dunque, cosa possiamo dire di Bruto, che scacciò re Tarquinio e fondò la Repubblica? La sua storia è presto detta: Lucio Giunio apparteneva ad una famiglia patrizia d’origine, così si dice, troiana, tanto che i Tarquinii si imparentarono con essa. Il Superbo fece uccidere il padre e il fratello del nostro temendone la ricchezza e il prestigio come minacce al suo potere. L’ultimo maschio sopravvissuto è proprio Lucio, che in un primo momento viene risparmiato in virtù della sua giovanissima età; in seguito, perché egli si finge uno sciocco tardo di mente, tanto da meritarsi il famoso soprannome di brutus, ovvero sciocco. Ciò permise a Bruto, persino, di fare carriera sotto Tarquinio e divenire capo della sua guardia privata. Una serie di segni infausti – pestilenze, apparizioni di serpente ecc. – preannunciano la caduta della monarchia: in ognuno di questi, Bruto emerge come l’unico capace di interpretare “correttamente” il responso degli dèi, come è particolarmente chiaro nell’episodio dell’oracolo delfico.

Il falso sciocco è qualcuno che si trova al tempo stesso al di sotto e al di sopra della cultura. Se da un lato balbetta suoni incomprensibili a chi gli sta accanto, privo com’è di un linguaggio compiutamente umano, dall’altro è però capace di intendere un verbo divino che a sua volta appare indecifrabile a quanti lo hanno udito insieme con lui, senza riuscire a coglierne le implicazioni.

In sostanza, quindi, l’approccio seguito dell’autore permette di comprendere il significato profondo che i Romani, udendo e raccontando la storia di Bruto, percepivano; storie che noi, uomini moderni, fatichiamo a comprendere nel loro aspetto più profondo. Bruto, prima ancora che essere un condottiero o uno statista, è insomma una figura “religiosa” di augure, ovvero un uomo più vicino al cielo in grado di interpretare, meglio dei Tarquinii, il volere degli dèi.

L’analisi dell’autore, a mio giudizio, si mostra perspicace in un altro episodio: quello in cui Bruto ordina l’esecuzione dei figli, colpevoli di cospirare per il ritorno della monarchia. Gli autori greci mostrano infatti perplessità e dimostrano, insomma, di non comprendere il messaggio che i Romani, attraverso l’episodio, volevano fosse trasmesso.

Da questo punto di vista, Bruto ha fatto molto di più che congegnare un nuovo sistema istituzionale, molto di più che sostituire il dominio delle leggi a quello degli uomini: ha inventato un modo, anzi l’unico modo possibile di essere Romani.

I littori riportano a casa i corpi dei figli di Bruto di Jacques Louis David, 1789: dipinto alle soglie della rivoluzione francese che fu oggetto di discussioni.

Romano vuol dire subordinare ogni affetto, ogni relazione, ogni cosa, insomma, quando ci si rapporta con la comunità, ovvero con lo stato (sia esso il senato dei padri coscritti, l’assemblea della plebe o la centuria di una legione). Giova ripetere che, nell’ottica del libro, la storicità della figura di Bruto e dell’esecuzione dei figli è meno importante del significato che ad essa attribuivano i Romani.

Eccezionalmente, come ben sappiamo, la stessa storia di Roma ci offre esempio di come il ricordo degli antichi eventi e la memoria culturale ad essi associati fosse un fattore vivo anche a distanza di secoli. Anche un dilettante della storia romana sa che Marco Giunio Bruto (il cesaricida del 44 a.C.) millantava discendenza dal nostro Lucio Giunio Bruto; e che fu proprio l’esempio dell’antenato a spingere Marco Bruto ad agire. Tutto questo è studiato in dettaglio nel capitolo L’uomo che visse due volte.

In definitiva, Bruto di Mario Lentano è un libro che consiglio assolutamente. Nonostante si parli di una richiesta di una quindicina d’euro per meno di un paio di centinaia di pagine, esse sono quanto mai dense di contenuti e ricche di significato: in particolare, riescono nell’intento di restituire la “memoria culturale” dei Romani su questi eventi. Quando i Romani raccontavano, a se stessi o agli altri, la storia di Bruto che cacciò re Tarquinio e fondò la Repubblica, cosa volevano trasmettere? È a questa domanda che il libro di Lentano dà risposta; ed è proprio questo che mi ha soddisfatto nella lettura e mi ha grandemente aiutato nella stesura del mio romanzo storico Romana Virtus, in cui ho cercato di raccontare il passaggio da monarchia a repubblica così come i Romani raccontavano fosse avvenuto.

Il lettore meno esperto, inoltre, non ha da temere uno stile farraginoso o la presenza di oscure discussioni storiografiche; quello più esperto, invece, potrà sicuramente trarre giovamento dalla immensa bibliografia che correda il testo.


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Roma, 509 a.C. Alla notizia del suicidio della nobile matrona Lucrezia, violentata da Sesto, figlio del re Tarquinio, il popolo di Roma guidato da Lucio Giunio Bruto e Publio Valerio insorge e caccia il proprio sovrano.
È la Repubblica;
La libertà conquistata è però immediatamente minacciata dal ritorno di Tarquinio, il quale chiede alle ricche città dell’Etruria che esse l’aiutino ad essere ristabilito sul trono di Roma. Il potente Porsenna, signore di Chiusi, arma un grande esercito composto da Etruschi e Latini e marcia sulla città.
Tre giovani Romani sono chiamati alla difesa della patria in pericolo: il patrizio Orazio, discendente di un eroe leggendario; il giovane Muzio, che dalla tirannia di Tarquinio ha subito torti dolorosi; la fanciulla Clelia, determinata ad avere un ruolo nella difesa della città.
La difesa della libertas susciterà la virtus?

Pagine: 383
Data di uscita: 9 giugno 2024
Prezzo ebook: 4,99 €
Prezzo cartaceo: 14,99 €

Disponibile in Kindle Unlimited di Amazon

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Romana Virtus, il mio nuovo romanzo

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