[STORIA] Commodo, discesa nella follia

Articolo apparso sulla pagina Historia universal para no dormir
Traduzione di Alice Croce Ortega


Ormai 22 anni fa, Hollywood ha portato questo personaggio e le sue macchinazioni sul grande schermo con il pluripremiato “Il Gladiatore”: in questo film, Commodo è rappresentato come uno psicopatico politicamente ambizioso che uccide il proprio padre in un impeto di rabbia. Ed è continuamente raffigurato come un sovrano sadico e instabile, che ordina esecuzioni brutali, minaccia la vita del suo giovane nipote e alimenta persino sentimenti incestuosi nei confronti della sorella. Ma il personaggio storico era davvero così pessimo come ci appare il “cattivo” immortalato nel film? In realtà, potrebbe essere stato anche peggio.

È il II secolo d.C., e l’Impero Romano ha prosperato alla guida di un susseguirsi di eccellenti leader (e di qualche folle) per più di 150 anni. Ma alla morte dell’imperatore Marco Aurelio è suo figlio, Commodo, ad assumere il potere. Nel corso del suo regno, soccomberà a una forma di follia che farà di lui un pessimo sovrano. Nell’agosto del 161 Faustina, figlia dell’ex imperatore Antonino Pio e moglie dell’imperatore Marco Aurelio, diede alla luce i gemelli Lucio Aurelio Commodo e Tito Aurelio Fulvo Antonino. Solo pochi mesi prima, il padre dell’imperatrice era morto e il controllo dell’Impero andò a suo genero, in assenza di un erede biologico.

Cortesia di Historia universal para no dormir

Purtroppo Tito morì nel 165, lasciando due fratelli: Commodo e Marco Annio Vero, più piccolo. E quando Marco morì appena quattro anni dopo, Commodo divenne l’unico erede di suo padre. Tuttavia, ci sono testimonianze che suggeriscono che il ragazzo fosse tutt’altro che un candidato ideale per salire al trono…

Secondo gli storici, Commodo ricevette un’eccellente educazione ad opera di famosi e ottimi maestri, sebbene, con grande dispiacere di suo padre, non mostrasse alcun interesse per la politica, preferendo perseguire una vita di piacere. Tuttavia, Marco Aurelio era determinato a fare in modo che a suo figlio toccasse il suo potere, il governo dell’Impero. Ultimo di una serie di leader conosciuti come i Cinque Buoni Imperatori, Marco Aurelio governó gli ultimi giorni del lungo periodo di prosperità romana. Ma a differenza dei suoi predecessori, che non avendo figli naturali avevano adottato i loro eredi, lui aveva un figlio legittimo da lasciare al suo posto.

E così, nel 177 Marco Aurelio nominò il quindicenne Commodo sovrano congiunto, designato a governare l’Impero al suo fianco. Ma secondo Erodiano, storico dell’epoca, l’Imperatore in breve si rese conto che l’atteggiamento indisciplinato di suo figlio avrebbe potuto indurlo a trascurare le sue responsabilità. Inutile dire che le sue paure si rivelarono oltremodo fondate. Le principali fonti storiografiche dell’epoca giunte fino a noi sono le opere di Cassio Dione, contemporaneo e talvolta osservatore di prima mano degli eventi, Erodiano e la «Historia Augusta», entrambi non del tutto affidabili in quanto opere letterarie più che storiche, con elementi di finzione presenti al loro interno.

Nel 180 Marco Aurelio morì, lasciando quindi Commodo unico erede dell’Impero. E all’inizio sembrava che il nuovo giovane imperatore potesse governare con un certo successo: dichiarò addirittura la fine delle guerre con le tribù del nord, scegliendo di ritirarsi a Roma e vivere una vita cosmopolita. Ma, con il tempo, la mancanza di interesse di Commodo per le questioni politiche divenne evidente. E con l’imperatore concentrato sui piaceri terreni (frivoli?), si imposero in successione una serie di consiglieri che avevano la fiducia dell’Imperatore e che di fatto governavano al suo posto. A quanto pare il primo fu Saotero, un liberto assurto alla carica di ciambellano.

Ma mentre Saotero era impegnato a fare il lavoro dell’imperatore, qualcuno tramava nell’ombra. La sorella maggiore di Commodo, Lucilla, si sentiva frustrata dalla posizione di suo fratello: il suo primo marito, Lucius Verus, era stato co-imperatore di Marco Aurelio e riteneva di essere stato ingiustamente trascurato nella successione. Forse Lucilla fu spinta anche dalla gelosia nei confronti della moglie di Commodo, Crispina, il fatto è che a quanto pare diventò la forza trainante di un complotto contro suo fratello. E nel 182, un aspirante assassino tentò di pugnalare l’imperatore nel Colosseo, a Roma. Il tentativo fallì e lo sfortunato piano venne alla luce.

Mentre due dei cospiratori di Lucilla furono giustiziati subito, alcuni rimasero a piede libero abbastanza a lungo da uccidere Saotero. Tuttavia, l’Imperatore prese molto male la perdita del suo ciambellano e presto ordinò la morte di chiunque fosse anche solo ipoteticamente coinvolto nella cospirazione: così, sebbene la sorella dell’imperatore fosse stata inizialmente esiliata, anche lei fu giustiziata nello stesso anno. Una volta eliminato Saotero, un altro consigliere assurse presto a una posizione di potere nella cerchia dell’imperatore. Tigidio Perenne, Prefetto del Pretorio, si assicurò rapidamente la fiducia di Commodo e si assunse la maggior parte delle sue responsabilità di governo. Nel frattempo, l’imperatore tornò a una vita di ozio.

Con il passare degli anni, Perenne divenne sempre più potente, mentre Commodo si ritirava sempre più dal suo ruolo di sovrano: tanto che il prefetto iniziò a considerarsi il vero imperatore di Roma. Pare che addirittura abbia cercato di estromettere Commodo dal potere e di reclamare il trono per i suoi figli. Quello che Perenne non aveva calcolato era che aveva un nemico nella persona del nuovo ciambellano dell’imperatore, Cleandro, un liberto e altro favorito della corte imperiale. E nel 185, la rivalità tra i due giunse al culmine. Pare sia stato proprio Cleandro a comunicare a Commodo che il prefetto del pretorio stava complottando per detronizzarlo.

Poco dopo aver appreso del tradimento di Perenne, Commodo ne ordinò l’esecuzione. Ma quando un consigliere assetato di potere si toglie di mezzo, un altro è già pronto a prendere il suo posto. Questa volta si tratta dello stesso Cleandro. Ben presto, infatti, il ciambellano assume le redini del governo mentre l’Imperatore continua a trascurare le sue responsabilità. Sotto l’influenza di Cleandro, il regno di Commodo diviene ancora più corrotto. A quanto pare, il ciambellano iniziò a vendere onorificenze, “regalando” governatorati e incarichi senatoriali a coloro che offrivano più soldi. Nel frattempo, i disordini iniziarono a crescere in tutto l’impero e nel 190 una carenza di grano scatenò una serie di rivolte a Roma. L’occasione era propizia: uno dei rivali di Cleandro riuscì a persuadere la folla inferocita che il ciambellano e la sua avidità erano i responsabili se stavano facendo la fame. E così marciarono verso il palazzo dell’imperatore, chiedendo la testa del colpevole. Alla fine Commodo accettò, sacrificando il suo protetto favorito per placare l’ira del popolo.

La caduta di Cleandro segnò una svolta nella vita dell’imperatore. Commodo sembró aver chiuso con i consiglieri problematici, e finalmente, a 29 anni, decise di svolgere un ruolo più attivo in politica. Tuttavia, la sua natura egoista si trasformò presto in vera e propria megalomania, dando luogo a un modo di governare irrazionale e terribile. Uno dei massimi esempi della follia dell’imperatore fu l’ordine di sterminio della «gens Quintilii». I suoi membri furono giustiziati con il pretesto che, sebbene il loro coinvolgimento nelle cospirazioni contro l’imperatore non fosse stato provato, la loro ricchezza e il loro talento ne suscitavano l’invidia, rendendoli molto pericolosi.

Busto di Commodo come Ercole

Un altro segno dell’irrazionalità di Commodo fu che assunse il ruolo di un dio vivente, impersonando Ercole. Iniziò a indossare una pelle di leone in riferimento all’animale ucciso dal leggendario eroe. E infine, l’imperatore decise di rinunciare al suo stesso nome, quello che lo aveva portato al potere:

“In primo luogo [l’imperatore] ordinò che non doveva più essere chiamato Commodo, figlio di Marco, ma Ercole, figlio di Zeus”, scrisse Erodiano nella sua Storia dell’impero romano: “Abbandonando l’abito romano e imperiale, indossò la pelle di un leone e portò la mazza di Ercole”. Ma Commodo non era ancora soddisfatto: Pare che abbia costruito anche una serie di statue raffiguranti se stesso come Ercole in tutto l’Impero, creando così un’immagine di se stesso come un eroe mitico.

Poi, nel 191, un terribile incendio dilagò su Roma. Dopo l’incendio, molti degli edifici dovettero essere ricostruiti. La ricostruzione diede all’imperatore l’occasione perfetta per lasciare la sua impronta sulla città. L’imperatore innanzitutto si proclamò successore di Romolo, leggendario padre fondatore di Roma. E poi diede addirittura alla città un nuovo nome: Colonia Lucia Annia Commodiana. Inventò quindi una nuova identità per gli abitanti, battezzandoli Commodiani. E come se non bastasse, il sovrano ribattezzò anche le legioni, il senato e le flotte imperiali.

Sotto Commodo, ai 12 mesi dell’anno furono dati nuovi nomi, ma non nomi qualsiasi: erano tutti soprannomi aggiuntivi che l’imperatore aveva assunto. E pare abbia anche profanato la statua del Colosso di Nerone, rimuovendone la testa e sostituendola con la propria immagine. Con l’aggiunta di un randello e di un leone forgiati in bronzo, rafforzò ulteriormente l’idea che Ercole fosse rinato nell’imperatore.

Malgrado la megalomania di Commodo, è bene precisare che alcuni dei suoi contemporanei ritenevano che l’imperatore non fosse un sovrano intrinsecamente malvagio: “Quest’uomo non era naturalmente malvagio, ma, al contrario, innocente come qualsiasi uomo che sia mai vissuto”, scrisse il cronista Cassio Dione in una delle sue storie dell’antica Roma. “La sua grande semplicità, unita alla sua viltà, lo hanno reso schiavo dei suoi amici. Cattive influenze lo hanno fatto deviare dalla retta via e, dapprima per ignoranza e alla fine per la creazione di una seconda natura, hanno fatto dei suoi atti crudeli e lussuriosi un’abitudine “, continuava Cassio Dione.

Nel frattempo, l’Impero crollava intorno a lui. In effetti, lo storico una volta descrisse Roma sotto Commodo come in fase di discesa “da un regno d’oro a uno di ferro e ruggine”…

Nel frattempo, l’idea stravagante che Commodo aveva di se stesso come di un eroe si era diffusa anche nelle arene di Roma. L’imperatore era mancino e ne era orgoglioso. Durante tutto il suo regno ebbe l’abitudine di scendere nell’arena nelle vesti di gladiatore. Ma queste gesta non solo scandalizzarono la società romana, ma diedero anche vita a voci secondo le quali l’imperatore non era in realtà figlio di Marco Aurelio.

Alcuni ipotizzarono che Commodo fosse il frutto di una relazione tra Faustina, sua madre e uno ignoto gladiatore. Ma nonostante il danno che le voci causavano alla sua reputazione, l’imperatore continuò a combattere nelle arene con grande successo. Tuttavia, è probabile che i suoi avversari abbiano sempre ceduto piuttosto che rischiare le conseguenze di sconfiggere il loro sovrano in pubblico. Secondo gli storici, Commodo affrontò anche persone con disabilità fisiche, come gli amputati, in una lotta all’ultimo sangue davanti alla folla dell’arena. E come se ciò non bastasse, addebitava alla città un compenso astronomico per ogni apparizione. Tutto ciò causava gravi danni alle finanze dell’Impero.

Commodo causò ancora più clamore con la sua insistenza nel combattere animali vivi: lo storico Edward Gibbon afferma che, in un’occasione, l’imperatore sacrificò fino a 100 leoni. In un altro caso avrebbe decapitato uno struzzo usando un dardo, solo per sfoggiare la testa insanguinata dell’uccello davanti ai senatori che osservavano. L’elenco di animali morti continua, con Commodo che avrebbe sacrificato innumerevoli elefanti e giraffe durante la sua carriera di gladiatore. Nel novembre del 192, l’imperatore organizzò i Giochi della Plebe, una sanguinosa competizione che lo vide massacrare un numero spropositato di animali e combattere ogni giorno contro i gladiatori. E, naturalmente, l’imperatore ne usciva sempre vittorioso.

Il mese successivo, Commodo annunciò che avrebbe festeggiato il nuovo anno scendendo ancora una volta nell’arena. A questo punto, però, contro di lui si stava organizzando un’altra cospirazione. Quinto Emilio Leto, uno degli aiutanti imperiali, pare si fosse alleato con il ciambellano dell’imperatore e stava complottando per ucciderlo. Secondo le cronache, Leto e gli altri cospiratori riuscirono a convincere la concubina di Commodo, Marcia, a unirsi al loro complotto. Si dice che avessero trovato il suo nome in un elenco di persone che l’imperatore intendeva assassinare, e questo fatto sarebbe stato determinante nella sua decisione di aiutare i congiurati. Così, escogitarono un piano.

Il 31 dicembre 192, Marcia portò al suo amante un bicchiere di vino avvelenato. Malauguratamente il veleno non riuscì a porre fine alla vita dell’imperatore, forse perché era comunque un uomo giovane e in forma. Nella loro disperazione, i cospiratori chiesero auto a Narciso, gladiatore e pupillo di Commodo, e finalmente l’Imperatore morì. È interessante notare che l’atleta è una delle figure storiche reali su cui si basa il personaggio di Massimo, l’eroe de “Il Gladiatore”.

In seguito, solo l’intervento di Pertinace, successore designato di Commodo, impedì che il corpo dell’Imperatore venisse profanato e trascinato per la città. Fu invece sepolto nel Mausoleo di Adriano a Roma. Nel frattempo, i nuovi nomi e titoli che aveva deciso nel suo delirio di onnipotenza furono rimossi e la città tornò alla normalità, ancora una volta. Con l’assassinio di Commodo i congiurati posero fine alla linea imperiale Nerva-Antonina. L’imperatore fu, infatti, l’ultimo di una serie di sette che avevano governato l’Impero Romano per quasi cento anni. E quando il trono passò a Pertinace, fu l’inizio di un anno sanguinoso che vide cinque uomini diversi combattere per il controllo dell’impero.

Oggi Commodo è in gran parte ricordato come un villain, grazie al suo ruolo di primo piano in alcune rappresentazioni dell’antica Roma. Oltre al Gladiatore, è apparso anche  in vari film, libri, programmi TV e giochi. Ma se questo può far pensare che la sua vita sia stata spesso romanzata a vari livelli, come abbiamo visto le fonti ci dicono che la sua vera natura fu comunque corrotta e inadeguata, e che le sue azioni furono forse anche più terribili di quello che i film ci raccontano.


L’autore: Historia Universal para no dormir (link)

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