Dopo ventisei anni trascorsi in terre ignote, frate Ramón Panér torna nella sua Barcellona natale portando con sé la testimonianza di tutta una vita: la storia della più grande scoperta geografica dell’umanitá. Nella sua memoria, il racconto del suo arrivo sull’idilliaca isola di Ahíti insieme ad un gruppo di temerari avventurieri che al comando dell’Ammiraglio Cristoforo Colombo furono protagonisti della maggiore impresa compiuta dall’uomo, ma anche coloro che ebbero il compito di soffocare le volontà degli esseri umani che quel nuovo mondo celava. Da parte loro, uniti intorno alla figura del loro leader Caonabó e della sua bella moglie, Anacaona, gli aborigeni cercheranno di difendersi da uno scontro di civiltà durante il quale l’amore, il desiderio, l’invidia, l’ambizione e il terrore trascineranno invasi ed invasori fino ai limiti più estremi della loro condizione umana.
Una categoria di romanzi storici che apprezzo particolarmente è quella che io chiamo “romanzi che ricreano un mondo”. Cosa vuol dire? Esistono civiltà, popoli e culture di cui sappiamo molto poco pur avendo la possibilità di saperne molto di più, questo per il semplice motivo che, rispetto a noi, sono lontani geograficamente o temporalmente. Se l’Antica Roma, ad esempio, è un’ambientazione ben conosciuta a livello popolare e narrativo, in molti altri casi (gli esempi sono infiniti) non è così. Ecco dove il romanzo storico può svolgere l’utilissimo ruolo di restituire, in modo narrativamente avvincente e più accessibile di un saggio storico, come si viveva, in cosa si credeva e cosa accadeva nei suddetti mondi. Altri uomini e altre donne come noi ma che vivono differentemente da noi.
È questo il caso di Anacaona dell’autore spagnolo Jordi Díez Rojas, tradotto in italiano da Alice Croce Ortega. Il romanzo racconta il primo contatto tra gli indios dell’isola di Ahíti (che noi europei abbiamo chiamato Hispaniola, Haiti e Santo Domingo) e gli spagnoli durante le prime due spedizioni di Cristoforo Colombo nel Nuovo Mondo (circa 1492-1494). Cosa vuol dire ricreare un mondo, in questo caso? Vuol dire trasmetterci la cultura, la religione, il modo di pensare e di vivere di queste popolazioni un attimo prima che l’arrivo degli europei sconvolgesse, inevitabilmente, ogni cosa. L’autore si sofferma, nel primo centinaio di pagine, ad introdurre gli indios e i loro usi e costumi. Ecco quindi, per fare un solo esempio, che gli uragani, per noi semplici fenomeni atmosferici, per gli indios sono manifestazione del malvagio dio Juracán. È proprio questo che fa il buon romanziere storico: narrare in modo interessante cosa e come pensavano e percepivano la realtà popolazioni e culture a noi lontane.

La narrazione è nettamente divisa tra il punto di vista in prima persona di frate Ramón Panér (che dopo il prologo riappare verso un quinto della narrazione), unico degli europei che si sforza di comprendere gli indios e, per quest’ultimi, numerosi punti di vista in terza persona. Fra essi spiccano Boecìo, re dello Xaragua, la bellissima sorella Anacaona e il valoroso re di Maguana, Caonabó, forse vero protagonista del romanzo. Per dare un’idea sommaria della trama senza svelare nulla – consiglio di informarsi sui fatti storici solo a lettura ultimata – la descriverei in poche parole come “scoperta e distruzione del paradiso.”
La ricostruzione storica è uno dei punti forti del romanzo. L’autore, come è evidente dall’uso dei termini in lingua india – il glossario a fine libro è una manna – e dal fatto che molti dei personaggi che compaiono sono realmente esisti, si è lungamente documentato. Ci sono anche molti altri elementi che dimostrano una ricerca che va al di là di fatti e date: non solo la presenza di miti e leggende, ma anche, come detto, sopra, la ricostruzione dello scontro culturale avvenuto a seguito del contatto. Farò un esempio che mi ha colpito. L’autore evita il cliché non storicamente corretto degli “europei visti come dei” e spiega invece a cosa fosse dovuto il timore degli indios verso i nuovi arrivati: oltre alle armi da fuoco e ai cavalli, gli spagnoli avevano con loro magnifiche e tremendamente efficaci armi bianche: sciabole, spade e picche.
Per quanto riguarda lo stile ho apprezzato l’uso di più punti di vista, le descrizioni precise dei villaggi indios e del loro abbigliamento, della natura rigogliosa e satura di colori, tutte cose che concorrono alla raffigurazione del mondo indio precolombiano come qualcosa di molto vicino al “paradiso in terra.”

L’unico limite del romanzo, a mio giudizio, viene dall’assenza di un punto di vista tra quelli che sono, senza dubbio, i “cattivi” della storia, cioè l’ammiraglio Colombo (non è il solo ad uscire molto male da queste pagine) e gli altri castigliani a comando della spedizione. I “cattivi” non sono stereotipati, sono mossi da impulsi ben precisi: avidità, lussuria, ambizione eccetera. Manca però loro un background che mostri e in qualche modo spieghi i motivi per cui la conquista fu così tragica.
Altro difetto è l’assenza di un elenco di personaggi a fine libro, molti nomi indios sono difficili da ricordare e a volte ho avuto la necessità di tornare indietro a cercarli. Il difetto è compensato in parte dalla presenza di una utile mappa dell’isola di Ahiti che include anche i vari regnanti.
Un plauso infine va alla traduzione italiana di Alice Croce Ortega, sempre fluida e precisa, che non si fa confondere dai numerosi termini indigeni presenti e dalla mole di personaggi che compaiono in scena.

Detto questo, consiglio assolutamente il romanzo a tutti gli appassionati del genere storico, siano essi esperti del periodo o, come è più probabile, semplici conoscitori della storia della conquista delle Americhe scritta dal “nostro” punto di vista, quello europeo. I lettori troveranno un bel romanzo epico, ricco di personaggi e descrizioni che concorrono a trasmettere, in modo armonioso, cosa fu la scoperta delle Americhe per le popolazioni che la subirono.
VOTO: 4,5 su 5
Diamo qualche link!
La pagina Facebook del romanzo, che consiglio vivamente di seguire.
La pagina dell’autore Jordi Díez Rojas.
Il link d’acquisto su Amazon.
Il profilo Linkedin della traduttrice Alice Croce Ortega.
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