Jean Gauthier, giovane contadino piccardo, vive un’infanzia nella Francia prerivoluzionaria spesa in scorribande giovanili con il suo fratello di latte e amico, Marc de Morsou. Con lui riesce, dopo duelli e rocambolesche peripezie, a diventare un ufficiale dei dragoni, dare man forte alla rivoluzione e a coronare il sogno d’amore con Marie de Trois Couronnes. Le campagne napoleoniche lo porteranno lontano e a conoscersi meglio, nonché a instaurare una focosa relazione adulterina con Adel, cameriera e cantante, che durerà tutta la vita. Marc de Morsou: l’amico di sempre, nuovi compagni d’arme, la moglie e la figlia adottiva gli saranno al fianco nelle avventure e disgrazie della vita al servizio nell’esercito di Bonaparte.
Finalmente sono riuscito a mettere le mani su Jean di Carlo Cavazzuti, romanzo che avevo già segnalato qui!
Jean è un romanzo dal respiro epico e avventuroso. La storia inizia infatti nella provincia francese degli anni prerivoluzionari e ci presenta un ambiente campagnolo: il signorotto locale, il mercante in ascesa, i contadini più o meno oppressi e le relazioni tra tutti questi. La narrazione si snoda poi su un periodo lunghissimo, più di un ventennio, e molti dei grandiosi e tragici eventi di quegli anni vedono i nostri personaggi direttamente coinvolti: la presa della Bastiglia, la battaglia di Valmy, il ponte di Lodi, la campagna d’Egitto, Austerlitz e… ancora molto altro.
Ho apprezzato enormemente l’evoluzione dei personaggi. All’inizio, la trama principale sembra essere quella dell’amore tra Jean e Marie; tuttavia, senza concessioni a facili romanticismi, l’autore riesce a descrivere in modo avvincente (per merito di una interessante sottotrama legata ai fratelli e al padre di Marie su cui non aggiunto altro, dovete leggerla voi stessi!) e soprattutto realismo nell’evoluzione del rapporto dei due, sia nei suoi alti che, soprattutto, nei suoi bassi. C’è anche un altro personaggio molto importante ed è Marc, l’amico, quasi un fratello, del nostro Jean. Il bilanciamento tra questi due poli della narrazione è ben gestito e fornisce variabilità e brio alla storia.

Un altro punto a favore è l’assoluto disincanto nella descrizione della guerra e del mondo che ruota attorno ad esso. Ho trovato molto ispirato il tentativo di Jean di rendere a Marie (tentativo compreso o meno dalla fanciulla che lascio a voi l’onere di scoprire) l’orrore della guerra (citazione che devo ahimè troncare per brevità di recensione):
«Chiudi gli occhi e prova a immaginare ciò che ti dico e per favore lasciami finire. Ve bene?»
«Va bene.»
«Inizia a immaginare che cammini con gli stivali bucati in mezzo al fango, alla neve e alle rocce per giorni interi, con addosso gli stessi vestiti logori e luridi. A volte per un mese addirittura. Tante volte mi si è piagata la pelle sotto i piedi, tra le cosce e sotto le braccia… tutti abbiamo sempre fame perché le vettovaglie e la paga non arrivano e il saccheggio ci sfama per poco tempo. I cavalli muoiono di fame e prima o poi ce li mangiamo quasi tutti. D’estate hai caldo e d’inverno congeli, tanto che infreddature e geloni sono compagni quotidiani come i colpi di calore e le febbri estive. Ho visto gente con le dita amputate per la cancrena dovuta al freddo, altri morire di polmonite in meno di tre giorni e non conto quelli che svengono sotto gli zaini durante le marce estive e ne muoiono di febbre e dissenteria perché l’acqua è putrida e olezza. Un ragazzo del secondo di linea, dal tanto che pativa freddo, ha tentato di comperare un mantello da un ussaro per duecento franchi l’inverno scorso, la paga di più di sei mesi… fortuna sua che l’ussaro è morto due giorni dopo e non l’ha mai pagato. Dopo gli ha anche rubato gli stivali! E questa è solo la marcia, gli spostamenti da un campo all’altro…
La parte strettamente militare è di assoluto rispetto, in particolare, nella descrizione dei combattimenti. L’autore è infatti un maestro di scherma storica e ciò si vede nella precisione dei termini adottati. Vi propongo questo secondo estratto:
Giunto ormai a pochi palmi da Marc, [Jean] andò a fintare un colpo alla mano libera dell’avversario di quest’ultimo. La finta inaspettata permise a Marc di colpire, anche se solo di striscio, con uno sgualembro ben portato, la spalla destra del suo avversario, impegnato a coprirsi dalla finta di Jean. Jean, però, pagò l’azione anch’egli con un lieve segno sulla coscia destra rimasta scoperta nell’azione. La ferita bruciava parecchio, anche se a vedersi non sembrava questo grande danno, senza aver reciso vasi sanguigni importanti… Jean tornò subito sul suo avversario: una finta di punta all’occhio sinistro seguita immediatamente, senza aspettare che l’avversario catturasse il suo ferro, da un mulinello del polso per colpire in realtà con un forte fendente al capo, portato con un affondo.
L’obiettivo primario di un romanzo non deve essere mai quello di fornire informazioni come farebbe un saggio; tuttavia, quando un romanzo riesce a fare questo senza pregiudicare la componente di intrattenimento, ciò è una cosa enormemente positiva che io apprezzo; non c’è miglior modo di imparare divertendosi!

Qualche parola sullo stile. L’unica vero difetto è legato alla vastità della narrazione, che richiede a volte dei “riassunti” di storia; possono piacere o meno, dipende dal gusto personale.
Per concludere, si tratta di un romanzo dal respiro epico che non dimentica i travagli personali dei protagonisti (la Storia di quell’epoca, insomma, non soffoca la storia dei nostri). E’ uno di quei rari casi in cui un romanzo, secondo la mia modesta opinione, avrebbe potuto avere qualche centinaio di pagine in più (o essere diviso in più parti!) e non se ne sarebbe avvertito il peso. Consiglio dunque il romanzo a chi ama una narrazione di ampio respiro, cioè che segue i personaggi su un periodo di tempo molto lungo, e, ovviamente, agli amanti del periodo napoleonico.
VOTO: 4/5
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Mi hai incuriosita 😀
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Ottimo 😊
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