[RECENSIONE] Epistola a Tiberio – Renato Carlo Miradoli

51oHZ7ZwPPLChi ha voluto la morte di Gesù di Nazareth? Pilato, Procuratore della Giudea? Il Sinedrio insieme alla folla dei Giudei? Oppure, Giuda Iscariota, l’uomo che lo ha materialmente tradito? Chi inoltre ha gridato nel cortile del Litostroto all’apparire di Pilato in compagnia di Gesù: “Se non lo condanni fai torto a Cesare”? Cosa è veramente accaduto in questa remota Provincia dell’Impero Romano? La storia come noi la conosciamo ci insegna che Lucio Ponzio Pilato è colui che, pur contrario e non trovando colpa nell’accusato, ordina la materiale crocifissione di Gesù, richiesto in questo da parte dei Sinedriti, secondo i quali il Galileo aveva bestemmiato e provocato disordini al Tempio di Gerusalemme. D’altra parte, il Tetrarca della Galilea, Erode Antipa, figlio di Erode il Grande, si era rifiutato di decidere sulla questione, accampando come scusa di non essere autonomo in questioni di giustizia capitale. Ma chi allora lo ha, veramente, voluto morto? E’ quello che anche l’Imperatore Tiberio sembra voler sapere, alcuni anni dopo gli eventi e quando le prime avvisaglie della portata storica di questo accadimento cominciano a farsi sentire anche a Roma. Nell’ultimo anno del mandato di Pilato e della vita di Tiberio stesso, un uomo di nome Marco Calpurnio Pisone, legato imperiale, dovrà svolgere un’inchiesta in terra di Giudea per scoprire cosa ci sia sotto questo mistero.

Questo romanzo d’esordio di Renato Carlo Miradoli è un romanzo che colpisce. Non sto usando una frase fatta: spiegherò a breve cosa vuol dire. Partiamo dall’inizio. La premessa del romanzo è abbastanza semplice: un legato imperiale, ovvero il protagonista e narratore in prima persona Marco Calpurnio Pisone, viene mandato per indagare sul comportamento del procuratore romano Pilato in relazione alla vicenda di Gesù. Il romanzo è quindi l’epistola (o il rapporto) che Pisone scrive all’imperatore.

Attraverso l’indagine di Pisone, i personaggi che egli incontra, le sue domande e le sue riflessioni riviviamo quasi per intero la biografia di Gesù. Molti episodi evangelici o apocrifi vengono ripresi per mostrarci alcuni personaggi che sono entrati nella vita del Nazareno (alcuni emergono tra gli altri come personaggi secondari, ad esempio il pubblicano Zaccheo e il soldato romano Pantera), a volte con effetti non proprio desiderati da parte dei diretti interessati.

La tematica del romanzo, quindi, è all’apparenza abbastanza comune e (narrativamente parlando) già esplorata molte volte dalla letteratura e dal cinema anche in tempi recenti. Il canovaccio, in molti casi, era consolidato: il romano che indaga finisce per credere al nuovo messaggio di Gesù e si converte. Oppure la storia prendeva una piega “fantastico-misteriosa” che potremmo definire alla Dan Brown (non per denigrare quel genere, di cui anzi ho letto io stesso molto, ma soltanto per intenderci).

Epistola a Tiberio non appartiene a nessuna delle due categorie appena descritte. Se fosse stato un romanzo della prima categoria sarebbe stato qualcosa dotato sì di “un’anima” ma “vecchio” come modo di presentare la storia; se fosse stato della seconda avremmo avuto thriller dalla struttura  raffinata ma privo di un’anima, di un messaggio di fondo. Secondo me, quindi, il più grande merito dell’autore è aver saputo mescolare alcuni (e sottolineo alcuni) elementi da entrambe le categorie riuscendo al tempo stesso a comunicare un messaggio. Ancora più importante tale messaggio (che non svelo ovviamente!) è mostrato in modo concreto attraverso l’effetto che Gesù ha avuto sulle persone che ha incontrato e con cui Pisone, nella sua indagine, andrà ad interagire.

In sostanza, come scrive il romanziere Steven Pressfield nella prefazione ad un vecchio romanzo di Wallace Breem, Aquile nella neve (trovate altre info qui), circa i proposito di un romanzo storico:

dare alla propria storia un sincero fondamento morale, etico o spirituale, cioè far sì che realmente “parli di qualcosa”, qualcosa che non sia significativo soltanto per l’epoca storica in cui è ambientata, ma che sia vitale e rilevante per la nostra era…[lo scrittore] non si rivolge al passato solo per creare qualcosa di divertente e pittoresco, ma usa il passato, un passato molto specifico, per gettar luce su un altrettanto specifico presente.

Dopo la lettura, posso confermare che tutto questo è presente in Epistola a Tiberio.

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“Ecce Homo” di Antonio Ciseri. Alcuni dei personaggi raffigurati appaiono nel romanzo.

Una parola sul ritmo narrativo. Il romanzo parte lentamente e sembra, come dicevo, un “classico” romanzo di indagine sulle ultime ore di Gesù. Tuttavia, già da queste prima pagine l’autore dissemina indizi che la storia avrà un andamento molto diverso. Riporto uno degli indizi per suscitare la vostra curiosità: ad un certo punto, Pisone scopre che probabilmente Gesù pronuncia i suoi discorsi “imbeccato” da uno degli apostoli… non aggiungo altro. Gli indizi aumentano di numero con lo scorrere delle pagine. Per fare un paragone musicale, se questo romanzo fosse il movimento di una sinfonia sopra la partitura ci sarebbe scritto crescendo. Questo romanzo è un crescendo. Piano piano, quelli che sembrano elementi messi apposta per sviare o tanto per sfoggiare erudizione diventano preponderanti. Si arriva alle ultime pagine con l’ansia di finire. Non mi capitava da parecchio di leggere tutto d’un fiato gli ultimi capitoli.

Passiamo allo stile. Un’avvertenza è d’obbligo. L’autore ha volutamente ripreso lo stile epistolario romano, quindi ogni tanto emergono un termine o una forma del discorso desueta rispetto allo stile moderno. D’altra parte si tratta di una scelta consapevole dell’autore nell’idea di dare una solida storicità alla vicenda. La preferenza quindi è legata al gusto personale. Io avrei preferito una narrazione più descrittiva e ricca di particolari evocativi (in terza persona) e avrei tagliato qualche parte qua e là, ma si tratta di piccolezze. Nel complesso lo stile fluisce molto bene. Soltanto se amate esclusivamente l’azione adrenalinica e senza tanti fronzoli (penso a certi romanzi ad ambientazione storica ma non storici come quelli di Simon Scarrow) lo stile potrebbe risultarvi non gradito. Altrimenti, non penso troverete difficoltà nel leggere il romanzo.

Il voto è quindi ampiamente positivo. Come detto, il romanzo getta luce su un importante momento del passato per dire qualcosa sul presente; soprattutto, questo viene fatto una struttura narrativa che, dopo la prima metà, si fa rapida ed avvincente. Affrettatevi a recuperarlo, anche perchè il suo seguito (che ho segnalato qui) è già uscito e un terzo libro è in programmazione.

VOTO: 4+ su 5


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