I protagonisti di “Romana Virtus” – Muzio Scevola


MUZIO SCEVOLA, IL PRIMO CITTADINO ROMANO

Nella Storia di Roma di Tito Livio il primo personaggio a definirsi “civis Romanus”, cittadino romano, è Gaio Muzio di fronte al condottiero etrusco Porsenna. Il breve discorso che il coraggioso giovane rivolge all’uomo, di cui aveva appena fallito l’assassinio, è, in effetti, un condensato di ciò che significava “essere romano” secondo gli stessi Romani. Così parlò Muzio:

<<Sono romano e il mio nome è Caio Muzio. Volevo uccidere un nemico da nemico, e morire non mi fa più paura di uccidere. Il coraggio nell’agire e nel soffrire è cosa da Romani. E io non sono il solo ad avere questi sentimenti nei tuoi confronti: dopo di me è lunga la lista dei nomi di quelli che vorrebbero avere questo onore. Perciò, da oggi in poi, se ci tieni alla vita, preparati a difenderla a ogni ora del giorno e abituati all’idea di un nemico armato fin nel vestibolo della reggia. Questa è la guerra che la gioventù romana ti dichiara: niente scontri, niente battaglie, non temere. Sarà soltanto una cosa tra te e uno di noi.>>

Et facere et pati fortia Romanum est… è Romano, dice letteralmente Muzio, il coraggio nell’agire e nel soffrire. Non credo sia un caso che Tito Livio abbia strettamente connesso queste parole nel discorso che mette in bocca al nostro eroe. Il messaggio, io credo, è questo: la virtù, sia essa in campo militare o in campo civile, non è qualcosa da prendere con leggerezza, ma è un atto impegnativo e che non è scevro da sofferenza. Quando lessi per la prima volta queste parole liviane esse riecheggiarono in me un altro passo, persino più noto di questo.

Nel VI canto dell’Eneide, in cui Enea discende negli Inferi, il padre Anchise dice all’eroe:

“Tu regere imperio populos, Romane, memento”

“tu ricorda, Romano, di governare le genti.”

Nelle parole di Virgilio il destino di Roma – potremmo dire la sua missione – è dunque il governo sui popoli. Tale monito appare per certi versi “ovvio” nell’età augustea in cui scrive Virgilio poiché Roma già governa su un’infinità di popoli. Tuttavia, nonostante il dominio di Roma fosse un fatto evidente, è comunque necessario rivolgere agli stessi Romani un “memento”, quasi a fungere da monito. Tito Livio amplia questo concetto: non si può realizzare nulla senza un impegno duro, costante e gravoso.

Dunque, perché la storia di Gaio Muzio e della “mano sul fuoco” (ormai proverbiale) sopravvisse ai secoli? Una comunità sociale è tale anche perché crea e possiede una memoria culturale, cioè un insieme di fatti che vengono trasmessi nel tempo, mitizzati e caricati di significati vivi anche nel presente. Questo facevano assiduamente i Romani, come testimonia Polibio nelle sue opere. La storia di Muzio è il perfetto esempio di ciò che i Romani pensavano (o volevano pensare) di se stessi e di ciò che volevano fosse trasmesso: l’importanza del coraggio fisico unito alla capacità di resistere di fronte alle avversità, da portare avanti fino al disprezzo del proprio corpo.

Un’eco ancora più lontana di “Et facere et pati fortia Romanum est” la troviamo, a secoli di distanza dall’antichità romana, nel XX secolo e più precisamente nel primo dopoguerra. L’Italia vittoriosa nella Grande Guerra (che in termini di vite umane costò più della seconda guerra mondiale) iscrisse proprio questa citazione liviana nel monumento pubblico per eccellenza della stato monarchico, ovvero il Vittoriano di Roma: nel “piazzale del Bollettino”, di fronte all’iscrizione che riporta il famoso Bollettino della Vittoria (quello del 4 novembre 1918) del maresciallo Diaz, due are votive dedicate ai soldati caduti riportano proprio “et facere fortia” e “et fati fortia”, accanto alle altre are che indicano le città trentine e adriatiche redente dopo la guerra.

Nel mio nuovo romanzo, Romana Virtus, ho dunque cercato di narrare la storia di Muzio e del suo famoso “sacrificio” della mano intrecciando strettamente l’aspirazione alla virtù, tipicamente romana, e l’inevitabile sofferenza che l’accompagna: entrambe premesse indispensabili per arrivare a più alte mete.


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Roma, 509 a.C. Alla notizia del suicidio della nobile matrona Lucrezia, violentata da Sesto, figlio del re Tarquinio, il popolo di Roma guidato da Lucio Giunio Bruto e Publio Valerio insorge e caccia il proprio sovrano.
È la Repubblica;
La libertà conquistata è però immediatamente minacciata dal ritorno di Tarquinio, il quale chiede alle ricche città dell’Etruria che esse l’aiutino ad essere ristabilito sul trono di Roma. Il potente Porsenna, signore di Chiusi, arma un grande esercito composto da Etruschi e Latini e marcia sulla città.
Tre giovani Romani sono chiamati alla difesa della patria in pericolo: il patrizio Orazio, discendente di un eroe leggendario; il giovane Muzio, che dalla tirannia di Tarquinio ha subito torti dolorosi; la fanciulla Clelia, determinata ad avere un ruolo nella difesa della città.
La difesa della libertas susciterà la virtus?

Pagine: 383
Data di uscita: 9 giugno 2024
Prezzo ebook: 4,99 €
Prezzo cartaceo: 14,99 €

Disponibile in Kindle Unlimited di Amazon

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Romana Virtus, il mio nuovo romanzo

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