[SAGGIO] La vita quotidiana a Ostia – Carlo Pavolini

Uno spaccato della vita quotidiana del porto di Roma, che divenne col tempo uno straordinario centro cosmopolita, in contatto con l’intero Mediterraneo. Grazie anche ad un ampio corredo di immagini, in questo libro ci parlano i resti piccoli o grandi della città, le epigrafi, gli strumenti di lavoro, le suppellettili domestiche, la ceramica, i mosaici, le pitture.

Prima edizione: 1986.
Pagine: 312 con illustrazioni.
Editore: Laterza.
Formato: Cartaceo.
Il libro sul sito dell’editore (io l’ho trovato usato).


La straordinarietà del sito archeologico di Ostia Antica sta nella sua fine “poco rumorosa”. L’altro più importante ed esteso sito archeologico romano in Italia, ovvero Pompei, ci offre infatti una situazione “cristallizzata” al momento della sua distruzione nel 79 d.C.

Ad Ostia, invece, è possibile esaminare l’evoluzione di un insediamento lungo oltre mille anni di storia: dalle misteriose origini (città delle saline durante l’età monarchica o colonia militare durante l’età repubblicana?) fino al lento abbandono nel primo medioevo, passando per le diverse fasi dell’età imperiale. Il valore di Ostia è complementare anche rispetto alla stessa Roma: per l’Urbe, relativamente alla vita quotidiana, abbiamo scarsi dati archeologici ma ricche testimonianze letterarie; il contrario vale per Ostia, citata di sfuggita nelle fonti, ma di cui disponiamo abbondante testimonianza archeologica, su cui l’autore ha lungamente lavorato.

Da un punto di vista generale, i capitoli sul commercio e le forme di organizzazioni e quello sulle abitazioni sono i più interessanti e, penso, dal valore universale per la storia romana. Ostia era una città commerciale con molte e influenti corporazioni, la cui organizzazione e vita sociale ci è giunta in gran parte. In epoca imperiale (sotto Traiano e Adriano), Ostia visse una vera e propria rivoluzione urbanistica, caratterizzata da un monumentalismo nelle costruzioni (sia pubbliche che private) e da una ricchezza e varietà di soluzioni assolutamente interessanti.

Si prendano ad esempio le abitazioni. La classica dicotomia “divulgativa” domus/insula sparisce di fronte ai casi concreti di una media città dell’impero come Ostia. L’autore descrive con dovizia di dettagli e cartine le varie tipologie abitative della città, in cui spesso le situazioni contingenti determinavano uno stravolgimento del modello di partenza. Si veda l’esempio famoso delle Case Giardino:

Questa concezione modulare e seriale dello spazio architettonico si esprime con ben diversa monumentalità nel complesso delle Case a Giardino, una delle grandi urbanistiche adrianee di Ostia. Il progettista aveva in questo caso a disposizione un’ampia zona irregolarmente trapezoidale, al cui interno fu ricavato un rettangolo di abitazioni, abilmente raccordato al trapezio sfruttando le diverse profondità delle insulae ai lati. L’area interna venne sistemata a giardino e o e dotata di fontane.
Al centro si costruirono due identici blocchi abitativi rettangolari, ciascuno dei quali era diviso in due parti da un passaggio coperto; ogni parte si componeva a sua volta di due appartamenti uniti per il muro di fondo; le piante delle otto abitazioni così ottenute non presentavano che minime variazioni. Le scale indipendenti si trovavano anche in questo caso al centro, accanto al passaggio coperto. L’ariosa signorilità del complesso era sottolineata dall’assenza di botteghe, almeno nel rettangolo interno (e con la parziale eccezione del lato nord).

Fonte: ostia-antica.org, immagine simile presente sul libro.

Altro punto interessante di Ostia, ben illuminato dal libro, è la varietà del panorama sociale della città, caratterizzato da un’intensa attività commerciale, organizzata nelle “corporazioni” (collegia o corpora in latino). Si prenda ad esempio i resti giuntici dalla sede della corporazione dei cisiarii, ovvero i trasportatori/vetturini, addetti al collegamento tra Roma e Ostia, arricchitisi così tanto da disporre di bagni privati ornati da un mosaico, che raffigurava il proprio lavoro in modo “fantastico”.

“Il mosaico riprodue due cinte concentriche di fortificazioni, complete di mura e torri, fantastiche, tuttavia, e non realisticamente ispirate a quella di Ostia (la cinta più interna è addirittura sostenuta agli angoli da quattro Telamni, mitiche figure di giganti). Fra le due cinte, sui quattro lati, i vari momenti della giornata del carrettiere: a nord e ad ovest il viaggio, su cisia trainati da muli, precedeuti o meno da un uomo con la frusta; a sud la sosta e il pasto degli animali; ad est l’attacco dei muli condotti per le briglie da un inserviente. Gustose le didascalie con i nomi buffi o ironici dei muli: Pudens (pudico), podagrosus (gottoso), e così via.”

È divertente immaginare il meritato riposo di questi carrettieri, dopo duro lavoro e tanta polvere sulle strade, nelle terme della propria corporazione, ad ammirare questi ironici e fantasiosi mosaici sul proprio mestiere.

Il ricco repertorio epigrafico (importantissimi, da questo punto di vista, i famosi Fasti Ostiensi, che ci permettono in molti casi di seguire le vicende dell’élite cittadina), unito al dato archeologico, consente infatti di ricostruire a tutto tondo la vita quotidiana e l’evoluzione della città. Preziosissime sono in tal senso la dettagliata mappa della città, presente ad inizio libro, e le numerose immagini e piantine che fanno da corredo al testo.

Stilisticamente il libro è efficace. Non è divulgativo come un’opera di Alberto Angela, ma non esagera mai nel dettaglio storiografico, né le descrizioni sono troppo pesanti. Il libro ha anche il merito di avere un ricchissimo repertorio di immagini, piantine e fotografie, che sono di grandissimo aiuto nella lettura.

In definitiva, un libro consigliato a tutti gli appassionati di storia romana. Nella recensione ho soltanto toccato alcuni degli argomenti trattati nel libro, senza poter neanche accennare a molti altri: la religione, l’amministrazione civile e il rapporto con la vicina città di Porto. La vita quotidiana a Ostia di Carlo Pavolini è, insomma, una vera e propria miniera della romanità, colta non tanto nell’aspetto letterario (anche qui, in realtà, si potrebbe citare, come fatto nel libro, il dialogo Octavius) ed ideologico, ma pratico ed archeologico.


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