“Ebraismo” a cura di Giovanni Filoramo

La religione dell’Israele antico; il giudaismo del Secondo Tempio, periodo particolarmente tormentato e fecondo di una storia plurimillenaria; il rabbinismo e la sua nascita in seguito alla crisi intercorsa tra I e II secolo dell’era volgare; le differenti tradizioni giudaiche e la loro formazione; la diaspora e, infine, le correnti riformate sorte tra Otto e Novecento, il più importante contributo in periodo moderno alla storia della religione ebraica.

Prima edizione: 2007
Pagine: 250
Editore: Laterza
Formato: cartaceo ed ebook


Un aggettivo che si accompagna spesso all’espressione “religione abramatica” è “grande”, dove questo grande è spesso inteso come diffusione della stessa religione; a volte anche come grandezza del pensiero teologico. Due di queste religioni abramitiche, infatti, hanno una diffusione mondiale e contano miliardi di seguaci. L’altra, che è anche la più antica, è sempre stata ed è ancora oggi una religione di pochi, senza che questo abbia diminuito la sua importanza storica.

Una definizione dell’ebraismo non è facile quanto quella di Cristianesimo e Islam. Nell’introduzione, il curatore e storico delle religioni Giovanni Filoramo ci ricorda che:

L’appartenenza ebraica, tradizionalmente coincidente con il fatto di nascere da madre ebrea, ricorda il volto etnico dell’ebraismo, mentre la possibilità di aderirvi compiendo determinati riti d’ingresso ricorda il suo volto religioso, affidato alla libera scelta del singolo.

Tale difficoltà di definizione conduce all’interesse che oggi la parola “ebraismo” dovrebbe suscitare al lettore comune, al di là della semplice curiosità su come una espressione religiosa dell’antichità sia sopravvissuta fino ad oggi, pur passando attraverso innumerevoli crisi, riforme e rinascite. Vale la pena citare un lungo brano (il grassetto è mio) che, considerando l’anno di uscita del libro (2007) potrebbe apparire quantomeno profetico rispetto agli eventi più recenti:

Una scena biblica del libro di Ester nella sinagoga di Dura Europos

È come se la dimensione religiosa appartenesse a un passato ormai irrimediabilmente superato o fosse rimasta il retaggio di gruppi fondamentalisti o codini, chiusi alle sorti «magnifiche e progressive»
dell’Occidente secolarizzato. Si tratta di un errore di prospettiva gravido di conseguenze non solo per una più esatta comprensione del passato, ma prima di tutto e soprattutto per una più adeguata intelligenza della complessa situazione del presente.
Senza voler sposare le tesi di un Huntington sul «clash of civilizations» come scenario geopolitico del nuovo millennio, secondo cui le grandi tradizioni religiose ritornerebbero a recitare una parte importante,
se non decisiva, sullo scenario mondiale, appare oggi sempre più evidente che il nesso religione-politica non è un rigurgito del passato, ma una presenza, per quanto inquietante, comunque significativa del presente. Comprenderne la logica richiede, certo, che si dia a Cesare quel che è di Cesare e cioè la messa in luce della funzione puramente strumentale che anche una religione come l’ebraismo, soprattutto in situazioni di conflitto acuto, può recitare. Ciò esige però, nel contempo, che si dia a Dio quel che è di Dio e cioè che si rifletta, a partire dalle fonti e sulla base di solidi studi, sul peso che le teologie politiche hanno avuto e continuano ad avere nella vita delle grandi tradizioni religiose: un campo di riflessione e d’azione in cui l’ebraismo, con la sua storia, recita una parte decisiva.

Tale introduzione ha catturato in pieno la mia attenzione; le aspettative create sono state poi confermate per almeno una buona metà del libro, che procede in ovvio ordine cronologico. Vi confesso subito che il mio principale interesse – corollario della mia attività di scrittore – verteva sulla parte più antica di storia dell’ebraismo: dalle origini dunque, fino all’età antica e al conflitto con Roma. Incidentalmente, il libro – che non è poi così lungo – si è rivelato più corposo proprio in ciò che mi interessava. Il livello di dettaglio, infatti, scema con il procedere innanzi nel tempo e anche l’ampiezza della discussione si restringe sempre di più. Se le origini dell’ebraismo nel I millennio avanti Cristo, il susseguente esilio babilonese, il ritorno e l’età delle dominazioni straniere sono trattate con dovizia di particolari – l’evoluzione della prassi ritualistica, del pensiero, della società, le testimonianze archeologiche ecc. – dall’età medievale in poi gli autori si limitano ad una “storia del pensiero ebraico”, fino a trattare in poche veloci pagine l’intera età contemporanea.

Poco male per gli interessi del sottoscritto; un lettore generico invece potrebbe rimanere scontento.

L’origine dell’ebraismo

Qualsiasi storia dell’ebraismo non può prescindere dalla storia del canone biblico: in un dato momento del passato, infatti, le Sacre scritture, tradizionalmente rivelate da Dio stesso furono “fissate” in una forma quasi definitiva; tale operazione, sorta in ambiente giudaico ed ellenistico al volgere dell’era volgare, non ci ha tuttavia consegnato un testo unico e inequivocabile. La vocalizzazione delle parole ebraiche è più recente, infatti, della loro trascrizione consonantica. La datazione di singole parti di uno stesso libro è ancora incerta. Ancor meno si può dire della storicità o della attendibilità degli eventi descritti.

Il famoso modellino dell’Holyland Hotel di Gerusalemme, dove compaiono il Tempio e la città

Un secolo e mezzo abbondante di filologia moderna hanno permesso tuttavia di raggiungere alcuni risultati:

Il periodo monarchico e i due successivi corrispondono a reali momenti storici nella vicenda d’Israele, e trovano qualche conferma, per alcune delle vicende narrate dai libri sacri, in fonti diverse dalla Bibbia, che però non forniscono dati per l’età che va da Saul a Salomone. I tre periodi più antichi, invece, dall’età detta dei Patriarchi (da Abramo, il più antico antenato, a Giuseppe) all’età «mosaica» alla Conquista e poi al tempo dei Giudici, sono certamente finzioni bibliche, almeno a detta degli studiosi.

In sostanza, una parte della Bibbia è frutto di una costruzione a posteriori avvenuta in epoca storica: costruzione che probabilmente si basò su fonti ancora più antiche ma che indubbiamente in alcuni casi trascrisse quelle che erano tradizioni orali e che in altri casi invece reinterpretò ciò che già c’era.

La prima parte prosegue con due capitoli che sono tra loro complementari e che hanno il merito di fornire una visione “fresca” anche per il lettore meno esperto dell’argomento. Il quadro biblico ci riassume ciò che il testo sacro dice sul dio Yahweh, sui culti, sui riti, sulle norme di purità ecc. mentre il successivo Saggio di ricostruzione storica che si apre con questa premessa:

Per avvicinarsi a un’immagine più corretta della religiosità d’Israele e di Giuda nell’età monarchica, ed eventualmente all’età iniziale della prima monarchia d’Israele, si procederà in due modi. Prima di tutto, valorizzando tutti quei dati, offerti in modo più o meno esplicito dalla Bibbia stessa, che più sembrano sfuggire alla normalizzazione operata, in età più o meno distante rispetto ai periodi in questione, dai testi sacri che fin qui si sono seguiti.

In secondo luogo… rivolgendosi a quella che davvero è documentazione diretta, cioè ai dati forniti dall’archeologia e dall’epigrafia… quelle testimonianze «interne» rinvenute sul suolo palestinese che sono ormai piuttosto copiose, anche se non sempre facili da leggere.

Lo studio di alcuni resti archeologici e alcune epigrafi permette di supporre, infatti, che altri déi fossero tradizionalmente adorati dagli israeliti, come Baal o Melqart. Il nome di Yahweh compare infatti spesso accanto a questi nomi e non in alternativa. In epoca monarchica – la prima età storica di Israele – non è dunque irrealistico ipotizzare supporre una società politeistica.

Lo yahwismo mosaico – cioè la religione organizzata descritta nel Pentateuco – insorse forse poco prima dell’esilio con la famosa riforma di re Giosia; prima di lui, la storia di Israele, di Giuda e dei loro re è la storia della contrapposizione tra re “politeisti” e re “jahwisti”.

La distruzione del tempio di Gerusalemme” di Francesco Hayez (1867)

Il giudaismo del Secondo Tempio e lo scontro con Roma

La conquista babilonese del 587 a.C., la distruzione del primo Tempio e l’esilio forzato di un’ampia parte della popolazione segnarono una netta cesura nella storia dell’ebraismo, fra chi era rimasto e chi fu portato via (e poi tornò al tempo dei persiani).

In Babilonia i rapporti tra casa regnante e sacerdozio in esilio furono pessimi, perché la casa regnante considerava suoi sudditi gli Ebrei restati in Giudea, ma non poteva, per ovvi motivi, considerare ancora suoi sudditi i deportati. Certo è che presso il Palazzo e presso i deportati si svilupparono due modi diversi di essere Ebrei, che si risolsero in due forme teologiche piuttosto diverse.

D’altra parte, l’esilio e il post-esilio sono ormai eventi pienamente storici e dotati di una propria cronologia e di conferme esterne. La fine della monarchia e l’affermazione del sadocitismo, cioè del sacerdozio monopolizzato dai ritornati dall’esilio, comportarono una revisione della teologia: il Patto con Dio non era più contratto da un re, ma dal popolo tutto, che diventa così stirpe di Davide. Questa è la “costituzione repubblicana” di Israele, che diventa di fatto una teocrazia governata da un clero sacerdotale.

La scomparsa della figura di un sovrano comportò anche la nascita del messianesimo. Il messia, cioè l’unto, avrebbe fatto le veci dei re e si sarebbe fatto portatore di visioni escatologiche di ogni tipo. Esdra e Neemia sono i protagonisti di questa prima fase, cui subentra però lo scontro ideologico e politico con avversari interni (il giudaismo enochico e quello sapienziale) ed esterni (l’ellenismo, che irrompe con Alessandro Magno).

Con il dominio romano, ogni situazione giunge ad esasperazione, fino allo scontro finale e alla catastrofe della seconda distruzione del Tempio e della diaspora.

Oggetti rituali ebraici: candelieri dello Shabbat, coppa di abluzione, Chumash e Tanakh, puntatore della Torah, shofar e scatola dell’etrog

Dalla diaspora al ritorno: da religione nazionale a religione della Legge

Nelle prime due parti gli autori sono riusciti a trattare, in poche ma dense pagine, l’evoluzione della teologia, i riflessi di questa sulla società, le lotte politiche e intellettuali tra le diverse fazioni nonché il rapporto di tutto questo alla luce delle dominazioni e delle influenze straniere. Con la diaspora e la cessazione, per millenni, del ruolo centrale di Gerusalemme, viene meno anche un “centro” della trattazione; ciò che significa che una storia dell’ebraismo medievale e delle età successive avrebbe richiesto, anche per una sintesi, libri più voluminosi di quello presente.

Nella terza parte, relativa all’età tardo antica, ma che fa da “nuova introduzione” a tutta la storia successiva dell’ebraismo, scopriamo che:

Nei primi due secoli dell’era volgare, con il concorso di avvenimenti esterni e di mutamenti interni, si completò la formazione del giudaismo che, rispetto alla religione ebraica antica, ha conservato
elementi di continuità, come la Sacra Scrittura, e ha introdotto profonde novità. Hanno contribuito in modo determinante a dare al giudaismo un’impostazione per molti aspetti diversa da quella che aveva nelle epoche precedenti i seguenti fattori: la distruzione del Tempio; la scomparsa della liturgia e della classe sacerdotale ad esso collegate; la sostituzione del Tempio con la Sacra Scrittura e la conseguente nascita di una nuova casta, quella degli esperti in Sacra Scrittura, che impose la propria supremazia nella guida del popolo ebraico; l’eliminazione della distinzione fra sacro e profano a favore della santità di tutto il popolo; l’istituzione della sinagoga e la sostituzione delle preghiere al culto sacrificale; le persecuzioni e i limiti posti a una partecipazione completa degli Ebrei alla vita politica dei paesi in cui essi risiedevano.

Bassorilievo raffigurante Mosé Maimonide, uno dei maggiori rabbini e pensatori dell’ebraismo medievale

Si consolida definitivamente il rabbinismo, che origina la letteratura talmudica; nasce la “midrash”, cioè la ricerca, perché ormai la popolazione parlante aramaico non comprende più il testo ebraico della Bibbia; alla Torah scritta si affianca quella orale di origine farisaica, che origina poi la “mishnah”; l’antico ebraismo è ormai diventato qualcosa di nuovo, che nel medioevo assiste ad un nuovo rivolgimento per l’invasione islamica. I maggiori pensatori ebraici di quest’epoca (di cui nel libro si discutono opere e pensiero) scriveranno difatti in arabo.

Da qui in poi il libro perde un po’ di mordente perché si concentra sullo studio di questo e quell’altro autore questa e quell’altra corrente, setta o fazione a cui diedero origine: la mistica, il chassidismo ecc. mentre si dirada la storia materiale e sociale degli ebrei, nonostante la necessità di vivere in terra straniere sotto poteri ostili.

L‘ultimo capitolo si avvia con l’illuminismo e l’età delle rivoluzioni, che vedono l’inizio dell’emancipazione ebraico dopo secoli di ghetto (almeno in Europa). Qui la “velocità” diventa fretta e la storia del ‘900 viene liquidata in pochissime pagine.

Conclusioni

Se volete una prima infarinatura dei problemi storiografici riguardanti l’origine dell’ebraismo (pre-esilio), la formazione del giudaismo (dal ritorno dall’esilio fino alla diaspora) e poi dell’adattamento alla distruzione del Tempio (età tardo antico e alto medievale), il libro fa senza dubbio al caso vostro. Oltre alle tematiche che ho accennato, vengono sviscerati in dettaglio riti, sacrifici, il profetismo, i rapporti con l’ellenismo, il messianesimo e molto altro che caratterità l’ebraismo dei primi secoli. Il libro è inoltre ben scritto (sopra la media del generico stile “arido-accademico” anglosassone) e in numerose occasioni riesce a condensare l’essenziale. Non lo consiglio invece nel caso cerchiate informazioni sulla storia più recente dell’ebraismo e del popolo ebraico che, come detto, sono trattati con maggior fretta.


Gli altri libri di cui ho parlato qui sul blog!

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