“La vittoria disperata” di Mario Silvestri

La seconda guerra punica e la nascita dell’impero di Roma

Quel lontano, eppur vicinissimo, 202 a.C. fece emergere Roma come prima potenza del bacino mediterraneo. Fu, quella con i cartaginesi e con il loro grandissimo duce Annibale, una lotta all’ultimo sangue. Fu, da parte di Roma, una guerra totale: anzi, l’unica guerra totale dell’antichità.” Conflitto decisivo nel determinare il futuro dell’impero romano – e con esso dell’intera Europa – la seconda guerra punica rappresenta ancora oggi uno degli episodi più avvincenti della storia umana. Mario Silvestri, tra i massimi divulgatori di storia italiani, ricostruisce gli eventi e i retroscena dello scontro tra Roma e Cartagine: le tensioni per il controllo del Mediterraneo, lo scoppio delle ostilità, l’ascesa di Annibale e la mitica traversata delle Alpi con gli elefanti, la battaglia di Canne, la comparsa sulla scena di Scipione e la sua inarrestabile serie di vittorie, fino agli scontri decisivi in Africa. Episodi, strategie e protagonisti rivivono nella prosa vivida di Silvestri, restituendoci la grandiosità di “una lotta ai limiti della vertigine” che aprì a Roma il dominio del mondo antico.

Pagine: 608
Editore: Bur
Anno di uscita: 1991
Formato: Kindle e cartaceo


L’articolo di oggi è dedicato ad un saggio storico che presenta alcune notevoli diversità rispetto agli altri di cui ho parlato sul blog. In questi anni, infatti, ho cercato di astenermi dalla recensione di libri dall’intento chiaramente divulgativo per preferire, invece, saggi “accademici” scritti da studiosi del settore. Nel caso de La vittoria disperata, invece, siamo di fronte ad un libro che per impostazione è divulgativo. L’autore, inoltre, non è (anzi, era) uno storico di professione bensì un ingegnere nucleare di un certo spessore, con all’attivo però anche una attività scrittoria di rilievo.

È proprio questo è stato uno dei motivi di interesse: Mario Silvestri ha avuto un percorso simile a quello del sottoscritto, cioè formazione e ambito lavorativo scientifico ma passione per la storia (da me declinata poi nella narrativa). Apro una parentesi: personalmente ritengo la specializzazione del sapere, per certi versi oggi inevitabile, un male per il sapere stesso. L’intellettuale del passato dominava l’ambito scientifico e quello umanistico e tale ampiezza di vedute evitava la riduzione, come è accaduto oggi, invece, degli intellettuali e scienziati a tecnici privi di anima e spesso subordinati al potere politico o economico; ne manteneva invece il ruolo guida nella società e nella cultura.

Chiusa la parentesi, risulta quindi chiaro il mio interesse per il libro di Silvestri: ero assolutamente interessato a leggere cosa un uomo di scienza e appassionato di storia avesse da dire a proposito della seconda guerra punica. Silvestri, molto umilmente, decide di offrire una ricostruzione priva di incertezze storiografiche, che egli invece tratta nelle note e nell’appendice, le quali sono molto ricche di dettagli e soprattutto di riferimenti precisi ad ogni evento descritto nel libro.

Questo libro l’ho voluto scrivere e l’ho scritto per coloro che amano la storia standone fuori: fuori dal proprio impegno quotidiano. È la storia del popolo romano e dei popoli italici, è anche la storia dei nemici cartaginesi e greci, in un esile intervallo di tempo: 17 anni…Non è scritto, questo libro, per gli studiosi, per gli storici professionisti, per i docenti di storia ad alto livello. È dedicato ai «non storici», che della storia siano maniaci. E so che sono molti, e io stesso sono uno di loro e mi metto fra loro.

Dunque, Silvestri, oltre a narrare gli eventi, riesce a infondere in essi una propria particolare visione? Riesce cioè a risultare in qualche modo originale e rendere quindi meritevole il libro di essere letto? La domanda è molto importante perché una risposta negativa implicherebbe che, piuttosto che quest’opera, al lettore converrebbe leggere altri libri di altri autori – magari esperti del settore come lo storico Giovanni Brizzi – o le fonti originali che ad esempio nel caso di Tito Livio offrono una narrazione lunga e completa.

La risposta, comunque, è positiva (non avrei parlato del libro, altrimenti). Silvestri (ri)legge la seconda guerra punica attraverso la lente di un “conflitto mondiale” (dove “mondiale” sta per “mondo conosciuto dagli antichi”); stessa la magnitudine della lotta, stessa l’importanza dei suoi risultati, stessa l’influenza su ogni aspetto della vita sociale dell’epoca.

Fu, quella con i cartaginesi e con il loro grandissimo duce Annibale, una lotta all’ultimo sangue. Fu, da parte di Roma, una guerra totale: anzi, l’unica guerra totale dell’antichità, del Medioevo e del mondo moderno, fino alla prima guerra mondiale, che fu più totale della seconda eccetto che per l’Unione Sovietica e per la Germania nazista. Questo è uno dei motivi che rendono la storia della guerra annibalica così avvincente. Se l’Europa ha oggi questo assetto, se è abitata da questi popoli, se vi si è sviluppata la civiltà che ha preso radici e che ha contaminato il mondo intero, ebbene, se l’Europa è quello che è, ciò è dovuto meno alla scoperta delle Americhe, alla guerra dei Trent’anni, alla Rivoluzione francese, alla pace di Versailles, ai colloqui di Jalta, al crollo del comunismo orientale, che alla vittoria di Roma su Cartagine come conclusione della seconda guerra punica. Essa fu decisiva per il futuro della storia per molti millenni. Una data epocale, anzi l’unica data epocale della storia, che divide il prima dal dopo: un prima che si ritira per migliaia d’anni fino alle origini della civiltà neolitica, e il dopo che si prolunga fino a oggi, a domani, alla conquista del sistema solare e forse più in là.

Questo è un grande merito: la storia romana, nella penna di Silvestri, non è solo storia di 2200 anni fa, ma è qualcosa di vivo e attuale, che ha un confronto negli eventi più recenti del mondo odierno. La conclusione del libro è affascinante: confrontando numericamente le stime delle perdite militari e civili nelle guerre mondiali e in quella punica, l’autore paragona il conflitto tra Roma e Cartagine alla guerra subita dall’Unione Sovietica sul fronte orientale.

Che sia presente una mappa solo per il teatro campano della guerra ci fa capire il livello di dettaglio cui giunge l’autore nell’esposizione dei fatti militari.

Il libro ha un altro merito (che in alcuni casi, come dirò tra poco, è un difetto): la distribuzione del materiale. La narrazione non è “annalistica” come in molti autori romani, ma “tematica”, come in Polibio. Gli eventi dei vari fronti di guerra vengono trattati in capitoli separati. Questo acuisce il confronto con le guerre mondiali, il cui senso di essere “mondiali” è proprio dato dai combattimenti in scenari di guerra tra loro lontanissimi (ma comunque influenzantisi a vicenda). Lo stesso accade nel libro di Silvestri, che divide la guerra in diverse macroaree: l’Italia continentale, la Sicilia, la Spagna, la Grecia e, infine, l’Africa.

Tale lunghezza comporta però a volte un eccesso di didascalismo: troppe pagine non sono altro che la pedissequa copia delle fonti originali e la narrazione ne perde di mordente, come ad esempio nei capitoli dedicati alla guerra in Grecia o alle vicende di Siracusa. L’autore inoltre mostra a volte un certo pregiudizio nei confronti del condottiero romano Claudio Marcello: una vera e propria idiosincrasia che stona con la restante ed equilibrata narrazione. Per il resto, comunque, la narrazione è ancorata saldamente alle fonti letterarie, senza troppe fantasie; l’autore di tanto in tanto interviene per dire la propria, ma ciò non è mai fatto in modo invadente, né inopportuno.

I riferimenti e i dubbi storiografici vengono discussi in dettaglio nell’appendice.

Un’ultima notazione. Il libro non risente del fatto d’essere stato scritto trent’anni fa, tranne che per una scelta: Silvestri ha deciso di sostituire alcuni termini originali con equivalente moderni. Ad esempio il “meddix tuticus”, che era il supremo magistrato presso alcuni popoli e città italiche, diventa il “sindaco”; i “senati” delle diverse città, per evitare confusioni con quello di Roma, “consigli comunali”; “soci”, cioè gli alleati di Roma, diventano i “federati” e così via. Tale scelta testimonia che trentacinque anni fa il pubblico era diverso da quello di oggi e preferiva scorrevolezza nella lettura a, invece, uno sforzo di autenticità. Nel mio caso l’effetto è stato straniante, perché preferisco l’uso dei termini originali (e queste più o meno sono le preferenze del pubblico odierno).

In definitiva, il libro di Silvestri rimane consigliato: nonostante sia invecchiato sotto certi aspetti e l’autore non possa offrire un’analisi approfondita come quella di uno specialista del settore, rimane un buon libro ideale per il neofita che voglia avere la classica infarinatura generale dell’argomento per opera di una penna generalmente felice e interessante. Inoltre, l’opera è ancora di facile reperibilità e, credeteci, più accessibile ed economica dei vari volumi della deca annibalica di Tito Livio.


Gli altri libri di cui ho parlato sul blog

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