[RECENSIONE] I labirinti di Notre-Dame di Barbara Frale

Anno del Signore 1300. Padre Baldrico de Courtenay, abate del ricco monastero di Saint-Germain a Parigi, viene trovato morto sul sagrato di Notre-Dame: l’assassino ha lasciato sul corpo orribili mutilazioni e una scritta il cui senso è indecifrabile. A Roma, intanto, ignoti aggressori pugnalano a morte padre Angelerio da Ferentino, per impedirgli di consegnare a Bonifacio VIII una reliquia dal valore inestimabile. Mentre il vescovo di Parigi, Simone Matifort, indaga per capire chi abbia ucciso l’abate di Saint- Germain, Crescenzio Caetani, baccelliere di medicina e nipote di Bonifacio VIII, ipotizza che la reliquia sottratta a padre Angelerio sia finita a Parigi, nelle mani del re di Francia.
C’è dunque Filippo il Bello dietro la morte del frate francescano? E perché qualcuno ha massacrato l’abate di Saint-Germain, lasciando inoltre sul corpo un misterioso messaggio? Arnaldo da Villanova, medico del papa ed esperto di dottrine esoteriche, non ha dubbi: la reliquia rubata non è un oggetto sacro, ma opera del Maligno, e sarà in grado di scatenare una guerra rovinosa fra i troni più potenti della terra.

Pagine: 352
Editore: Newton Compton
Formato: Ebook e cartaceo
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Non è questa la mia prima lettura di un’opera di narrativa di Barbara Frale. L’anno scorso ho recensito La torre maledetta dei templari che, con il romanzo di oggi condivide l’ambientazione (tra Italia e Francia all’alba del ‘300) e alcuni dei personaggi.

L’autrice conferma i propri punti di forza e le peculiarità stilistiche. Procediamo con ordine. Condizione necessaria per giudicare un romanzo storico è la ricostruzione del periodo. Ebbene, con la Frale siamo nlla proverbiale botte di ferro. L’accuratezza della rievocazione riguarda quasi ogni singolo aspetto del romanzo. La Frale possiede un “gusto per la storia”, ovvero un piacere nel descrivere usi e costumi dell’epoca. A volte, è vero, tali descriziono sono statiche, ma in molti casi sono dinamiche, quindi inserite all’interno dello svolgimento della trama e delle azioni dei personaggi.

Anche il clima di contrasto e di lotta di potere tra il papato, incarnato da Bonifacio VIII, le famiglie romane (come i Colonna) e la monarchia francese, personificata da Filippo il Bello, è assolutamente ben reso. Assolutamente straordinaria ritengo la descrizione di Filippo, personalità forte, complessa, sfaccettata, dominatrice, che la Frale rende davvero bene (è uno di quei casi in cui c’è forte “intesa” tra la penna che scrive e il soggetto della scrittura):

Il re si era spostato, e ora Matifort poteva guardarlo in faccia. Famoso per la sua bellezza, con una vena di crudeltà nell’azzurro artico degli occhi, in quel sorriso che accennava appena senza lasciarlo mai sbocciare davvero.

Accanto ai due “mostri sacri” abbiamo una vasta pletora di personaggi, molti dei quali storicamente esistiti, per niente secondari: in particolare, spiccano il vescovo Matifort, ex-sbirro, la cui psicologia è restituita con grande sapienza; il medico e alchimista Arnaldo da Villanova. Anche la regina Giovanna, moglie di Filippo, con cui ha un rapporto tormentato, è stata ottimamente ricostruita.

Una caratteristica del romanzo, come i precedenti, è quindi l’assenza di un vero e proprio protagonista perché, come detto, ci sono almeno sei o sette punto di vista, di cui ben tre o quattro occupano lo stesso numero di pagine. Questo comporta, in alcuni momenti, una certa lentezza nello svolgersi della trama e, per un lettore disattento, la necessità di tornare indietro con le pagine per richiamare alla memoria questo o quel particolare; d’altra parte, così tanti punti di vista rendono alla perfezione la forte conflittualità tra i poteri dell’epoca. Nel romanzo il senso di dispersione è attenuato dal fatto che abbiamo a che fare con due omicidi, l’uno a Parigi l’altro a Roma, e dalle relative indagini.

La trama “gialla” si interseca ad una “religiosa”, prettamente medievale, legata al tema delle reliquie; senza andare a fondo, dirò soltanto che l’autrice riesce ad intrecciare tutte queste tematiche con grande abilità, mostrando appieno la natura del potere medievale. Confesso però che alcune cose del finale mi hanno lasciato perplesso; non perché il romanzo non giunga a conclusione, soprattutto relativamente alla figura del re (la cui descrizione sopra ho comunque elogiato).

Lo stile è a tratti baroccheggiante, con un aggettivazione molto ricca che nonostante ciò, nella maggior parte dei casi, funziona; alcuni momenti sono davvero lirici. Come detto ci sono molti punti di vista, che non inficiano però il flusso narrativo; in generale, capiamo sempre chi è il personaggio che sta parlando o di cui ci vengono riportati i pensieri.

In definitiva, fatte le precisazioni di cui sopra su stile e trama, se amate questo genere di romanzi, da cui cercate anche una funzione didattica, lo consiglio; personalmente, nonostante lo stile a tratti “lento”, l’ho letto con grande gusto in due giorni e mezzo.


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